Glossario della transizione ecologica

Cos’è la CO2 e come ridurla per affrontare il riscaldamento globale

Cos’è la CO2 e perché può influire sul clima? Come si riduce l’anidride carbonica in atmosfera? Tutto quello che c’è da sapere su questo gas.

La nostra atmosfera è un sistema incredibilmente complesso ma anche incredibilmente fragile. In particolare, all’interno dell’atmosfera, gioca un ruolo importante l’equilibrio tra ossigeno (O) e anidride carbonica (CO2): nonostante quest’ultima sia un elemento fondamentale della vita sul pianeta, un aumento eccessivo in atmosfera può condizionare, fino a minacciare, l’esistenza degli esseri viventi.

In questo approfondimento parleremo quindi di CO2 e della sua riduzione, cercando di rispondere a tutte le domande che riguardano questo importantissimo gas.

Cos’è la CO2, l’anidride carbonica?

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Emissioni di una centrale termoelettrica © Veeterzy/Unsplash

La CO2 è un gas più pesante dell’aria, la cui molecola è formata da un atomo di carbonio (C) legato a due atomi di ossigeno (O): è detta anidride carbonica, oppure biossido o diossido di carbonio.

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Tutti gli esseri viventi, respirando, producono anidride carbonica ma l’elevata concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre è frutto in buona parte dell’impiego da parte dell’uomo di combustibili fossili, come il carbone, il petrolio e il gas, formatisi da organismi animali e vegetali fossilizzati e sepolti sotto il suolo.

Perché elevate concentrazioni di anidride carbonica possono influire sull’equilibrio climatico del pianeta?

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Manifestazione per il clima © Callum Shaw

L’anidride carbonica è come un filtro a senso unico: lascia passare l’energia del sole, ma assorbe le radiazioni emesse dalla Terra che hanno una maggiore lunghezza d’onda, creando così una sorta di serra atmosferica intorno al pianeta, il cosiddetto effetto serra.

In condizioni normali, la CO2 non è pericolosa e anzi svolge un ruolo molto utile: se non fosse presente nell’atmosfera, infatti, la temperatura media terrestre sarebbe inferiore di molti gradi rispetto a oggi, rendendo difficile la vita sulla Terra per l’uomo. Ma oggi l’accumulo di anidride carbonica è tale da imprigionare quantità eccessive di calore e da rendere alcune parti del pianeta meno ospitali per specie animali e vegetali. L’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera determina un incremento della temperatura media, causando il riscaldamento globale le cui conseguenze tangibili sono i cambiamenti climatici.

Quali sono le principali fonti di emissioni di gas serra?

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Una miniera di carbone © Sean Gallup/Getty Images

La respirazione di qualunque organismo vivente consuma ossigeno, produce CO2 e la immette in atmosfera, piante comprese (queste ultime però assorbono più CO2 di quella emessa, grazie alla fotosintesi clorofilliana).

Poi ci sono le emissioni causate dalle attività dell’uomo, che hanno aumentato la CO2 in atmosfera di circa il 50 per cento rispetto ai livelli preindustriali, cioè prima del 1850. Per dare un’idea di grandezza, le emissioni prodotte nel decennio 2010-2019 si sono attestate su una media di 56 miliardi di tonnellate all’anno. Agli attuali tassi di emissione (sei tonnellate e mezzo per persona all’anno, in media) prima del 2030 le temperature potrebbero aumentare di più di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, che è il limite a cui aspira l’Accordo di Parigi, sottoscritto da 195 stati, Italia compresa.

La maggior parte dell’anidride carbonica immessa in atmosfera – come spieghiamo nell’approfondimento dedicato ai cambiamenti climatici – a causa delle attività umane deriva dalla combustione di carbone, petrolio e gas naturale. Nel 2019, secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc, Intergovernmental panel on climate change), il 34 per cento delle emissioni prodotte dall’attività umana erano rappresentate dal settore dell’energia, il 24 per cento da quello dell’industria, il 22 per cento dall’agricoltura, deforestazione e consumo di suolo, il 15 per cento dal settore dei trasporti e il 6 per cento dal comparto dell’edilizia.

La quantità di CO2 in atmosfera si misura in parti per milione (ppm): basti pensare che a inizio secolo la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera era di circa 290 ppm (parti per milione), oggi è di circa 410-420 ppm e si pensa che nel 2050 possa raggiungere le 550-630 ppm se non si prenderanno dei provvedimenti rivolti alla sua diminuzione.

Come si riducono le emissioni di CO2?

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Una colonnina di ricarica per auto elettriche © Sean Gallup/Getty Images

Vi sono diversi modi per ridurre le emissioni di CO2. Attualmente, la transizione ecologica, ovvero quel processo di trasformazione delle nostre economie all’insegna della sostenibilità ambientale, si sta concentrando principalmente su questi obiettivi:

  • Sostituire le fonti fossili di energia con fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico e altro), a beneficio della domanda energetica e dell’industria.
  • Rendere la mobilità, e quindi il settore dei trasporti, più sostenibile, con un aumento dei veicoli elettrici e una progressiva riduzione di quelli a motore endotermico alimentati a benzina o diesel. Questa transizione va accompagnata da una sostituzione rapida delle fonti fossili di produzione di energia elettrica, necessaria per alimentarne le batterie, con quelle rinnovabili. Negli ultimi anni anche l’uso di biocarburanti risulta in crescita. Trasporto marittimo e aereo sono due comparti sui quali gli interventi sono al momento più limitati ma diverse sono le strategie per renderli più sostenibili in termini di emissioni, soprattutto attraverso l’uso di carburanti alternativi.
  • Nel campo dell’agricoltura, gli sforzi sono concentrati verso la razionalizzazione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti. Laddove questi ultimi risultano necessari, si può optare per quelli a minore impatto carbonico, prodotti utilizzando energie rinnovabili. Nelle serre è stata sperimentata anche la concimazione carbonica, sfruttando la CO2 recuperata da alcune attività industriali. L’aumento dell’efficienza complessiva e il recupero di energia e sostanze nutritive sono strategie chiave per ridurre l’intensità delle emissioni dei sistemi di allevamento.
  • Poi c’è l’efficientamento degli edifici, ovvero il miglioramento delle loro prestazioni energetiche.

Cos’è la carbon neutrality

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Pale eoliche © Arteum.ro/Unsplash

Si raggiunge la carbon neutrality, secondo la definizione dell’Ipcc, quando i gas serra emessi dall’uomo sono pari a quelli rimossi dall’atmosfera in un certo periodo di tempo. La carbon neutrality si ottiene sia mediante azioni di riduzione delle emissioni di CO2, sia mediante azioni di compensazione, per esempio mediante riforestazione. Per questo si parla anche di net zero, o azzeramento delle emissioni nette. ​​Ogni paese, città, istituto finanziario e azienda deve adottare piani per azzerare le emissioni nette entro il 2050.

Da un lato quindi ci sono le varie attività umane, ciascuna delle quali ha una carbon footprint, cioè una quantità di emissioni di gas serra che le è associata direttamente o indirettamente. I gas serra però sono tanti: oltre all’anidride carbonica o CO2 ci sono anche il metano, il protossido di azoto e i gas fluorurati, e ciascuno di essi ha una certa influenza sul clima che dipende dalla sua concentrazione, dalla sua permanenza in atmosfera e dal suo potenziale di riscaldamento globale (Global warming potential, Gwp). Per conteggiare la carbon footprint i gas serra vengono equiparati alla CO2 e misurati quindi in tonnellate di CO2 equivalente.

Cos’è la cattura della CO2 dall’atmosfera

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Sono necessarie azioni per ridurre la CO2 in atmosfera © Etienne Girardet/Unsplash

La cattura dell’anidride carbonica (carbon capture) è un processo che consente di recuperare la CO2 per poterla poi valorizzare in vari modi oppure sequestrarla per evitare che venga emessa in atmosfera. La cattura della CO2 può avvenire direttamente dall’aria, oppure ripulendo le emissioni delle attività industriali. La CO2 può essere utilizzata nei processi dell’industria del beverage per le bevande gassate, per l’industria della refrigerazione, oppure per produrre carburanti, fertilizzanti azotati (come l’urea), per la concimazione carbonica nelle serre, per prodotti chimici in generale e per produrre materiali da costruzione.

Lo stoccaggio del carbonio è invece un processo di “confinamento geologico” della molecola per immagazzinarla nel sottosuolo. Tecnicamente, la CO2 viene transitoriamente stoccata in forma liquida, in modo da ridurne il volume, e poi iniettata nel sottosuolo o sotto il fondale marino, sfruttando giacimenti esausti di idrocarburi.

Per esempio, il Netl (National energy technology laboratory, laboratorio di ricerca applicata sotto il dipartimento di energia statunitense) ha elencato cinque tipologie di depositi sotterranei che possono essere utilizzati per tale scopo, perché caratterizzati da spessi strati di materiali impermeabili che contribuiscono a impedire al gas di fuoriuscire.

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