Glossario della transizione ecologica

Cosa sono i Distretti circolari verdi

Tra le tecnologie dei Distretti circolari verdi ci sono il recupero di plastiche non riciclabili e la chimica verde per la produzione di idrogeno circolare.

Il mondo è pieno di rifiuti: secondo l’ultimo rapporto della Banca mondiale What a waste 2.0: a global snapshot of solid waste management to 2050, se non si agisce per frenare il fenomeno, entro il 2050 la quantità di rifiuti urbani prodotti aumenterà dai 2,01 miliardi di tonnellate del 2016 a 3,14 miliardi. Un incremento del 70 per cento dovuto, sempre secondo il rapporto, a una costante crescita demografica ed economica.

I paesi ad alto reddito sono responsabili del 34 per cento dei rifiuti generati nel mondo e riescono ad avviarne a riciclo il 31 per cento. I paesi a basso reddito, invece, riescono a riciclare soltanto il 4 per cento dei rifiuti, mentre più del 90 per cento finisce in discarica oppure bruciato.

C’è da dire che negli ultimi anni si sono sviluppate nuove tecnologie per rendere più sostenibile la nostra economia attraverso il riciclo dei rifiuti. Questi infatti possono diventare una risorsa per produrre nuovi beni a basso impatto di CO2: è l’idea alla base del cosiddetto modello dei Distretti circolari verdi.

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Un magazzino con rifiuti plastici da avviare al riciclo nell’impianto MyReplast Industries di Bedizzole, in provincia di Brescia  © NextChem

Cosa sono i Distretti circolari verdi

Per Distretto circolare verde si intende una piattaforma tecnologica e industriale che integra diverse tecnologie di chimica verde ed economia circolare. Il modello contribuisce alla riconversione di siti industriali tradizionali, che utilizzano fonti fossili, in nuovi e più funzionali processi di produzione di prodotti chimici a basse emissioni. L’obiettivo è quello di produrre, attraverso il recupero dei rifiuti, polimeri riciclati insieme a prodotti chimici a basso contenuto di carbonio che possono essere utilizzati in varie catene industriali.

D’altro canto, incrementare il tasso di riciclo significa ridurre il ricorso all’incenerimento e allo smaltimento in discarica. Il concetto di Distretti circolari verdi va quindi di pari passo con quello di economia circolare: per raggiungere gli obiettivi climatici prefissati è indispensabile preservare le risorse del pianeta ed evitare di generare rifiuti difficili da smaltire.

Quali tecnologie per i Distretti circolari verdi

Le tecnologie impiegate rispondono agli obiettivi di decarbonizzazione e vertono principalmente intorno al riciclo dei rifiuti plastici e degli scarti plastici e secchi non riciclabili. Infatti, ogni anno in Europa si producono circa 25,8 milioni di tonnellate di plastica, ma soltanto il 30 per cento viene raccolto e avviato al riciclo, senza contare che Ispra parla di un 15 per cento dei rifiuti indifferenziati costituito da plastica.

I rifiuti plastici che sfuggono alla raccolta differenziata e al riciclo finiscono spesso per essere inceneriti, ma non mancano episodi di abbandono (littering) e smaltimento illegale nell’ambiente. La quantità che finisce nei fiumi e nei laghi e da questi in mare è purtroppo enorme, come dimostrano le concentrazioni di microplastiche nelle acque.

Per fortuna esistono soluzioni che prevengono simili problemi. NextChem, azienda specializzata in tecnologie per la transizione energetica, ha sviluppato una piattaforma integrata che include processi di chimica verde, l’upcycling, ovvero il riciclo meccanico di qualità di rifiuti plastici, il riciclo chimico di scarti plastici e rifiuti secchi e la produzione di idrogeno verde da energie rinnovabili via elettrolisi.

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Upcycling

Come funzionano, nella pratica, i Distretti circolari verdi? Tipicamente, il processo avviato è in grado di rivalorizzare i rifiuti plastici: parliamo sia di quelli riciclabili sia di quelli destinati alla discarica o all’incenerimento. Una parte può essere riciclata meccanicamente: la già citata NextChem, per esempio, usa una tecnologia proprietaria che si chiama MyReplast Upcycling, al fine di ricavare nuovi polimeri riciclati di alta qualità.

Il processo include una fase di accurata selezione per polimero e per colore e di riduzione volumetrica (si parla di frantumazione in scaglie a partire da rifiuti plastici di grandi dimensioni) e di trasformazione delle scaglie in granuli (palline) di un determinato colore e con determinate caratteristiche fisiche.

L’upcycling dà ai rifiuti plastici una seconda vita come materie prime secondarie; i prodotti finali sono in grado di colmare il divario esistente a livello di qualità tra plastica riciclata e plastica vergine. I polimeri riciclati vengono utilizzati per realizzare nuovi oggetti in plastica (come arredi, imballaggi rigidi e componentistica per auto) che, una volta finito il loro ciclo di vita utile, diventeranno nuovamente rifiuti e potranno essere di nuovo riciclati.

Riciclo chimico (waste to chemicals)

Una soluzione tecnologica per il riciclo chimico (waste to chemicals) consente di ricavare prodotti chimici e carburanti “circolari” da scarti di rifiuti plastici non riciclabili in modo meccanico, quali il cosiddetto Plasmix (lo scarto del processo di selezione degli imballaggi in plastica provenienti dalla raccolta differenziata urbana) e il cosiddetto css (ovvero combustibile solido secondario, una frazione di rifiuti indifferenziati che è stata sottoposta a una selezione qualitativa).

I rifiuti plastici non riciclabili possono essere convertiti chimicamente recuperando il carbonio e l’idrogeno in essi contenuti, mediante un processo che si chiama “ossidazione parziale”. Quest’ultimo, senza creare combustione, consente di ottenere gas (nel caso di NextChem viene chiamato gas circolare) che serve per generare nuovi prodotti chimici, come idrogeno circolare e ammoniaca, e carburanti low carbon, tra cui metanolo circolare ed etanolo circolare, fondamentali per l’industria e la mobilità sostenibile.

Idrogeno circolare

Come abbiamo detto, dal riciclo chimico si può ottenere anche idrogeno circolare. L’idrogeno circolare, insieme a quello “verde” prodotto da elettrolisi e fonti rinnovabili, può essere utilizzato come combustibile industriale e per la mobilità pubblica.

L’economia del futuro punta molto sull’idrogeno: a luglio 2020 la Commissione europea ha lanciato la Strategia europea sull’idrogeno, nella quale riserva al vettore energetico una posizione di primo piano nel percorso comunitario di transizione energetica. Non solo: l’idrogeno è destinato ad alimentare anche una parte sempre più consistente dei mezzi di trasporto pubblici e privati.

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Come funziona la tecnologia di conversione chimica © Nextchem

I benefici per l’ambiente dei Distretti circolari verdi

Un primo e consistente beneficio di queste tecnologie è riscontrabile nel comparto industriale: sostituire le fonti fossili nei processi produttivi (come il gas naturale o l’idrogeno da metano) con il gas o idrogeno circolari, che hanno un impatto nettamente inferiore, contribuisce notevolmente alla riduzione delle emissioni di CO2 dei siti industriali.

Anche nel settore dei trasporti, l’impronta di CO2 può essere ridotta grazie a carburanti circolari come il metanolo, l’etanolo, l’ammoniaca prodotti da conversione dei rifiuti e classificati “recycled carbon fuels”, inclusi nella normativa europea sulle rinnovabili, e in parte come “advanced”.

Oltre ai benefici ambientali, il modello di Distretto circolare verde rivitalizza l’economia locale, creando nuovo indotto e nuove filiere legate alla sinergia con altre industrie e con la mobilità.

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Processo di riciclo delle plastiche © NextChem

I progetti in Italia

I progetti attualmente allo studio per realizzare il modello dei Distretti circolari verdi riguardano impianti immediatamente realizzabili di chimica verde funzionali alla transizione energetica. L’obiettivo è quello di ottenere prodotti chimici “circolari” attraverso la conversione di rifiuti che non sarebbero riciclabili per via meccanica. Questi prodotti chimici potrebbero tornare utili nelle filiere industriali, nel settore dei combustibili e dei carburanti low carbon o, ancora, per la produzione di nuovi materiali plastici. Questo è il principio alla base dei vari Distretti circolari verdi ora in fase di progettazione: sono dislocati da nord a sud dell’Italia, con diversi tagli di capacità e mix di output di prodotto, tra cui l’idrogeno circolare, il metanolo circolare, l’etanolo circolare e il gas circolare.

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