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Gli ippopotami di Pablo Escobar sono un serio problema per l’ecosistema colombiano, ma forse si è trovata la soluzione.
In Colombia c’è un problema con gli ippopotami. Sembra assurdo che questa specie africana possa essere un problema dall’altra parte del mondo. Eppure, per colpa di Pablo Escobar, uno dei più famigerati narcotrafficanti colombiani, gli ippopotami sono diventati una seria minaccia per l’ecosistema.
All’inizio di quest’anno, uno studio pubblicato sulla rivista Biological conservation, ha proposto di abbattere gli ippopotami, per controllare la roro pericolosa espansione. Al contrario però, il governo regionale ha intrapreso la via della sterilizzazione, anche se di difficilissima attuazione.
Nel mezzo di questa diatriba, negli Stati Uniti si è avviata una causa legale contro il governo colombiano, portata avanti dagli avvocati della Animal legal defense fund. Nella causa è stato richiesto al tribunale distrettuale degli Stati Uniti di Cincinnati, di riconoscere lo status di “persone interessate” agli ippopotami. In questo modo gli ippopotami avrebbero dei diritti pari alle persone, così da poter intervenire per garantire loro, ad esempio, una sterilizzazione sicura. Il 15 ottobre il giudice ha accolto la richiesta, gli ippopotami possono essere riconosciuti come persone giuridiche. Ma la festa non ha fatto neanche in tempo a cominciare. La sentenza statunitense, non ha alcun valore sul territorio colombiano, quindi sarà esclusivamente il governo della Colombia ad occuparsi degli ippopotami.
Facciamo un passo indietro. Cosa ci fanno degli ippopotami in Colombia? Durante gli anni ottanta, Pablo Escobar, il re del traffico della cocaina, non dava freno alle sue manie di grandezza. Nella sua tenuta di circa tre mila ettari, chiamata “Hacienda Napoles“, oggi un parco a tema, aveva trasportato illegalmente dall’Africa rinoceronti, elefanti, giraffe e, i famosi ippopotami. Non solo, all’interno dell’area si contavano più di 1.500 specie di animali. Dopo la sua morte nel 1993, molti di questi animali furono trasferiti in santuari più sicuri e protetti, tutti, tranne gli ippopotami. Gli ippopotami, oggi soprannominati gli “ippopotami della cocaina”, non furono trasferiti, anche a causa degli elevati costi e dei problemi logistici legati al loro trasporto, ma vennero lasciati liberi nella tenuta. Senza nessun predatore e con un territorio ricchissimo di risorse, si sono riprodotti e, da quattro esemplari iniziali, oggi se ne contano più di ottanta.
Tuttavia, essendo una specie aliena, i danni che sta causando sono incontrollabili. Gli scienziati ritengono che potrebbero distruggere l’ecosistema locale facendo scomparire le specie autoctone, già in via di estinzione, inoltre, potrebbero anche alterare la composizione chimica dei corsi d’acqua, il che metterebbe così in pericolo la pesca, fondamentale per le comunità. Le stime parlano chiaro, in mancanza di misure drastiche, il loro numero potrebbe arrivare a quota 1.500 entro il 2035.
Anche se per molti la soluzione più semplice è quella dell’abbattimento, il governo colombiano ha optato per la sterilizzazione che però si è rivelata molto difficile, a causa delle difficoltà nel catturarli e gli elevati costi dell’intervento chirurgico. Fino a poco tempo fa solamente 11 individui erano stati sterilizzati. Nei giorni scorsi invece, Cornare, l’agenzia regionale per l’ambiente colombiana, ha dichiarato di aver sperimentato con successo un nuovo metodo di sterilizzazione su 24 individui, ovvero, l’inoculazione del contraccettivo GonaCon, con dei dardi.
Questo faciliterebbe così la sterilizzazione degli ippopotami della cocaina, ormai persone giuridiche a tutti gli effetti, e il problema ecologico si potrebbe risolvere.
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