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I cavalli lipizzani entrano a far parte dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Un riconoscimento importante che valorizza una storia secolare.
Una buona notizia per il mondo equino. I cavalli lipizzani fanno il loro ingresso nel patrimonio culturale dell’Unesco in quanto eredità culturale intangibile dell’umanità. L’Unesco ne ha formalizzato l’iscrizione dopo che la candidatura era stata presentata il 23 marzo 2020 dal rappresentante italiano permanente insieme agli ambasciatori di altre sette nazioni (Austria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Slovenia). Le vicende dei cavalli lipizzani sono intimamente connesse con quelle europee e hanno assunto una valenza simbolica nel corso degli anni.
È stato, infatti, nel lontano 1580 che il granduca Carlo II d’Asburgo decise di dar vita a un allevamento di cavalli. Proprio per questo motivo venne individuata la tenuta di Lipizza, che oggi si trova in Slovenia in prossimità del confine italiano, e furono presi in affitto i terreni appartenenti al vescovo di Trieste. I caratteri della razza lipizzana come la conosciamo oggi (con il tipico mantello di peli bianchi su cute nera) si imposero nella seconda metà del Settecento. L’anno dopo la fine del primo conflitto mondiale, infatti, il 17 luglio 1919, 109 cavalli lipizzani vennero consegnati al Regno d’Italia dall’Austria, nell’ambito dei risarcimenti di guerra che gli sconfitti dovettero pagare. Dopo l’8 settembre del 1943, quando la Germania invase il litorale adriatico italiano, i tedeschi trasferirono tutti i cavalli da Lipizza a Hostau, a poca distanza da Praga, e solo la metà di essi tornò in Italia il 18 novembre del 1947, in seguito al recupero della razza operato del generale americano Patton.
Il primo decreto di riconoscimento ministeriale del Libro genealogico del cavallo di razza lipizzana risale al 31 gennaio 1984. Il tutto venne successivamente riproposto nel 1996, poi nel 2004 e, infine nel 2021. Nel 2020 l’iscrizione al Registro nazionale dei paesaggi rurali, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali ha consentito l’ingresso delle tradizioni dell’allevamento statale del cavallo lipizzano nella lista rappresentativa del patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Ma era stato già nel 2015 che il Crea (Consiglio per la ricerca in economia agraria) aveva iniziato a discutere con gli allevamenti statali degli altri paesi interessati l’ipotesi di presentare una domanda di riconoscimento come eredità culturale immateriale all’Onu. Una richiesta che oggi è finalmente divenuta realtà.
Il legame tra gli uomini e i cavalli dura da secoli e, dagli albori della civiltà, ne segna le tappe e i progressi, osserva Margherita Carretti, etologa e operatrice di pet therapy relazionale integrata: “Un aspetto interessante da analizzare è la simbologia legata al cavallo. Si tratta di simbolismi che troviamo in tantissime culture differenti nei vari periodi storici. Le parole che segnano questo percorso sono la libertà e il potere. Nell’astrologia cinese, per esempio, il cavallo è associato al fascino, alla persuasione e all’emotività. E per la maggior parte delle persone simbolicamente lo sport dell’equitazione permette di elevarsi al di sopra del mondo confermando un senso di potere. Non dimentichiamo, inoltre, che i cavalli sono stati associati anche al simbolo del desiderio sessuale”.
Domare uno stallone significava, in passato, anche soggiogare le emozioni pericolose. E ciò in molte culture, diventava perciò la porta ideale per passare dall’adolescenza alla maturità. Tutto questo rimanda inevitabilmente a diverse caratteristiche associate prettamente al femminile e a come il sistema patriarcale, basato sul potere e la forza, ha sempre cercato di sottomettere le donne. Il bisogno di controllo, di elevarsi sull’altro per sentirsi potente, diventa anche sottomettere una sessualità libera e pericolosa come quella rappresentata dalle donne.
Si tratta, comunque, sempre di simbolismi che si intrecciano e spiegano anche come i cavalli siano diventati alleati dell’uomo non solo nel lavoro quotidiano, ma anche nelle pratiche di guarigione come, per esempio, appunto la pet therapy.
“I cavallo è un animale pacifico, dotato di una spiccatissima motivazione sociale e collaborativa che è alla base della ricchezza e complessità delle relazioni sociali nel gruppo equino. Un gruppo in cui vige il rispetto e la valorizzazione delle diversità individuali e che si muove coordinandosi nel continuo spostamento sul territorio attraverso un costante e sensibilissimo rapporto di comunicazione tra i membri del branco (tanto che, osservando un gruppo di cavalli al galoppo, si ha addirittura l’impressione che i soggetti rappresentino “un cavallo solo”) e dove la sensibilità comunicativa è tale da essere più volte stata confusa con una vera e propria capacità telepatica”, spiega la dottoressa Dora Li Destri Nicosia, medico veterinario con un master in riabilitazione equestre.
Un legame particolarissimo e importante, quindi, quello fra i cavalli e gli uomini che sta alla base anche del riconoscimento dei bellissimi lipizzani come un patrimonio indiscutibile dal punto di vista sociale. E che rimane un esempio del rispetto e della considerazione che le specie animali devono trovare nella società umana.
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