Il premier laburista Anthony Albanese ha annunciato il referendum per aggiungere una sezione dedicata agli indigeni in Costituzione. Si terrà entro la fine del 2023.
I popoli indigeni in Australia, divisi tra Aborigeni e Torres Strait Islander, rappresentano circa il 3,2 per cento della popolazione.
La loro quotidianità è caratterizzata da profonde discriminazioni economiche e sociali e la Costituzione non li tutela.
Entro la fine dell’anno si terrà un referendum per dotarli di un organo di rappresentanza in parlamento.
Ultimo aggiornamento: 31 agosto 2023
Il premier dell’Australia, Anthony Albanese, ha annunciato un referendum per il riconoscimento dei popoli indigeni nella Costituzione. I nativi a oggi non godono di considerazione nella carta fondamentale australiana ma negli anni sono aumentate le pressioni per modificare il testo, così da combattere le profonde discriminazioni di cui sono vittime nella quotidianità.
Il referendum si terrà il 14 ottobre 2023 e mira a introdurre in Costituzione un capitolo tutto dedicato ai popoli originari, oltre che a istituire un loro organo di rappresentanza.
La situazione degli indigeni in Australia
In Australia i popoli indigeni si dividono tra gli Aborigeni e i Torres Strait Islander. Gli Aborigeni sono maggioritari e si dividono in circa 500 popoli diversi, organizzati in clan distinti e ciascuno con la propria identità linguistica e territoriale. Le comunità indigene australiane sono state decimate a partire dal ‘700 con la colonizzazione britannica, che ha portato a diffusione di malattie, espropriazione di terre e brutali massacri.
Oggi il numero di indigeni nel paese è in forte crescita. Se nel 2011 erano circa 670mila, il 3 per cento della popolazione, con il censimento del 2021 la quota è salita al 3,2 per cento ed entro il 2031 si prevede di raggiungere il 3,9 per cento. Questo non significa che i popoli indigeni stiano effettivamente aumentando in Australia, quanto piuttosto che un clima migliore in termini di riconoscimento e lotta alle discriminazioni ha fatto sì che sempre più persone con origini indigene venissero allo scoperto. Nonostante questo, il contesto per i popoli indigeni australiani resta molto difficile.
Come sottolinea l’ong Survival International, l’aspettativa di vita degli Aborigeni è inferiore di 17-20 anni a quella degli altri australiani, i bambini soffrono di un tasso di mortalità infantile quattro volte superiore, gli adulti hanno una probabilità di essere arrestati 17 volte superiore rispetto ai non Aborigeni, il tasso di suicidi tra gli Aborigeni australiani è sei volte maggiore rispetto alla media nazionale mentre il tasso di disoccupazione quattro volte superiore. I popoli indigeni sono in effetti discriminati sul lavoro e nell’accesso ai servizi sociali e questo si traduce in un’esistenza precaria, all’insegna della povertà e delle scarse opportunità. Una conseguenza anche del fatto che nella Costituzione australiana gli Aborigeni e i Torres Strait Islander non trovano spazio, una mancanza che rende difficile cambiare lo stato delle cose. Il 2023, però, potrebbe essere l’anno della svolta.
Il referendum in programma
Il premier Laburista Anthony Albanese ha annunciato un referendum per il 14 ottobre sui popoli indigeni. Il quesito propone l’inserimento nella Costituzione di una sezione dedicata agli Aborigeni e ai Torres Strait Islander, che prevederà tra le altre cose l’istituzione di un organo di rappresentanza di questi popoli in parlamento, così che le loro istanze possano trovare una voce istituzionale.
L’organo si chiamerà The Voice ed è già da anni che si discute del tema. Nel 2017 un gruppo di 250 leader indigeni si era riunito a Uluru, un terreno considerato sacro nell’Australia centrale, per redigere una richiesta ufficiale di rappresentanza in parlamento. La possibilità era stata da subito affossata dal governo conservatore guidato da Malcolm Turnbull. Il suo successore, il liberale Scott Morrison, aveva parzialmente accolto la petizione, senza però che si arrivasse a una modifica costituzionale. Ora il premier Albanese ha aperto a questa possibilità senza riserve, facendo un appello alla popolazione australiana e alle opposizioni di cogliere questa opportunità e votare a favore nell’imminente referendum.
Indigenous Voice “design principles” announced today – the exact detail will still be finalised post-Referendum but these are the major guiding principles of what the voice is proposed to look like pic.twitter.com/vU5tJZuCZ2
“Modificare la Costituzione per riconoscere i primi popoli dell’Australia istituendo una voce aborigena e isolana dello Stretto di Torres. Approva questa proposta di modifica?”, il quesito che nei prossimi giorni sarà presentato dal governo a un’apposita commissione, perché dia il via libera definitivo al referendum. Perché vincano i sì una volta che si andrà alle urne, occorrerà la maggioranza dei voti favorevoli oltre che l’ottenimento della maggioranza dei sì in almeno quattro dei sei stati australiani. Il quorum non è previsto, dato che in Australia il voto è obbligatorio.
La generazione rubata sono gli oltre 100mila indigeni sottratti alle loro famiglie, per assimilarli alla cultura dominante australiana. Oggi i superstiti verranno risarciti dallo stato.
L’assemblea nazionale dei popoli indigeni sul clima tenutasi in Australia ha finalmente coinvolto i nativi nella lotta contro il riscaldamento globale.
Il Koori Mail è un giornale fondato e gestito dai popoli indigeni australiani per parlare dei loro diritti e sviluppare il dialogo. La sua storia è un esempio perfetto per la Giornata mondiale dell’informazione sullo sviluppo.
Il ministro degli Esteri israeliano ha detto che Guterres “sostiene terroristi, stupratori e assassini di Hamas, di Hezbollah, degli Houthi e ora dell’Iran”.
Per l’Oms il bilancio delle vittime della guerra in Sudan supera le 20mila vittime. Ad aggravare la situazione ci sono la carestia e l’epidemia di colera.