Siamo stati in Emilia-Romagna, dove i cittadini provano a recuperare ciò che resta delle loro case dopo l’alluvione, insieme a migliaia di volontari.
Dissesto idrogeologico. Presentato il piano per la riduzione del rischio da frane e alluvioni
Palazzo Chigi presenta il piano nazionale per la riduzione del dissesto idrogeologico. Un “lavoro lunghissimo”, con “un orizzonte di 20 anni”.
Lo scorso 10 maggio a palazzo Chigi, è stato presentato il piano nazionale per la riduzione del rischio idrogeologico da frane ed alluvioni. Un documento di 608 pagine contenente tutte le opere, da Nord e Sud, i progetti e i cantieri che dovranno essere messi in opera per contenere il dissesto idrogeologico in Italia.

Secondo quanto riferisce palazzo Chigi, che con l’iniziativa #italiasicura si è posto l’obiettivo di accelerare gli interventi necessari e urgenti per la messa in sicurezza del Paese, “il fabbisogno complessivo delle opere è un lungo elenco di 11.108 cantieri di cui 1340 con lavori in corso, per un fabbisogno finanziario complessivo di circa 29 miliardi di euro di cui 12.9 già programmati tra fondi europei, nazionali e regionali. Alcuni piani, come quello per le aree metropolitane vedono aperti grandi cantieri tra Genova, Milano, Firenze e in diverse altre regioni”. “Il lavoro è lunghissimo – ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Galletti -, ha un orizzonte di 20 anni: è un lavoro avviato, una responsabilità presa rispetto al Paese”.
3 anni di #ItaliaSicura e di prevenzione 365 giorni l’anno contro il dissesto idrogeologico. La sicurezza prima di tutto. #avanti pic.twitter.com/cAKx64d83a
— maria elena boschi (@meb) 10 maggio 2017
Il percorso di #italiasicura negli anni
Istituita a maggio del 2014 #Italiasicura ha visto avviare 642 cantieri, con investimenti pari a 1075 milioni. Nel settembre 2016 escono le nuove “Linee guida 2.0”, dove si è tentato di sottolineare o precisare alcuni concetti quali l’invarianza idraulica, la gestione dei sedimenti, gli interventi non strutturali, la gestione del rischio residuo, la manutenzione e il monitoraggio degli interventi. A maggio 2017, alla presenza della Sottosegretaria Maria Elena Boschi, del ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, di Erasmo D’Angelis coordinatore della struttura di missione Italiasicura, e Mauro Grassi direttore di #italiasicura, viene varato il Piano nazionale.

Gli interventi in ritardo sul dissesto idrogeologico
In un articolo pubblicato il 1 maggio 2017 su Edilizia e Territorio del Sole 24 Ore, Giuseppe Latour sottolineava come “le Regioni sono riuscite a spendere meno di un sesto delle risorse messe a loro disposizione”. Facendo i calcoli sarebbero stati spesi soltanto il 17 per cento dei fondi messi a disposizione. “In Abruzzo su un importo totale previsto di 54,8 milioni di euro sono stati staccati assegni per 7,9 milioni. In Emilia Romagna, su risorse per 27,3 milioni di euro, sono arrivati 18,4 milioni. In Liguria dovevano arrivare 275 milioni, ma ne sono stati spesi appena 39,5. In Toscana le disponibilità erano pari a 64,2 milioni ma la spesa è stata di 9,2 milioni. In Lombardia erano disponibili 112,4 milioni ma ne sono stati spesi solo 16,2. In Veneto c’erano 104 milioni ma ne sono stati spesi 15,6. Infine, in Sardegna erano disponibili risorse per 16,3 milioni ma la spesa si è fermata a 2,4 milioni. Il consuntivo, allora, dice che su 654 milioni di euro le Regioni hanno richiesto assegni per soli 109,4 milioni”.
La risposta del Governo
Non si è fatta attendere la risposta della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, che in una nota afferma come “tutti gli investimenti di carattere infrastrutturale, si tratta di un impegno di lungo periodo, almeno 6-7 anni, essendo quel tipo di programmazione della spesa pubblica che giustamente viene spesso lamentata come assente nel nostro Paese. Il Piano comprende infatti 33 grandi cantieri da decine e a volte centinaia di milioni di euro (con una media di circa 25 milioni di euro), che vedranno la loro ultimazione nel 2021-2023. Basti pensare alle opere di Genova sul Bisagno e altri torrenti, con un maxifinanziamento per lavori di oltre 300 milioni di euro (la parte più consistente del Piano), la cui chiusura è prevista nel 2023. Per comprendere lo stato di avanzamento di questo Piano di lungo periodo, occorre quindi verificare non tanto la chiusura del cantiere, purtroppo ancora lontana, ma la presenza di progettazioni esecutive (altro ritardo storico colmato dall’introduzione del Fondo per la progettazione), l’avvio dell’intervento e monitorarne il progresso e gli stati di avanzamento”.
Sta di fatto che, come conferma Erasmo D’Angelis, “l’Italia ha un Piano nazionale per la riduzione del rischio frane e alluvioni”, e “una pianificazione non in emergenza ma ordinata e ordinaria di opere e interventi necessari e non rinviabili, e un piano finanziario con risorse vere e un monitoraggio che permette a qualsiasi cittadino di ‘visitare’ i cantieri”, sottolineando come “l’Italia può concludere, nell’arco di poco più di un decennio, la gran parte degli interventi previsti”.
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