La capitale dello Sri Lanka ha sottratto le plaudi che la circondano ai rifiuti, grazie agli sforzi delle istituzioni e della comunità.
Condannato a 30 anni di prigione un noto bracconiere di rinoceronti in Mozambico
Un bracconiere è stato condannato a scontare trent’anni di prigione in Mozambico. È una condanna esemplare.
- In Mozambico, un bracconiere è stato condannato a trent’anni di prigione.
- Era accusato di caccia illegale, associazione per delinquere e possesso illegale di armi.
- La condanna è stata resa possibile solamente grazie alla stretta collaborazione tra l’Anac, la Lebombo conservation areas (un’area protetta per la conservazione delle specie), la polizia del Mozambico e l’ufficio del procuratore generale.
In Mozambico, un noto bracconiere è stato condannato a scontare trent’anni di prigione dopo che ha cercato di uccidere diversi rinoceronti. Lo ha annunciato la National administration of conservation areas (Anac), un’istituzione statale responsabile della conservazione della biodiversità e dello sviluppo sostenibile dell’ecoturismo, in un post su Facebook. L’uomo, Admiro Chauque, è stato accusato di caccia illegale, associazione per delinquere e possesso illegale di armi.
Un bracconiere condannato a trent’anni di prigione in Mozambico
Chauque operava con la sua banda nei distretti di Magude e Massingir, in Mozambico, e nel Kruger national park, in Sudafrica, ed è responsabile della morte di diversi rinoceronti, anche se, per il momento, le autorità non hanno ancora specificato quanti. “La Corte della provincia di Maputo ha applicato una condanna esemplare”, ha spiegato l’Anac. “È un bracconiere e a lui fanno capo diverse persone che ogni giorno uccidono i rinoceronti per arricchirsi illegalmente e alimentare il traffico di corni verso i paesi asiatici, in particolare Vietnam e Cina”.
L’uomo era stato fermato e interrogato dalle autorità già a gennaio 2020, quando che si era rivolto a un medico per curare un suo complice, ferito durante una battuta di caccia, ma è stato definitivamente arrestato il 3 maggio dello scorso anno dopo l’ennesimo tentativo di uccidere un animale e condannato nel giro di soli otto mesi.
Una condanna resa possibile grazie alla collaborazione di diverse agenzie
La condanna è stata resa possibile solamente grazie alla stretta collaborazione tra l’Anac, la Lebombo conservation areas (un’area protetta per la conservazione delle specie), la polizia del Mozambico e l’ufficio del procuratore generale.
E il numero di anni che dovrà scontare è eccezionalmente alto. L’ong Saving the wild, attiva per la protezione della biodiversità nei territori africani, ha fatto notare come, nel 2017, il Mozambico abbia introdotto una pena minima di 16 anni per il bracconaggio di rinoceronti. Al contrario, nel vicino Zimbabwe questo numero scende a 9, per scomparire in Sudafrica dove attualmente non è previsto un numero minimo di anni da scontare per i bracconieri.
Aumenta l’attenzione contro i crimini di natura
Un caso simile, risale a maggio dello scorso anno, quando un tribunale della Repubblica Democratica del Congo aveva condannato Mobanza Mobembo Gerard, noto come Guyvanho, uno dei più famosi e ricercati bracconieri del paese, a scontare 30 anni in prigione per aver trafficato avorio e aver cercato di uccidere alcuni ranger. L’uomo aveva assassinato più di 500 elefanti.
Secondo l’Unep, l’agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dell’ambiente, i crimini di natura sono il quarto mercato illegale al mondo, con un fatturato di 213 miliardi di dollari l’anno, circa 190 miliardi di euro. Li precedono il traffico di droga, il mercato dei beni contraffatti e il traffico di esseri umani e negli anni hanno persino sorpassato il traffico illegale di armi, a cui sono comunque legati, come testimoniano i casi di Guyvanho e Chauque, entrambi accusati anche di possedere armi da fuoco irregolari.
Diverse organizzazioni internazionali come il Wwf hanno più volte denunciato il fatto che, al contrario degli altri quattro mercati, i crimini di natura non hanno mai goduto della stessa attenzione da parte delle autorità, le pene non vengono quasi mai implementate e c’è ancora una certa cecità internazionale sulle conseguenze umanitarie indirette che i crimini ambientali portano con sé. Ma condanna dopo condanna, sembra che la situazione stia finalmente cambiando.
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