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Si chiama On the wall il progetto di arte pubblica che ha invaso di colore i muri del quartiere vittima del disastro del 14 agosto 2018 a Genova.
La 15esima Biennale di Venezia – Reporting from the front – indaga sul rapporto tra l’architettura e i problemi della società civile.
L’architettura come strumento per il cambiamento sociale: è questo l’ambizioso obiettivo della Biennale di Venezia sull’architettura dal 28 maggio al 27 novembre 2016. La kermesse, dal titolo Reporting from the front, è curata dal cileno Alejandro Aravena, premio Pritzker e già vincitore del Leone d’argento alla Biennale del 2008 come miglior architetto emergente. Sua la firma di Elemental, un innovativo progetto di social housing ideato per la comunità di senzatetto nella città di Iquique, in Cile.
Reporting from the front non si rivolge soltanto agli architetti ma anche alle istituzioni perché, come spiega Aravena “chi ha il potere di decidere capisca che ci sono altri modi di affrontare i problemi e che il loro sostegno cambierebbe tutto per il meglio”. Recuperare le periferie, dunque, contrastando il degrado e contribuendo a riqualificare quartieri resi invivibili e problematici anche da un’architettura pensata unicamente per aumentare la disponibilità di alloggi ma non ad integrare il tessuto cittadino.
Un’architettura “militante” come l’hanno definita gli addetti ai lavori, pensata per confrontarsi con le grandi sfide dei nostri tempi: dall’inquinamento ai disastri naturali, dalle disuguaglianze sociali alle migrazioni. Nella mostra – che comprende 88 allestimenti provenienti da 37 paesi diversi – si cerca di scardinare un vecchio modo di guardare all’architettura, proponendo soluzioni coraggiose e un cambio di prospettiva sul concetto stesso di vivere in comune.
Non a caso l’immagine simbolo dell’esposizione è una fotografia dello scrittore inglese Bruce Chatwin che ritrae una donna in cima a una scala che contempla quello che a prima vista sembra un deserto.
Si tratta dell’archeologa tedesca Maria Reiche che, dalla cima della scala studia le linee di Nazca nel deserto peruviano. “È una metafora potentissima che permette al visitatore di osservare i progetti con uno sguardo diverso – ha spiegato Aravena- e fa capire l’importanza di guardare alle cose con un punto di vista differente”. Secondo l’architetto “la difficoltà delle circostanze non dovrebbe giustificare i professionisti dal non rispondere con un’architettura di qualità”.
All’ingresso, presso le Corderie dell’Arsenale, il pubblico viene accolto da una sala dal cui soffitto scendono un numero incalcolabile di montanti d’acciaio. Le pareti invece sono di cartongesso. Un vero e proprio inno al riciclo, considerato che si tratta di materiali di scarto della precedente Biennale d’arte.
Si prosegue in un’atmosfera suggestiva creata dai raggi di luce dello studio Transsolar di Stoccarda con l’opera di Matthias Schüler con Anya Thierfelder. Il progetto, studiato per l’Atelier Jean Nouvel come test per il Louvre Abu Dhabi, sfrutta la potenza di elementi naturali come luce e polvere, incanalando le forze della natura anziché contrastarle.
Lungo il percorso ci si sofferma nei padiglioni nazionali, ciascuno con le sue risposte alternative ai problemi posti alla convivenza in zone spesso ai margini del contesto sociale. Il cuore dell’esposizione è abitato dal grande plastico che ricrea l’immenso mercato di Durban in Sudafrica, un tempo concentrato di criminalità, riqualificato grazie ad alcuni interventi e trasformato in luogo di svago per famiglie.
È così che la giuria ha attribuito il Leone d’oro di quest’anno alla Spagna, che ha scalzato la favorita Germania, presente con Making Heimat. Germany, Arrival Country, per un’Europa aperta ai migranti e contraria ai muri. Il padiglione dei vincitori, invece, curato da Inaqui Carnicero e Carlos Quintans si intitola Unfinished e presenta sia interventi interrotti a causa della crisi economica che esempi didattici di edilizia e di interni caratterizzati da riuso, reversibilità e risparmio.
Quella che si è appena aperta nella città lagunare, e che ha già accolto solo nel primo giorno oltre seimila visitatori, promette di essere un’edizione senza note archistar ma rivolta al grande pubblico. Ogni progetto è illustrato con chiarezza per indirizzare anche i visitatori non esperti. “Perché è giusto – ha detto Aravena – che ogni cittadino capisca cosa può aspettarsi e che ricominci a pretendere la qualità che gli spetta”.
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