
D’ora in poi l’università di Oxford non investirà più nei combustibili fossili, ma solo nelle società che si impegnano seriamente per la decarbonizzazione.
Non è ammissibile investire capitali nelle fonti di energia più sporche: 35 organizzazioni cattoliche, tra cui Caritas Internationalis, danno l’esempio.
Ancora una volta, le istituzioni cattoliche dicono la loro su carbone e petrolio, e lo fanno nel modo più concreto possibile: scegliendo di non investire più il loro denaro in queste fonti di energia, responsabili della distruzione del Pianeta. L’ultimo annuncio in ordine di tempo è arrivato in occasione dell’Earth Day, la giornata mondiale della Terra, celebrata lo scorso 22 aprile. E le protagoniste sono ben 35 organizzazioni, tra cui una delle più note in assoluto, Caritas Internationalis.
“I poveri stanno soffrendo enormemente per la crisi climatica e i combustibili fossili sono i principali responsabili di quest’ingiustizia. Ecco perché Caritas Internationalis ha deciso di non investire più nei combustibili fossili. Incoraggiamo i nostri membri, e altri gruppi ed enti collegati alla Chiesa, a fare lo stesso”. Queste le parole con cui il cardinale Luis Tagle, presidente di Caritas Internationalis, ha commentato la scelta. Questa organizzazione, di cui fanno parte di diritto tutte le Caritas del mondo, oggi conta circa 160 membri. Ha sede in Vaticano e rapporti molto diretti con le più alte gerarchie ecclesiastiche; secondo alcuni osservatori dunque non è da escludere che possa in futuro esercitare pressioni sullo Ior, la banca vaticana.
Seguiamo l’esempio di San Francesco d’Assisi: abbiamo cura della nostra Casa comune.
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 22 aprile 2018
Ma Caritas Internationalis non è sola: nella lista pubblicata dal Movimento cattolico globale per il clima si leggono anche i nomi di tre importanti banche cattoliche tedesche (Bank Im Bistum Essen eG, Pax Bank e Steyler Ethik Bank), della canadese Fondazione Catherine Donnelly, di Secours Catholique (la Caritas francese) e molti altri. Per ora non è stato reso noto l’ammontare dei capitali che verranno ritirati dal business dei combustibili fossili. Questi nomi si vanno ad aggiungere a quelli delle decine di organizzazioni religiose che avevano scelto simbolicamente il giorno di San Francesco, nel 2016 e nel 2017, per fare la stessa scelta.
D’ora in poi l’università di Oxford non investirà più nei combustibili fossili, ma solo nelle società che si impegnano seriamente per la decarbonizzazione.
Oltre 2.500 miliardi di euro: sono i soldi che le grandi banche hanno iniettato nel settore delle fonti fossili dalla firma dell’Accordo di Parigi al 2019.
Il World economic forum 2020 punta sulla sostenibilità, ma per Greenpeace sconta una contraddizione: le banche presenti finanziano ancora carbone e petrolio
Lo sponsor di Roger Federer è una banca che finanzia i combustibili fossili. Finito nel mirino degli ambientalisti, il campione promette di intervenire.
La banca centrale inglese introdurrà gli stress test climatici, per capire se banche e assicurazioni siano in grado di reggere agli shock ambientali.
Rispettare l’Accordo di Parigi e favorire gli investimenti per il clima. Secondo centinaia di investitori, queste devono diventare le priorità dei governi.
Dalla fine del 2021, la Banca europea per gli investimenti non finanzierà più carbone, petrolio e gas naturale. Una svolta storica, molto attesa da istituzioni e società civile.
Solo il 9 per cento delle aziende più inquinanti ha fissato obiettivi coerenti con l’Accordo di Parigi. I loro azionisti avvertono: “Non è abbastanza”.
Il più grande sistema di università pubbliche d’America ha deciso di sbarazzarsi dagli investimenti in carbone e petrolio: sono un rischio, anche economico.