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Ben 113 governi hanno avviato presso le Nazioni Unite i negoziati per vietare le armi nucleari. Contrari Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito.
L’obiettivo è estremamente ambizioso: negoziare “uno strumento giuridicamente vincolante che porti al divieto assoluto di possedere armi nucleari”. È con questo spirito che le Nazioni Unite hanno aperto, lo scorso 27 marzo, presso il Palazzo di vetro di New York, una conferenza voluta da ben 113 stati membri. L’idea è di introdurre una moratoria sulle testate nucleari, sulla scorta di quanto già fatto nel 1972 con le armi batteriologiche e nel 1993 con quelle chimiche.
La richiesta di organizzare la conferenza è stata avanzata tramite la risoluzione L41, votata lo scorso 23 dicembre dall’Assemblea generale. Il grande ostacolo è tuttavia il fatto che a bloccare l’iniziativa dei 113 sarà probabilmente l’intero gruppo dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza: il cosiddetto “P5”, composto da Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Russia. Le cinque nazioni – tutte in possesso di armi nucleari – si sono dichiarate infatti contrarie all’ipotesi di divieto assoluto (anche perché i loro governi hanno avviato importanti investimenti per rinnovare i loro arsenali). La Cina si è invece astenuta, ma ha poi deciso di non partecipare alle discussioni, disertando l’appuntamento.
Strong start to #UN Conference to #bannukes from @ASEAN guided by the S.E. Asia Nuclear Weapon Free Zone & the total elimination of #nukes pic.twitter.com/aUK9G4ZSd5
— Thai Mission to UN (@ThailandUN) 27 marzo 2017
Ciò nonostante, i lavori andranno avanti fino alla fine di marzo, e riprenderanno poi alla metà di giugno. Le argomentazioni dei promotori dell’iniziativa sono da un lato etiche, dall’altro politiche: “Le armi nucleari non servono a molto di fronte alle nuove minacce alla sicurezza, e il loro impiego comporterebbe in ogni caso conseguenze disumane”. “Tutti noi saremmo più tranquilli se la Russia abbandonasse il suo arsenale nucleare – ha spiegato un alto diplomatico austriaco, secondo quanto riferito dal quotidiano francese Le Monde – e l’unico modo per raggiungere un obiettivo del genere è di arrivarci insieme, attraverso un negoziato”. Allo stesso modo, il ministro degli Affari esteri della Svezia, Margot Wallström, ha sottolineato l’importanza di uscire dall’impasse.
Al contrario, chi non sostiene la moratoria ricorda che le armi nucleari hanno garantito al mondo un “equilibrio del terrore”, ovvero una deterrenza reciproca, che dopo la Seconda guerra mondiale ha evitato finora scontri diretti tra le grandi potenze militari. “Come madre è evidente che vorrei far vivere la mia famiglia in un mondo senza testate. Ma occorre essere realisti: c’è qualcuno che crede davvero che la Corea del Nord sarebbe d’accordo a vietare le armi nucleari?”, ha dichiarato Nikki Haley, rappresentante degli Stati Uniti presso l’Onu. “Il divieto immediato è incompatibile con l’approccio progressivo al disarmo nucleare previsto dall’articolo 6 del Trattato di non-proliferazione (Tnp)”, ha aggiunto la rappresentanza permanente della Francia (che ha deciso di boicottare i negoziati), sottolineando come ad oggi “non sussistano le condizioni di sicurezza per adottare un trattato”.
Trump’s UN envoy tries to derail a conference aimed at a “legally binding” ban on nukes https://t.co/PmNRxDQTQn pic.twitter.com/KYlcdCeomI
— Bloomberg (@business) 27 marzo 2017
Il Tnp, nato nel 1968, è stato ratificato nel corso del tempo da 188 nazioni. Compresi Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Francia e Cina. Ciò ha consentito effettivamente di ridurre in modo sensibile il numero di testate presenti in tutto il mondo: secondo quanto riferito dalla Federation of American Scientists si è passati dai 70.330 ordigni del 1986 ai 14.900 attuali. Il problema è che negli ultimi anni il processo appare di fatto fortemente rallentato, anche perché lo stesso trattato identificava solo i cinque paesi del “P5” come nazioni in possesso di armi nucleari. Nel frattempo, invece, si sono dotati di testate (o le stanno sviluppando) anche i governi di Pakistan, India, Israele e Corea del Nord. Nessuno dei quali ha sottoscritto il Tnp.
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