Investimenti sostenibili

Climate Action 100+, le aziende più inquinanti hanno il fiato sul collo

Gestire 30mila miliardi di dollari dà un certo potere contrattuale. Ecco cosa succede quando lo si usa per per convincere le aziende a cambiare in meglio.

Magari il presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrà credere che i cambiamenti climatici siano una bufala, ma chi gestisce miliardi e miliardi di dollari fortunatamente si è fatto un’opinione un po’ diversa. E sta iniziando a dimostrarlo con i fatti. È il messaggio forte e chiaro trasmesso dalla campagna Climate Action 100+, che riunisce un gruppo di investitori che, messi insieme, hanno in mano 30mila miliardi di dollari. E usano questo discreto potere contrattuale per convincere le aziende ad agire per il clima, e farlo subito.

Come nasce Climate Action 100+ e a che punto è

Climate Action 100+ nasce all’indomani del One Planet Summit, organizzato nella capitale transalpina dal presidente francese Emmanuel Macron, insieme alle Nazioni Unite e alla Banca Mondiale, nel secondo anniversario della firma dello storico Accordo di Parigi sul clima. Ormai l’alleanza conta 280 investitori, per un totale di 30mila miliardi di dollari di asset gestiti. Tra di loro ci sono anche colossi del calibro di HSBC Global Asset Management (che da solo, stando ai dati dello scorso settembre, gestisce più di 460 miliardi di dollari) e Legal & General Group (che supera i mille miliardi di dollari).

Il loro scopo? Convincere le cento aziende più inquinanti del Pianeta a cambiare radicalmente il proprio modo di lavorare, allineandosi agli impegni presi con l’Accordo di Parigi. Perché dovrebbero essere ascoltate? Perché le quote di queste aziende sono nei loro portafogli. Il destino delle imprese che chiudono gli occhi di fronte alle sfide del clima, d’altra parte, è stato paventato in maniera nemmeno troppo velata: “Le aziende i cui modelli di business sono coerenti con il piano stabilito a Parigi troveranno capitali con molta più facilità rispetto alle altre”, ha spiegato a Bloomberg Stephanie Maier di HSBC Global Asset Management.

Leggi anche: Climate Action 100+, ultima chiamata per le cento aziende più inquinanti

Tutti i modi per convincere le aziende a cambiare

Il gruppo di investitori si è riunito la scorsa settimana a Bonn, in Germania, per discutere dei prossimi passi. Uno dei loro obiettivi principali è quello di convincere le aziende a spiegare, pubblicamente e scendendo nei dettagli, come pensano di adeguarsi alle normative sempre più severe in materia di clima. Ci sono diversi modi concreti per fare pressione, ricorda l’articolo di Bloomberg. A volte gli investitori incontrano il management delle aziende, altre volte arrivano a votare contro l’assegnazione o il rinnovo dell’incarico a chi non crede nella sfida del clima. O ancora, disinvestono i loro capitali dalle fonti fossili, oppure presentano delle risoluzioni alle assemblee annuali degli azionisti.

Rio Tinto assemblea azionisti
L’assemblea degli azionisti di Rio Tinto, che è tra le cento grandi aziende a cui si rivolge la campagna Climate Action 100+ © Scott Barbour/Getty Images

Le piccole grandi vittorie alle assemblee degli azionisti

Proprio le assemblee, campo di battaglia degli azionisti critici, si stanno facendo sempre più vivaci e partecipate. Se nella stragrande maggioranza dei casi gli interventi degli azionisti attivi servono fondamentalmente per segnalare problemi e incongruenze, guadagnando l’attenzione da parte della stampa, non mancano alcune vere e proprie sorprese. Com’è successo lo scorso 9 maggio all’assemblea di Kinder Morgan, una delle più grandi società di infrastrutture energetiche del Nord America, la stessa del mega-oleodotto approvato dal presidente canadese Justin Trudeau. Come riporta la coalizione di investitori responsabili Ceres, sono ben due le risoluzioni che hanno ricevuto uno storico “”.

La prima chiede all’azienda di fare una proiezione per valutare se (e come) il suo modello di business possa reggere a un aumento delle temperature medie globali pari a due gradi centigradi. È qualcosa di molto simile a quanto è stato ottenuto lo scorso anno all’assemblea degli azionisti di ExxonMobil. La seconda conquista, invece, sta nel fatto che Kinder Morgan d’ora in poi pubblicherà ogni anno un report di sostenibilità relativo alle tematiche ambientali, sociali e di governance (Esg).

Sono tanti piccoli passi, ma fino a pochi anni fa sarebbero sembrati irraggiungibili. Ora, servono da segnale e da monito, per dimostrare che ogni azienda (grande o piccola, visionaria o scettica) dovrà affrontare le sfide imposte dal Pianeta.

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