Il decreto sicurezza è discriminatorio verso i richiedenti asilo secondo la Corte costituzionale

Per la Corte costituzionale negare ai richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe è discriminatorio e irrazionale, così i decreti sicurezza.

Non dare la possibilità di iscriversi all’anagrafe ai migranti che hanno fatto richiesta d’asilo in Italia, come previsto dal primo dei decreti sicurezza approvato nel 2018 dal governo, è illegittimo per due motivi: è una norma irrazionale perché, non consentendo al richiedente asilo di avere un documento, non agevola il controllo del territorio, che invece è la finalità dichiarata appunto dal decreto sicurezza; rappresenta una irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti.

A stabilirlo è una sentenza della consulta, la Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale questo passaggio del decreto sicurezza, voluto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, perché contrario all’articolo 3 della Costituzione, che recita che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Il decreto sicurezza invece stabilisce che il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo, di fatto l’unico documento in possesso del migrante una volta fatta la domanda, non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica, che invece è necessaria per poter usufruire di moltissimi servizi, come la scelta del medico di base, l’iscrizione alle graduatorie per le case popolari e ai centri per l’impiego, e per stipulare un contratto di lavoro in regola, accedere ai sussidi, aprire un conto corrente.

I rilievi del presidente Mattarella e i precedenti in Tribunale

La sentenza della Corte costituzionale era stata di fatto anticipata nel merito anche da una serie di sentenze di tribunale riguardanti singoli casi: i primi a muoversi erano stati i legali dell’associazione Avvocato di Strada che reputano infatti la sentenza “il coronamento di una battaglia che abbiamo portato avanti nei tribunali di tante città italiane”.

Sul loro esempio, l’associazione Baobab Experience lo scorso 2 marzo aveva ottenuto dal Tribunale di Roma un provvedimento d’urgenza che ordinava al comune l’immediata iscrizione nel registro anagrafico di un richiedente asilo fuggito dalla Libia, proprio in deroga a una norma che, spiegano oggi gli attivisti di Baobab Experience che si occupano di accoglienza e assistenza legale di migranti e transitanti, “ci aveva lasciati esterrefatti: riconoscendo dignità giuridica all’invisibilità e introducendo nel nostro ordinamento un’aberrante discriminazione tra italiani e stranieri, si è posta in piena violazione dell’impalcatura stessa della nostra Costituzione democratica e di ogni irrinunciabile principio di uguaglianza e parità di trattamento”.

La decisione della Consulta, che per l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione è “l’ennesima conferma che le norme ispirate a logiche ideologiche e di esclusione sono non solo ingiuste e inutili, ma anche incompatibili con la nostra costituzione” spinge però la questione fuori dalle aule di tribunale, costringendo il parlamento ad accelerare i tempi per le necessarie modifiche non solo al primo, ma anche al secondo decreto sicurezza.

Su quest’ultimo, approvato nel 2019, lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva espresso “forti criticità” per quanto riguarda invece la multe per gli armatori delle imbarcazioni che soccorrono migranti in mare, invitando le Camera e Senato a porre rimedio.

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