La Commissione europea chiede di tagliare le emissioni nette di gas serra del 90 per cento entro il 2040, lasciando “flessibilità” sui metodi.
- La Commissione europea propone l’obiettivo di ridurre le emissioni del 90 per cento entro il 2040.
- L’emendamento alla legge sul clima dovrà essere sottoposto al Parlamento europeo e al Consiglio.
- Prevista anche un’apertura parziale all’uso delle compensazioni internazionali di gas serra.
Come ampiamente atteso, la Commissione europea il 2 luglio 2025 ha proposto un emendamento alla legge sul clima, il testo che definisce la tabella di marcia vincolante per azzerare le emissioni nette di gas serra del Continente entro il 2050. E in questo emendamento c’è il target che mancava: dopo il meno 55 per cento entro il 2030, il prossimo passo è il meno 90 per cento di emissioni nette entro il 2040, sempre rispetto ai livelli del 1990.
Meno 90 per cento di emissioni nette entro il 2040
Nel dare l’annuncio, la Commissione ha voluto citare l’ultimo sondaggio Eurobarometro dedicato proprio ai cambiamenti climatici. In media, l’81 per cento dei cittadini e delle cittadine dell’Unione si dice favorevole al raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050. L’Italia si colloca leggermente sopra la media con l’84 per cento, mentre il paese più scettico è l’Estonia, l’unico a fermarsi al di sotto del 50 per cento (per la precisione, al 46 per cento). Sempre secondo i cittadini, gli attori che hanno più mezzi per affrontare la crisi climatica sono i governi nazionali (66 per cento), l’Unione europea (59 per cento) e le imprese e l’industria (58 per cento).
Forte di questo orientamento favorevole da parte dell’opinione pubblica, e del fatto di essere sulla buona strada per il taglio del 55 per cento delle emissioni promesso entro il 2030, la Commissione guarda al prossimo decennio. Fissando un obiettivo, quello del meno 90 per cento di emissioni nette al 2040, che nelle sue parole “darà certezze agli investitori, stimolerà l’innovazione, rafforzerà la leadership industriale delle nostre imprese e aumenterà la sicurezza energetica”. Si tratta di una proposta che ora andrà sottoposta al Parlamento europeo e al Consiglio, seguendo la procedura legislativa ordinaria.
Più flessibilità e un sì, parziale, ai carbon credits internazionali
Fissare un obiettivo giuridicamente vincolante è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale definire nei dettagli qual è la strada per raggiungerlo. Un tema rivelatosi particolarmente delicato. Lo si intuisce dal fatto che il Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici avesse esortato la Commissione a non lasciare spazio a scorciatoie come le compensazioni internazionali di gas serra. Il meccanismo, previsto dall’Accordo di Parigi, prevede a uno stato di finanziare un progetto all’estero e conteggiare la conseguente riduzione delle emissioni all’interno dei propri obiettivi nazionali.
La Commissione europea, però, ha deciso di mettere al centro la “flessibilità”. Il che significa che ci sarà spazio anche per i carbon credits internazionali, ma in misura limitata (non oltre il 3 per cento delle emissioni nette europee del 1990), a seguito di una valutazione d’impatto dettagliata e dopo l’adozione di una normativa ad hoc che ne stabilisca condizioni e criteri di qualità. Se restano entro questi paletti, secondo l’analista del think tank Ecco Francesca Bellisai, i crediti “possono diventare una risposta potenzialmente utile per il finanziamento della cooperazione internazionale e in supporto al multilateralismo”. Molto più duro l’ufficio europeo di Greenpeace che parla di “giochi contabili” e ribadisce che “l’Unione europea, in quanto inquinatore storico, ha la responsabilità di ridurre le proprie emissioni”.
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