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L’assemblea nazionale dei popoli indigeni sul clima tenutasi in Australia ha finalmente coinvolto i nativi nella lotta contro il riscaldamento globale.
“Le persone qui si sono rese conto di come stiano cambiando le abitudini degli animali. Se l’ambiente muta, dovrebbero farlo anche i canti che abbiamo ripetuto per migliaia e migliaia di anni. Tutto questo ha un impatto sulla nostra comunità e sulla nostra stessa cultura”.
Sono le parole di Bianca McNeair, esponente del popolo dei Malgana, originario dell’Australia occidentale. McNeair ha ricoperto il ruolo di co-presidente dell’Assemblea nazionale dei popoli indigeni sui cambiamenti climatici che si è tenuta nella quarta settimana di marzo a Cairns, la città considerata porta di acceso alla Grande barriera corallina australiana.
L’incontro è stato indetto da un’agenzia governativa che si occupa di ricerca scientifica (la Csiro) e ha coinvolto 120 leader indigeni provenienti da più di 40 nazioni, che hanno avuto modo di avviare un dibattito con meteorologi ed esperti di clima sulle strategie di adattamento e mitigazione più adatte a contrastare il riscaldamento globale.
In particolare, si è discusso dell’estinzione delle specie, degli incendi che in Australia sono sempre più frequenti e distruttivi, delle ondate di calore, dell’aumento delle temperature oceaniche e dell’innalzamento del livello dei mari. L’obiettivo è stato quello di ascoltare finalmente quello che i nativi hanno da dire, dal momento che rappresentano meno del 5 per cento della popolazione mondiale, ma custodiscono l’80 per cento della biodiversità su questo Pianeta.
Il loro secolare rapporto con la natura, basato sul rispetto dei suoi ritmi e sullo sfruttamento sostenibile delle sue risorse, li rendono le persone più indicate a difendere la Terra. Un’affermazione confermata recentemente da un report delle Nazioni Unite che ha rivelato come, nelle aree dell’America Latina in mano ai nativi, il tasso di deforestazione si riduca fino al 50 per cento. Come ricorda McNeair, queste popolazioni sono in prima linea ogni giorno, e quotidianamente si trovano a dover affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici e le conseguenze dei mutamenti ambientali. “Sono costrette a modificare i loro calendari e le loro tradizioni”.
I custodi del sapere aborigeno e la comunità scientifica hanno stilato delle linee guida per avviare collaborazioni appropriate dal punto di vista etico e culturale. La dichiarazione conclusiva ufficiale, in fase di elaborazione, servirà da spunto per il resto del mondo. Nella baia degli Squali, da dove viene Bianca McNeair, gli abitanti hanno cominciato a piantare varie specie di piante acquatiche per assorbire l’anidride carbonica, seguendo le indicazioni degli scienziati.
“È come piantare un albero nell’oceano”, conclude la donna. “È qualcosa di magico. Mantenere la nostra connessione spirituale con la natura è ciò che ci impedisce di perdere la speranza”. A volte per ritrovare la forza di lottare abbiamo solo bisogno di un amico e dei suoi consigli, e di gesti semplici che fanno la differenza.
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