Che cos’è la teoria complottista della “sostituzione etnica”?

Il ministro Lollobrigida ha tirato in ballo il complotto della sostituzione etnica, come in passato fatto da Salvini e Meloni. Vediamo di cosa si tratta.

  • Secondo il ministro Lollobrigida la denatalità e l’immigrazione rischiano di portare a una sostituzione etnica.
  • La teoria della sostituzione etnica è un complotto privo di basi scientifiche nato da alcuni scritti del Novecento.
  • Il terrorismo suprematista bianco si è impossessato di questa teoria, così come la politica di estrema destra.

Qualche giorno fa Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, ha tirato in ballo la teoria del complotto della sostituzione etnica, o grande sostituzione. “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica. Gli italiani fanno meno figli e li sostituiamo con qualcun altro: non è quella la strada”, ha detto alla platea del congresso del sindacato Confederazione italiana sindacati autonomi lavoratori (CISAL).

Francesco Lollobrigida
Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida © Riccardo Fabi/NurPhoto via Getty Images

Lollobrigida non si è inventato nulla di nuovo, l’argomento da qualche anno va per la maggiore tra gli ambienti dell’estrema destra e del populismo internazionale ma in realtà ha origini ben più lontane. E non ha niente a che fare con la scienza.

Le origini del complotto della sostituzione etnica

Quando si parla di sostituzione etnica, o di grande sostituzione, si fa riferimento a un grande complotto transnazionale contro la popolazione bianca del mondo. Essa sarebbe sotto attacco da parte di nuove orde di migranti, spostate come marionette dai cosiddetti “poteri forti” ( vedi il piano Kalergi) per arrivare, appunto, a una grande sostituzione demografica. Ma nel calderone, in una chiave intersezionale, ci è finito di tutto: l’omosessualità, l’aborto, il femminismo, tutti elementi che secondo i complottisti contribuirebbero alla distruzione della società occidentale.

La bibbia per i teorici della sostituzione etnica è Il campo dei santi, un libro scritto dal francese Jean Raspail nel 1973. Un romanzo fantapolitico, dove una folla di indiani descritta come totalmente disumanizzata e mossa da impulsi selvaggi parte in direzione della Francia in una sorta di conquista che porterà all’annientamento della popolazione europea e dei suoi valori morali e civili. Se all’inizio il testo restò di nicchia ed ebbe una tiratura limitata, a partire dagli anni Ottanta è entrato nei circuiti dell’estrema destra francese e ne ha varcato i confini, ottenendo traduzioni un po’ in tutto il mondo e vendendo decine di migliaia di copie.

Il suo successo si è amplificato nel nuovo millennio e nel 2011 è uscito un nuovo libro divenuto presto un pilastro sul tema, Le Grand Remplacement, di Renaud Camus. Non più un romanzo, ma un vero e proprio saggio che ha dato la sostituzione etnica come un fatto incontrovertibile e già in atto, con gli immigrati di diverse generazioni in Francia descritti come colonizzatori e un paragone tra la cancellazione dell’etnia “pura” francese bianca e il genocidio degli ebrei.

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Una bandiera americana con il simbolo di QAnon, culto cospirazionista made in Usa © Stephen Maturen/Getty Images

Queste teorie non sono nate dal nulla, ma hanno tratto la loro linfa da scritti del primo Novecento, come Separation or Mongrelization: Take Your Choice del senatore democratico americano Theodore Bilbo, uscito nel 1947 e focalizzato su un rischio di sopravvivenza per la “razza bianca caucasica” a causa degli incroci con altre “razze dovute all’immigrazione africana”. La soluzione? “Rimandarli a casa loro”. Ma degni di nota sono stati anche i pamphlet di Maurice Barrès e Charles Maurras, che già a inizio secolo scorso teorizzavano il “nazionalismo etnico”.

Quel che è certo, però, è che tutte queste elucubrazioni non hanno mai avuto una base scientifica. E se all’inizio questo non è stato più di tanto un problema, data la loro minima diffusione, le cose sono cambiate nell’ultimo decennio, quando hanno assunto un ruolo di primo piano nella violenza estremista e nella politica di tutto il mondo.

Stragi suprematiste e grande sostituzione

Che la diffusione del complotto della sostituzione etnica stesse diventando un problema ce ne si è accorti il 22 luglio 2011. Quel giorno Anders Breivik compì una serie di attentati in Norvegia, causando la morte di 77 persone, in quella che definì un atto di guerra al multiculturalismo. Nel suo scritto “2083 – Una dichiarazione europea d’indipendenza”, Breivik delirava su una presunta e imminente islamizzazione dell’Europa, che avrebbe cancellato le sue radici cristiane oltre che l’etnia caucasica. Uno scontro di civiltà che, a suo dire, necessitava di una rivoluzione conservatrice contro le leve socialiste del Vecchio continente, come quelle riunite sull’isola di Utøya proprio quel 22 luglio, così da fermare il disegno di grande sostituzione in corso.

Lo schema si è ripetuto in molte altre stragi del terrorismo suprematista bianco degli ultimi anni. Nel 2018 Robert D. Bowers ha aperto il fuoco in una sinagoga di Pittsburgh, in Pennsylvania, causando 11 morti. In alcuni post precedenti all’attentato, Bowers diceva di non poter stare fermo di fronte all’invasione di migranti che stava uccidendo il “nostro popolo” e che era in atto un vero e proprio “genocidio dei bianchi”. Motivazioni simili sono state trovate nei post di altri attentatori, come John Earnest, che ha assaltato una sinagoga di San Diego nel 2019. O di Patrick Crusius, che nello stesso anno uccise 23 persone in un centro commerciale di El Paso denunciando un’invasione ispanica del Texas e il solito “genocidio dei bianchi”.

Brenton Tarrant
Brenton Tarrant, lo stragista di Christchurch e seguace della teoria della sostituzione etnica © Mark Mitchell-Pool/Getty Images

Per trovare il riferimento più diretto ed evidente alla “grande sostituzione” bisogna però spostarsi in Nuova Zelanda. Il 15 marzo 2019 a Christchurch il 28enne Brenton Tarrant accese la telecamera fissata in testa, avviò una diretta streaming sui suoi canali social e sferrò un attacco armato prima in una moschea, poi in un centro islamico, causando 51 morti. Le ragioni del suo attacco stavano in un suo manifesto intitolato proprio La grande sostituzione, dove parlava di un genocidio etnico e culturale in corso contro i bianchi cristiani e della necessità di imbracciare le armi come soldati per combattere una guerra necessaria.

Tra i riferimenti presenti nel testo c’era anche Luca Traini, l’atttentatore ex candidato della Lega che il 3 febbraio 2018 ha girato per la città di Macerata sparando contro qualunque non bianco gli capitasse sotto tiro.

L’uso politico della “sostituzione etnica”

Negli Stati Uniti, Donald Trump ha fatto della teoria della grande sostituzione il pane quotidiano della sua propaganda politica prima, durante e dopo la sua presidenza e secondo un sondaggio sei suoi elettori su dieci condividono le idee alla sua base. Anche i media vicini a Trump nel tempo hanno picchiato duro sul tema: Tucker Carlson, conduttore do Fox News, ha usato la formula “sostituzione etnica” almeno 400 volte durante le sue trasmissioni.

Nel 2017, durante la manifestazione suprematista bianca Unite the right, a Charlottesville, la gente intonava lo slogan “non ci sostituirete”. E dall’ex ideologo di Donald Trump, Steve Bannon, a parlamentari di spicco come l’ex speaker della Camera Newt Gingrich, sono stati in molti a livello politico negli Usa a cavalcare il tema della sostituzione etnica.

In Europa, chi più di tutti ha parlato in questi anni di grande sostituzione trasformandola in una vera e propria ideologia di governo è stato il leader politico preso a modello dall’estremismo di destra del Vecchio continente, compreso quello nostrano ora al governo: il premier ungherese Viktor Orbán. Il suo è stato un riferimento continuo, forse superiore a quello fatto da Donald Trump, soprattutto perché accompagnato da politiche concrete xenofobe, omofobe e antiabortiste, giustificate dalla necessità di preservare il popolo ungherese da moti sostitutori esterni.

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Un manifesto contro la teoria della sostituzione etnica veicolata dall’estrema destra francese © Sam Tarling/Getty Images

In Francia è stato soprattutto il candidato di estrema destra alle presidenziali del 2022, Éric Zemmour, a sbraitare nei suoi comizi sulla minaccia in corso contro l’Occidente bianco, ma anche la candidata Marion Le Pen ha strizzato l’occhio, citando direttamente il libro Il campo dei santi. E per inseguire l’elettorato più estremo, anche la candidata repubblicana Valérie Pécresse ha finito per tirare in ballo il medesimo complotto. Di grande sostituzione hanno parlato anche partiti reazionari e di estrema destra in Olanda o in Germania. E poi c’è l’Italia.

La teoria della sostituzione etnica in Italia

Matteo Salvini negli anni è stato uno dei politici che più ha fatto riferimento alla teoria del complotto della grande sostituzione. Nel 2015 il leader della Lega commentava uno sbarco di migranti a Lampedusa così: “Continua il tentativo di sostituzione etnica”. Nel 2017 diceva che “in Italia è in corso una sostituzione etnica” da parte degli immigrati “nullafacenti e delinquenti”, una visione ripresa in più occasioni da altri membri del suo partito, come il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, che nel 2018 ha parlato di una minaccia in corso per “la nostra razza bianca”. Anche l’attuale premier Giorgia Meloni in passato ha fatto espliciti riferimenti alla teoria: “In Italia prove generali di sostituzione etnica”, twittava nel 2016, per poi ripetere il concetto in altre occasioni.

“In Italia la teoria della sostituzione etnica è entrata attraverso i partiti e movimento neofascisti, che l’hanno ripresa dagli omologhi francesi all’inizio degli anni Dieci”, spiega Leonardo Bianchi, giornalista e autore della newsletter e del libro Complotti!. “Quando la Lega ha stretto alleanza con CasaPound non si è trattato solo di un patto elettorale ma anche ideologico, nel senso che il partito neofascista fungeva da serbatoio di idee. Da qui Salvini ha tirato fuori, tra le altre cose, proprio la teoria della grande sostituzione”. Un’espressione nuova nel dibattito pubblico, gettata nel calderone della propaganda per vedere cosa succedeva. “All’epoca in Italia non si era mai sentita questa teoria. Era un dog whistle, quelle espressioni nate nei circuiti dell’estrema destra ma che si distaccano dal fascismo e nazismo storico e quindi non sono riconoscibili come tali”, continua Bianchi. “Formule utili a livello politico quando è in corso la radicalizzazione di un partito istituzionale e mainstream”.

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Una manifestazione complottista durante la pandemia Covid-19 © Hollie Adams/Getty Images

Quando il ministro Francesco Lollobrigida è tornato sul tema nei giorni scorsi, parlando del rischio di una grande sostituzione in Italia per effetto della denatalità, non ci si è stupiti più di tanto. In fin dei conti ha ripetuto quanto già sentito in più occasioni dai suoi compagni di governo. Che però, a sorpresa, hanno condannato le sue esternazioni. “Quello che è cambiato rispetto a prima sono state le stragi compiute da terroristi di estrema destra, che avevano al centro del loro universo ideologico proprio la teoria della sostituzione etnica”, sottolinea Bianchi. “Si è iniziato a parlare maggiormente di questa teoria e adesso è diventato un termine non accettabile. È cambiato il contesto generale”. Sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri, nella sezione “pregiudizi antisemiti”, si legge che “la teoria della sostituzione è un mito neonazista”. Dal governo hanno allora provato a mettere una toppa alle dichiarazioni di Lollobrigida, ma la realtà è che le teorie del complotto fanno fatica ad andarsene. 

“Partiti come Lega e Fratelli d’Italia usano queste teorie con estrema disinvoltura da parecchi anni. In Italia, così come nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, teorie come quella della sostituzione etnica sono ormai state completamente normalizzate e sdoganate”, conclude Bianchi. “Per quanto la componente complottista non sia predominante nella politica italiana, essa è presente e non se ne andrà via facilmente”.

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