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Una startup innovativa mette satelliti e AI al servizio degli agricoltori in difficoltà a causa dei cambiamenti climatici, ma anche di governi e imprese.
La multinazionale statunitense Apple punta sempre di più sulla sostenibilità. Produzione da energia pulita e riciclo delle componenti sono i punti chiave.
Apple è un gigante tecnologico la cui capitalizzazione di mercato si aggira attorno ai tremila miliardi di dollari. Opera in centinaia di paesi e ogni suo dispositivo è frutto di una filiera fittissima, una rete di aziende d’ogni dimensioni, tra cui la multinazionale taiwanese Foxconn, che producono ogni dispositivo della “Mela” che conosciamo. Una realtà simile ha ovviamente un peso ambientale altrettanto diffuso, che va dalla logistica, il trasporto alla produzione, passando per lo smaltimento dei dispositivi usati e degli elementi che fanno funzionare computer e smartphone.
Tutto questo sembrerebbe in controtendenza rispetto all’obiettivo – annunciato da Apple nel 2020 – di diventare un’azienda carbon neutral entro dieci anni: il 2030, del resto, non è lontano. L’azienda con sede a Cupertino sembra però aver optato per un approccio globale a un problema globale, lavorando con le aziende della sua filiera per ridurre le emissioni e l’inquinamento dei suoi fornitori: Apple, infatti, non produce i suoi dispositivi (non esiste una “fabbrica di Apple”) e quindi si avvale del contributo di centinaia di imprese in ogni angolo del pianeta.
Molte di queste aziende operano in paesi dove le leggi ambientali sono molto meno strette di quelle dell’Unione europea o degli Stati Uniti, eppure circa il 60 per cento dei principali fornitori dell’azienda ha accettato di produrre i dispositivi Apple usando “il 100 per cento” fonti d’energia pulita, a livello globale. Anche alcuni produttori più piccoli hanno preso impegni simili, allargando la campagna voluta dalla Mela. Sono accordi e diciture che spesso lasciano il tempo che trovano, tra cavilli legali e le stesse difficoltà dell’infrastruttura energetica.
Ma Apple sembra averci messo la faccia. Questo programma, secondo dati forniti dall’azienda, permetterebbe di evitare l’emissione di 13,9 milioni di tonnellate di gas serra (l’equivalente dell’impatto ecologico prodotto da tre milioni di automobili in un anno). Un piano su cui l’azienda sostiene di puntare molto e che si inserisce in una tendenza comune ad altri giganti del settore digitale e tecnologico, come Amazon e Microsoft, tutti impegnati in promesse e simili programmi di riduzione delle emissioni di CO2.
Un altro campo dove da tempo Apple ha investito, ottenendo risultati piuttosto concreti, è quello del riciclo dei suoi dispositivi: i chip, gli elementi interni, le fotocamere, le batterie. Sono prodotti sofisticati e molto inquinanti, da cui si possono ricavare materiali piuttosto preziosi per la produzione di nuovi dispositivi. Nel 2021, i prodotti Apple potevano vantare il 20 per cento di elementi riciclati al loro interno, un record per l’azienda. Riciclare device elettronici non è solo un’ottima cosa per l’ambiente ma anche un possibile business che fa sempre più gola alle aziende del settore: secondo alcune stime, infatti, una tonnellata di telefoni cellulari conterrebbe 80 volte la quantità d’oro che si trova in una tonnellata di materiale proveniente da una miniera d’oro. Insomma, una vera miniera che Apple e altri player del settore non vogliono più sprecare.
Oltre all’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2030, il vero “goal” è di tagliare del 75 per cento le emissioni prodotte dall’azienda, entro la stessa data. Il percorso è in salita – visto che nel 2021 le emissioni dell’azienda sono aumentate – ma l’approccio sembra corretto e ambizioso: trovare una soluzione globale al peso ambientale di una realtà gigantesca, che va ben oltre la lussuosa sede immersa del verde di Cupertino, in California.
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