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Il petrolio non piace più, meglio proteggere la barriera corallina e l’oceano. È questa la decisione storica del governo del Belize, piccolo Paese centroamericano al confine con Messico e Guatemala, che ha vietato tutte le future esplorazioni petrolifere all’interno delle proprie acque, conservando così il più grande reef dopo quello australiano. La grande barriera corallina
Il petrolio non piace più, meglio proteggere la barriera corallina e l’oceano. È questa la decisione storica del governo del Belize, piccolo Paese centroamericano al confine con Messico e Guatemala, che ha vietato tutte le future esplorazioni petrolifere all’interno delle proprie acque, conservando così il più grande reef dopo quello australiano. La grande barriera corallina del Belize è infatti patrimonio dell’umanità dell’Unesco e ospita più di 1.400 specie, molte delle quali in via di estinzione.
“La barriera corallina del Belize è sia casa di un incredibile numero di specie, sia luogo vitale per l’economia, per il turismo e per la pesca del Paese. Intervenendo per rimuovere la maggiore minaccia per la barriera, il Belize sta tutelando il proprio futuro”, ha dichiarato in una nota Nadia Bood, esperta di barriera coralline presso del Wwf Belize . “Noi tutti speriamo che questo importante passo in avanti possa incoraggiare anche gli altri paesi a seguire l’esempio e a prendere provvedimenti indispensabili, per proteggere gli oceani del nostro pianeta”.
“È una grande novità per il Belize. Non solo perché il suo governo ha dato credito alle richieste di protezione della barriera corallina, sottraendolo ad un pericoloso rischio di contaminazione e impatti”, continua Bood. “Ma anche perché adesso il Paese può essere considerato un leader mondiale nella protezione degli oceani. Questa è una mossa rivoluzionaria per un paese in grave difficoltà economica”.
La barriera corallina infatti fornisce il sostentamento alla maggioranza della popolazione (poco più di 350mila abitanti), sia direttamente con la pesca, che indirettamente grazie al turismo. Secondo Fanny Douvere, coordinatore del programma mondiale Unesco sul patrimonio marino: “L’economia del Belize dipende dal turismo, che genera, grazie alla barriera corallina, introiti da 182 a 237 milioni di dollari l’anno. Questa legislazione è una pietra miliare che contribuisce a rimuovere finalmente dalla lista dei siti a rischio il secondo più grande sistema di barriera corallina mondiale. Si prevede che la Commissione Unesco possa prendere una decisione a riguardo durante la prossima sessione che si terrà tra giugno e luglio 2018”.
Patrimonio mondiale dell’Umanità fin dal 1996, la barriera corallina ospita è composta da atolli, centinaia di banchi di sabbia, foreste di mangrovie, lagune costiere. Un ambiente unico al mondo che ospita molte specie minacciate dall’estinzione, come la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), il lamantino (Trichecus manatus) e almeno sei specie diverse di squali. “Come nazione non saremmo mai arrivati a questo punto, se non ci fosse stata la partecipazione del popolo del Belize. Un simile impegno, riflette il grado di coscienza nazionale, che permette di definirci ‘figli della barriera corallina’”, ha detto Janelle Chanona, vicepresidente di Oceana Belize. “Faremo in modo di far sapere al mondo che il governo e i cittadini del Belize, non scherzano sulla tutela del nostro patrimonio, né sulla difesa del nostro futuro”.
Big win in 2017. Over 400,000 of you came together last year to urge a ban of offshore oil activities in the stunning Belize #reef and World Heritage Site. YOU made it happen! Belize has just signed the ban into law! #WWF2017Recap #SaveBelize https://t.co/2hltQhhuRy pic.twitter.com/oI8diOeQ9i
— Marco Lambertini (@WWF_DG) 13 gennaio 2018
È uno degli effetti dei cambiamenti climatici e del conseguente aumento delle temperature, anche per quanto riguarda le acque oceaniche. La Grande barriera corallina australiana, che si estende per 2.400 chilometri quadrati, sta subendo uno dei più gravi sbiancamenti mai registrati. E questo significa la morte dei coralli, se le temperature non scendono sotto un certo livello e non si ripristinano le condizioni ideali al sostentamento degli Antozoi. Ma la decisione del Belize segna un passo fondamentale nella protezione di questi delicati ambienti, dimostrando che è possibile fare economia anche conservando il capitale naturale.
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