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I tentativi di limitare l’impatto del trasporto marittimo sul clima sono falliti

Il trasporto marittimo rappresenta il 2,5 per cento di emissioni di gas serra annuali. Se non si interverrà, cresceranno del 250 per cento entro il 2050.

  • Il trasporto marittimo è responsabile del 3 per cento circa delle emissioni globali di gas serra.
  • All’ultimo vertice delle Nazioni Unite è stato fissato il traguardo di azzerare le emissioni entro il 2050.
  • Questo piano però ad oggi è ancora vago e poco dettagliato.

Il trasporto marittimo globale continua a causare danni significativi al clima, agli oceani e alla salute umana. Ma l’Organizzazione marittima internazionale (Imo) delle Nazioni Unite, la comunità internazionale e il settore marittimo continuano a fallire nell’affrontare adeguatamente i problemi.

È quanto emerge dall’ultimo studio che denuncia l’impatto nocivo dell’industria marittima, pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario della Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento da navi (Marpol), il più importante testo di legge internazionale concepito per affrontare l’impatto ambientale del trasporto marittimo internazionale.

La stragrande maggioranza delle merci viaggia nel mondo a bordo di navi © David McNew/Getty Images

I tentativi di contenere le emissioni del trasporto marittimo stanno fallendo

Lo studio, commissionato dall’associazione ambientale con sede a Bruxelles Seas at Risk e intitolato The state of shipping & oceans, viene pubblicato mentre i governi di tutto il mondo si sono riuniti a Londra presso la sede dell’Imo per concordare una nuova strategia climatica per il trasporto marittimo. Il rapporto evidenzia il fallimento di tutti i precedenti tentativi di contenere l’impatto dannoso del trasporto marittimo, compresi gli effetti sul clima e l’enorme divario esistente tra le azioni finora intraprese e gli impegni richiesti dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) e dalla comunità scientifica in generale.

A proposito di cambiamenti climatici, secondo Seas at Risk il trasporto marittimo ha ripetutamente fallito nel contenere le proprie emissioni e quindi nell’affrontare la crisi climatica. Infatti, le emissioni del trasporto marittimo stanno crescendo in modo esponenziale: il trasporto marittimo rappresenta l’80-90 per cento del commercio mondiale di merci in termini di volume. Per trasportare queste merci, le navi da carico bruciano circa 300 milioni di tonnellate di carburante inquinante ogni anno, producendo un miliardo di tonnellate di CO2, equivalente al 3 per cento circa delle emissioni globali di gas serra.

La stessa Imo ha stimato che, mantenendo invariata la situazione attuale, le emissioni del trasporto marittimo potrebbero aumentare tra il 50 e il 250 per cento entro il 2050. Tra il 2013 e il 2018, le emissioni del settore sono cresciute del 10 per cento. Tutto questo, mentre gli scienziati dell’Ipcc chiedono “riduzioni profonde e rapide” in tutti i settori per non superare il limite di 1,5°C di riscaldamento della temperatura, fissato dall’Accordo di Parigi.

Le emissioni delle navi provocano 250mila morti premature l’anno

Inoltre, le leggi e i tentativi di regolamentazione non sono sufficienti nel contenere i danni del settore, nel senso che o sono scarsamente applicate o addirittura inesistenti. In particolare, a non essere sufficientemente regolate sono le fuoriuscite e gli scarichi di petrolio e sostanze chimiche in acqua (benché, fa notare lo studio, gli incidenti causati dalle petroliere siano diminuiti negli ultimi anni), il rumore sottomarino, le acque reflue (le norme sulla quantità di zolfo emessa dai carburanti delle navi è insufficiente e i carburanti sono riversati in mare), l’inquinamento da plastica, nonché l’espansione dei porti (a causa di navi sempre più grandi) che comporta una scarsa qualità dell’aria e il degrado marino e costiero.

Ma il trasporto marittimo è anche il principale vettore di trasferimento di specie aliene che alterano l’equilibrio degli ecosistemi marini e delle economie locali. Per limitare questo problema, le navi usano vernici biocide che sì impediscono agli organismi di incollarsi agli scafi ma, per contro, hanno anche serie ripercussioni sulla vita marina.

Naturalmente tutto ciò ha anche un notevole impatto sulla salute umana. Infatti, il trasporto marittimo continua a provocare danni alla salute e al benessere delle comunità portuali, fanno notare gli scienziati, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Gli inquinanti tossici delle navi alimentate a combustibili fossili causano ogni anno circa 250mila morti premature e più di sei milioni di casi di asma infantile in tutto il mondo, mentre i lavoratori che demoliscono le navi sulle spiagge dell’Asia meridionale subiscono gravi violazioni dei propri diritti.

Navi da crociera a Venezia © Marco Secchi / Stringer

Azzerare le emissioni del trasporto marittimo entro il 2050: un obiettivo ambizioso ma con pochi dettagli

Intanto, a Londra, le Nazioni Unite hanno stabilito nuovi obiettivi per il trasporto marittimo. Non succedeva dal 2011. Il traguardo a lungo termine è quello di far raggiungere all’intero settore le emissioni nette zero entro il 2050. Per il 2030 si prevede una riduzione del 20 per cento rispetto ai livelli del 2008, e a questo si aggiunge un obiettivo intermedio del 70 per cento entro il 2040. Inoltre, il nuovo accordo raggiunto dall’Imo stabilisce che le fonti a basse emissioni dovrebbero fornire almeno il 5 per cento dell’energia utilizzata nel trasporto marittimo entro il 2030.

Per ora, si tratta di un piano con pochi dettagli. Non viene spiegato come si raggiungeranno questi obiettivi. Alcuni stati membri dell’Imo rappresentanti delle isole del Pacifico – le più colpite dagli impatti del riscaldamento globale – hanno anche sottolineato che, per essere coerenti con l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050, sarebbe stato necessario concordare una riduzione del 36 per cento entro il 2030 e del 96 per cento entro il 2040.

Ci vuole una tassa per le navi più inquinanti

Il trasporto su strada e il settore dell’energia hanno iniziato ad affrontare le proprie impronte di CO2. Il trasporto marittimo continua invece a dipendere pesantemente dai combustibili fossili. Questo anche per la difficoltà di introdurre delle regole uguali per tutti: le imbarcazioni operano spesso in diverse giurisdizioni e trovare delle regole sovranazionali è complicato.

Ma le cose potrebbero cambiare. Intanto perché in Europa è stato proposto, a partire dal 2024, un sistema di tassazione per le navi più inquinanti. Per molti sarebbe necessario estendere questo sistema a tutto il mondo: un gruppo di nazioni del Pacifico guidate dalle Isole Marshall ha sostenuto una tassa sulle emissioni di 100 dollari per tonnellata. La proposta avrebbe potuto generare fino a 100 miliardi di dollari all’anno, da investire in fonti meno inquinanti. In effetti, alcuni colossi del trasporto di merci via nave, come Cma Cgm e Maersk, hanno ordinato nuove flotte a metanolo a basso impatto ambientale.

Non è mai troppo tardi per invertire la rotta, ma finora il processo di decarbonizzazione è stato troppo lento. Il settore deve raggiungere risultati concreti il prima possibile.

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