Australia. Koala minacciati dalla clamidia e dal riscaldamento globale

L’85% dei koala dell’Australia è affetto da clamidia, una malattia che tra le altre cose riduce il tasso di fertilità. E i cambiamenti climatici stanno favorendo la sua diffusione.

I koala dell’Australia si stanno ammalando sempre più di clamidia, il batterio sessualmente trasmissibile e molto diffuso anche tra gli esseri umani. Nel giro di pochi anni il numero di animali infetti è salito fino all’85 per cento e a contribuire a questa emergenza è stato anche il riscaldamento globale che hanno creato un ambiente più fertile alla malattia riducendo al contempo le difese dei mammiferi. Se non si invertirà il trend nel giro di poco tempo la sopravvivenza dei koala australiani è a rischio visto che, tra le altre cose, la malattia causa infertilità.

L’epidemia di clamidia tra i koala

Come gli esseri umani, con circa 100 milioni di persone che la contraggono ogni anno, anche i koala dell’Australia hanno un problema con la clamidia. Quest’ultima è una malattia sessualmente trasmessa causata dall’infezione di un microrganismo, la Chlamydia Trachomatis. Nel 2008 ne erano affetti circa il 10 per cento di esemplari australiani, poi il numero si è impennato. Se nel 2015 ha raggiunto il 60 per cento, oggi si assesta a circa l’85 per cento. In alcune aree del Queensland, Nuovo Galles del Sud e Victoria il dato arriva a interessare la totalità degli esemplari.

Ci sono due varianti della clamidia che si stanno diffondendo nella popolazione dei koala australiani e quella che sta causando più problemi è la Chlamydia pecorum. La malattia si diffonde tra gli esemplari durante le fasi dell’accoppiamento e della riproduzione, mentre anche madri e figli possono arrivare a passarsela. Nella peggiore delle ipotesi i mammiferi possono morire, come sottolinea uno studio del 2018 secondo cui il 18 per cento dei koala con clamidia esaminati ha perso la vita a causa della malattia. Per il resto, la patologia influisce sulla fertilità degli animali, oltre a portarli fino alla cecità.

Ora gli scienziati stanno sviluppando un vaccino che verrà somministrato agli esemplari malati che si riescono a intercettare. Intanto i koala sono curati con antibiotici che però in alcuni casi hanno mostrato effetti avversi.

Cambiamenti climatici e specie invasive

Non si sa esattamente quanti koala si trovino in Australia. L’ultimo studio dettagliato è stato condotto nel 2012 dall’University of Queensland e parlava di 330mila esemplari, riconoscendo al contempo un margine di errore tra 144mila e 605mila. L’Australia koala foundation sottolinea che oggi il numero di questi mammiferi si assesta tra 32mila e 58mila, un calo importante dal range 46mila-82mila annunciato nel 2018.

La clamidia può avere avuto un ruolo importante in questa drastica discesa viste le sue connessioni con la fertilità, ma non va sottovalutato l’impatto dei cambiamenti climatici. L’Australia è particolarmente in difficoltà sotto questo punto di vista: dal 1910 a oggi la temperatura media è aumentata di 1,4 gradi e gli eventi meteorologici estremi sono sempre più frequenti, tra stagioni caldissime, siccità e incendi. Gli incendi del 2019 e 2020, per esempio, hanno portato alla morte di almeno 60mila koala, molti altri sono dovuti scappare e questo cambiamento di habitat ha avuto pesanti ripercussioni sulla loro sopravvivenza.

Tutto questo influisce poi sulla diffusione delle malattie tra gli animali. Un rapporto recente del governo australiano ha sottolineato che le condizioni di caldo, siccità, perdita e frammentazione dell’habitat hanno favorito la diffusione della clamidia tra i koala. Alcune ondate di calore come quelle del Gunnedah nel 2009 e 2010 sono state per esempio seguite da alti tassi di infezione tra i marsupiali, che a causa dello stress legato al clima hanno abbassato di molto le difese immunitarie. All’inizio del 2021 il governo australiano ha chiesto che in alcuni stati il koala venga considerata una specie “in pericolo”, superando il “vulnerabile” con cui compare nella Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).

Mentre la clamidia dilaga tra questi mammiferi, al punto che c’è chi parla di rischio localizzato di estinzione, anche il resto della fauna e della flora australiana si trova sotto attacco. Una nuova ricerca della Commonwealth scientific and industrial research organisation (Csiro) e del Centre for invasive species solutions denuncia che il paese rischia di perdere molta vegetazione e animali entro il 2050 a causa del dilagare di specie invasive come, tra gli altri, conigli, gatti selvatici, rospi velenosi, erbacce. Questi stanno creando problemi all’80 per cento della flora e della fauna australiana, motivo per cui gli scienziati hanno fatto un appello al governo perché mobiliti fondi per lo sviluppo di nuove tecnologie con cui affrontare il problema.

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