
I dati dell’Eurobarometro sul clima dimostrano che i cittadini europei hanno a cuore le sorti del clima e chiedono alle istituzioni di agire.
Le due nazioni hanno consegnato alle Nazioni Unite i documenti per la ratifica dell’Accordo di Parigi. Che, tuttavia, non può ancora entrare in vigore.
Il presidente americano Barack Obama e il suo omologo cinese Xi Jinping hanno annunciato la ratifica, da parte dei loro paesi, dell’Accordo di Parigi. Ovvero dell’intesa raggiunta nello scorso mese di dicembre nella capitale francese, al termine della ventunesima conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 21).
Si tratta di un passaggio fondamentale, dal momento che proprio Usa e Cina rappresentano le due nazioni che emettono le quote più alte di gas ad effetto serra a livello mondiale. Soprattutto, l’aver consegnato i documenti al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon rappresenta un avanzamento concreto nell’iter di entrata in vigore del documento.
L’Accordo di Parigi, infatti, diventerà effettivamente operativo dopo che un numero minimo di 55 paesi avrà seguito le orme di Washington e Pechino, a patto che essi rappresentino almeno il 55 per cento delle emissioni totali di gas ad effetto serra. Secondo quanto specificato dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la ratifica di Stati Uniti e Cina porta il totale, in termini di emissioni, a più del 39 per cento.
Tale quota, perciò, rappresenta i paesi che hanno completato la procedura, affermando di voler adottare l’Accordo nel proprio ordinamento. Numerose altre nazioni sono invece ferme alla fase precedente, quella della semplice firma (che non equivale, dunque, alla ratifica): a tale passaggio sono giunti già 180 governi (compresi quelli che hanno poi proceduto al completamento dell’iter: 26, Cina e Stati Uniti inclusi).
Rispetto ai 195 che avevano partecipato alla Cop 21, dunque, solamente un numero esiguo di stati non ha, per ora, né firmato né tantomeno ratificato il testo. Quest’ultimo impegna le nazioni aderenti ad adottare politiche in grado di limitare la crescita della temperatura media globale sulla superficie terrestre a due gradi centigradi, entro il 2100, rispetto ai livelli pre-industriali. Cercando, spiega lo stesso Accordo, “di avvicinarsi il più possibile a 1,5 gradi”.
Tuttavia, la “somma” delle promesse finora avanzate dalle nazioni non consente di entrare in una simile traiettoria. Secondo i calcoli del governo francese, se non saranno modificati ulteriormente i propositi, si arriverà a +2,7 gradi (oltre i 3 secondo le proiezioni delle associazioni ambientaliste). Alla Cop 22 di Marrakech – che si terrà nella città marocchina nella prima metà di novembre – occorrerà perciò innanzitutto che ciascun paese comprenda la necessità di effettuare sforzi maggiori, nei prossimi anni, rispetto a quelli profusi finora.
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