Dolci a corte: itinerario goloso fra i grandi musei fiorentini

Un’occasione per scoprire la storia e la cultura dei dolci nella corte della Firenze Medicea. Dalle ciambelle alle cialde, alle frittelle, ai trionfi zuccherati, ai sorbetti, alla cioccolata e così via..sono immagini riportate e raccontate nel libro che, accompagnate da annotazioni di antiche ricette o di curiose citazioni letterarie, ci aiutano a capire la civiltà

Un’occasione per scoprire la storia e la cultura dei dolci nella
corte della Firenze Medicea.
Dalle ciambelle alle cialde, alle frittelle, ai trionfi zuccherati,
ai sorbetti, alla cioccolata e così via..sono immagini
riportate e raccontate nel libro che, accompagnate da annotazioni
di antiche ricette o di curiose citazioni letterarie, ci aiutano a
capire la civiltà e la cultura di un’epoca. È a
questo proposito che l’autrice, Giovanna Giusti Galardi, nella
premessa al suo libro cita il famoso sociologo Lévy-Srauss
che nel 1986 osservava come la cucina di una società, la sua
ritualità alimentare, i suoi rapporti con il cibo
costituiscano un linguaggio nel quale questa società traduce
inconsciamente la propria struttura o addirittura rivela, sempre
senza saperlo, le proprie contraddizioni. Simbologie esplicite o
criptiche dei dolci alimenti, messaggi visivi e apparati lussuosi:
il fattore alimentare passa in secondo piano lasciando lo spazio al
desiderio di “apparire” di dimostrare il prestigio di corte. Un
atto sociale, politico e non solo; l’iconografia dolciaria porta
alla ribalta il bello non solo da mangiare ma soprattutto da
guardare, un accoppiamento di piacere estetico e alimentare. Il
potere di seduzione dell’arte allora come oggi passando attraverso
dipinti, oggetti e documenti d’archivio.

Estratto dal libro:
Giulebbe (dolce sciroppo grandemente apprezzato, sembra evocare una
sorta di paese della cuccagna) di cedrato e agro.
Píglía un cedrato e faccíaseglí un boco
per dí sopra e sí caví o vero sí
votí e enpíasí dí zucchero fíno
e mettasí dentro un bícchíere lungo
accío íl cedrato abbía campo dí scolare
nel fondo dal bícchíere e mettasí ín un
armadío o altro al umído, che passera íl
gíulebbo odoroso a maravíglía, e se ví
sí vole mettere polvere mustíata sara in arbitrio,
puossi ancora mettervi spremuto il suo agro, e perché passi
con più facilita si puole dar dua punture nel fondo del
cedrato con qualche ago o punteruolo puossí ancora legare il
cedrato con alcuni fílí e tenerlo sospeso per
metterví sotto íl recípíente che
ríceve íl gíulebbe.
(Segreti di Girolamo Mei credenziere di papa Alessandro VII. Libro
dell’arte del cuoco. BNCF, Ms.II.II. 426, c. 109r).

 

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