Colombia, gli ippopotami della cocaina sono sempre più numerosi (e non è un bene)

Il numero di ippopotami della cocaina, secondo l’ultimo censimento, è di gran lunga maggiore di quanto ipotizzato e con esso i rischi per l’ecosistema.

  • Un nuovo censimento ha rivelato che sono circa duecento gli ippopotami della cocaina in Colombia.
  • I danni ambientali che possono provocare sono moltissimi.
  • Alcune soluzioni per riuscire, forse, a fermarli.

Tornano a far parlare di sé gli ippopotami della cocaina, i “cocaine hippo” noti anche come gli ippopotami di Pablo Escobar, la più grande specie invasiva del mondo. Tra il 2020 e il 2021 potevano essere circa 98 gli ippopotami che vivevano lungo il fiume Magdalena e affluenti, un numero ancora controllabile. Oggi però, a seguito di una campagna di censimento più precisa, utilizzando anche i droni, si è scoperto che sono circa duecento. A farne le spese sono gli ecosistemi, le piante e gli animali della Colombia.

ippopotamo
Una popolazione nata da tre femmine e un maschio importati da Escobar ©Pixabay

La storia degli ippopotami della cocaina

Per chi non li conoscesse e si chiede cosa c’entri Pablo Escobar con questa storia, facciamo un passo indietro. Questi ippopotami (Hippopotamus amphibius) della Colombia sono tutti discendenti di tre femmine e un maschio, importati illegalmente dal leader del cartello della droga Pablo Escobar. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1993, gli ippopotami fuggirono dalla sua tenuta e si stabilirono lungo il fiume Magdalena. Ovviamente, senza predatori naturali o la siccità africana, trovarono terreno fertile per riprodursi e nel corso di qualche decina di anni sono diventati la più grande popolazione di ippopotami al di fuori dell’Africa.

gruppo ippopotami
Sono circa duecento gli ippopotami della cocaina in Colombia ©Christophe B./Pexels

I danni ambientali degli ippopotami della cocaina

I ricercatori durante i campionamenti hanno documentato anche la mole di danni che questi enormi animali stanno provocando all’ecosistema colombiano. Spostando le loro tre tonnellate lungo il fiume stanno erodendo le rive e scavando sentieri fangosi che dividono la foresta. Inoltre, sono in competizione con molti altri animali come, tra i più minacciati, il lamantino indiano occidentale (Trichechus manatus), la lontra Neotropicale (Lontra longicaudis) e il capibara (Hydrochoerus hydrochaeris). Ovviamente non mancano i conflitti e gli incidenti con l’uomo, e secondo l’ecologista Rafael Moreno: “Lo studio ha dimostrato che questo è un problema reale, e lo stato deve agire urgentemente.”

Il contrasto alla proliferazione degli ippopotami

Il contrasto alla diffusione incontrollata degli ippopotami è iniziata fin da subito, tant’è che nel 2009 è stato abbattuto un maschio aggressivo. Però, una foto dei soldati in posa con il cadavere ha destato non poca indignazione fermando le azioni di contenimento. A questo va aggiunta anche la protesta di molte comunità che si sostengono grazie al turismo che questi animali hanno portato. Una strategia, attualmente in fase di sperimentazione, è quella di somministrare contraccettivi agli animali con dei dardi. Questo metodo impedirebbe la loro riproduzione, ma è una strategia lenta, costosa e mai testata su tale scala. Prima dei dati del censimento, si stimava che ci sarebbero voluti circa 45 anni per arrestare il proliferarsi di questa specie, con un costo attorno agli 850mila dollari. Nel frattempo, l’agenzia regionale incaricata di occuparsi degli ippopotami è a corto di fondi e si affida alle donazioni di contraccettivi dagli Stati Uniti.

Molti ricercatori sostengono l’abbattimento degli animali. Dicendo che è la soluzione più rapida, più efficace e che risolverebbe il problema prima che diventi impossibile da risolvere. Il costo di uccidere gli ippopotami deve essere pesato con quello di perdere la flora e la fauna autoctona della Colombia, il secondo paese più ricco di biodiversità al mondo. Abbattere gli ippopotami è una decisione molto pesante da prendere, ma rimanere a guardare potrebbe avere conseguenze peggiori per la sopravvivenza della biodiversità colombiana.

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