Panama Papers. I file che portano nei paradisi fiscali dei potenti del mondo

Una storica inchiesta giornalistica ha svelato i Panama Papers: file che rivelano un’immensa rete di paradisi fiscali al servizio di vip e potenti.

L’apertura del gigantesco archivio di file battezzati Panama Papers, provenienti dallo studio legale Mossack Fonseca di Panama, ha permesso di scoprire un sistema di sfruttamento planetario dei paradisi fiscali. Centosette redazioni di giornali internazionali hanno studiato per nove mesi ben 11,5 milioni di dossier che erano conservati presso lo studio di avvocati fondato nel 1977 dal tedesco Jurgen Mossack e dal panamense Ramon Fonseca, specializzati nella domiciliazione di società offshore.

I Panama Papers  tracciano l’intera attività della struttura, fino alla fine del 2015. I documenti sono stati pubblicati dopo che lo stesso studio legale ha inviato, il 1 aprile, un’email ai propri clienti, confermando la fuga di dati. Infuriato, Fonseca ha denunciato quello che ha definito “un crimine, un delitto” e “un attacco contro Panama”.

1.500 volte più grande di WikiLeaks

La storia dell’inchiesta giornalistica prende il via più di un anno fa, quando una fonte in possesso di documenti criptati dell’avvocato contatta il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung. La redazione del giornale si rende conto che il lavoro è immenso, e perciò decide di coinvolgere l’International Consortium of Investigative Journalists (Consorzio Internazionale dei Giornalisti d’Inchiesta), la stessa organizzazione senza scopo di lucro che aveva pubblicato nel 2013 gli “Offshore Leaks”.

Da qui è nata una rete di cooperazione globale che ha permesso di analizzare la gigantesca mole di file. Le Monde, tra i quotidiani che hanno partecipato all’inchiesta, ha spiegato che “complessivamente parliamo di 2,6 terabyte di dati che sono stati studiati da 370 giornalisti in Francia, India, Germania, Svizzera, Russia, Stati Uniti, Brasile, Giappone”. Qualcosa come 1.500 volte WikiLeaks.

Citati dodici capi di Stato e di governo

E il risultato è straordinario: quella che viene definita “la più grande fuga di dati della storia del giornalismo” coinvolge migliaia di persone in tutto il mondo. Tra queste, precisa Le Monde, figurano “dodici capi di Stato e di governo, di cui sei in attività”. Ad essi si aggiungono 128 responsabili politici e 29 tra le 500 persone più ricche del pianeta secondo la classifica di Forbes”.  

Tutti avrebbero sfruttato i vantaggi fiscali offerti dallo studio legale. Un sistema basato su più di 214mila società offshore create o amministrate da Mossack Fonseca, presenti in ventuno paradisi fiscali, e sfruttate da clienti di oltre duecento nazioni. Un autentico giro del mondo finanziario che abbraccia Lussemburgo, Svizzera, Isole Vergini Britanniche, Isole Samoa, Seychelles, Monaco, Bahamas.

Da Montezemolo a Messi, da Putin al presidente islandese

Un approfondimento del settimanale l’Espresso cita tra i nomi illustri italiani l’imprenditore Luca Cordero di Montezemolo, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, l’ex pilota di Formula Uno Jarno Trulli. A quanto pare, inoltre, ricorrono le insegne di due istituti bancari italiani: Ubi e Unicredit.

A livello mondiale, riecheggiano i nomi del presidente russo Vladimir Putin, del campione di calcio Lionel Messi, del presidente sospeso della Fifa Michel Platini, dell’ex ministro del Bilancio francese Jérôme Cahuzac, del primo ministro islandese Sigmundur Davíð Gunnlaugsson. Risultano poi società legate alla famiglia del presidente cinese Xi Jinping, compare il nome del presidente ucraino Petro Prochenko, così come del padre (ora deceduto) dell’attuale premier britannico David Cameron.

Immagine di apertura tratta dal sito dell’International Consortium of Investistigative Journalists

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