Con una superficie di oltre 68mila chilometri quadrati, è la più grande foresta nazionale degli Stati Uniti. I suoi ghiacciai risalgono addirittura al Pleistocene. È l’habitat di orsi bruni, aquile calve, lupi, lontre, cinque diverse specie di salmoni e innumerevoli altri animali. Stando ad alcune stime, da sola assorbe circa l’8 per cento di tutta la CO2 che viene sequestrata dalle foreste di 48 stati americani. Eppure, nemmeno il suo indiscutibile valore potrebbe essere sufficiente per salvare la foresta del Tongass, in Alaska.
Trump dà il via al disboscamento nella foresta del Tongass
Dal 2001 la foresta del Tongass è tutelata dalla cosiddetta “roadless rule”, che proibisce la costruzione e la manutenzione di strade, coì come la raccolta di legname. Una tutela per l’ambiente ma anche per i contribuenti, poiché evita uno sperpero di denaro pubblico per infrastrutture ciclopiche immerse in territori isolati. Lo precisa Ken Rait della ong Pew charitable trust, che vent’anni fa ha partecipato alla definizione della normativa, intervistato dal quotidiano britannico Guardian.
“It’s America’s last sanctuary.” Trump will open up more than half of Alaska’s #Tongass National Forest to logging + other development, stripping protections that safeguarded one of world’s largest intact temperate #rainforests for nearly two decades.https://t.co/lAT6HQzJA9
Già nell’estate del 2019, dopo un rapido confronto con il governatore dell’Alaska Mike Dunleavy, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva dato mandato alla sua amministrazione di eliminare queste forme di protezione. Ne è derivata una lunga analisi tecnica pubblicata a fine settembre 2020 dal Servizio forestale del dipartimento dell’Agricoltura, che delinea sei possibili scenari per il futuro della foresta del Tongass. Quello ritenuto migliore? Esonerare in toto la foresta dalle misure di tutela.
Il parere si è tradotto in una legge emanata dal dipartimento dell’Agricoltura, entrata in vigore giovedì 29 ottobre. Immediata la levata di scudi da parte di cittadini e associazioni ambientaliste. “Oggi l’amministrazione volta le spalle a decenni di progressi verso un futuro sostenibile per la foresta di Tongass. Lo sviluppo insostenibile metterà a repentaglio un habitat fondamentale per gli animali selvatici e per le rotte dei salmoni, che sono le basi per l’ecologia, la cultura e l’economia della zona sudorientale dell’Alaska”, mette nero su bianco Steve Cohn, che dirige le attività in Alaska dell’organizzazione ambientalista The Nature Conservancy.
BREAKING: The Trump administration is stripping protections to open up more than 9.3 million acres of the Tongass National Forest to logging and road building. We will do everything in our power to defend this vitally important Alaskan rainforest. https://t.co/X2fJmkaxzk
Di fronte a questa e altre severe critiche, il comitato per l’Energia e le risorse naturali del Senato statunitense, presieduto dalla repubblicana Lisa Murkowski, getta acqua sul fuoco. Con una serie di tweet, precisa che soltanto una minima parte della foresta del Tongass è ritenuta idonea per la produzione di legname. Anche i progetti di costruzione di nuove strade sono molto limitati – continua – e restano vietate le attività che inquinano i fiumi e ruscelli. Ma, a giudicare dai commenti indignati che rimbalzano tra carta stampata e social media, sono in molti a non accontentarsi di queste rassicurazioni. E ormai è entrato nel vivo il conto alla rovescia per le elezioni presidenziali del 3 novembre.
Alla fine del decennio, l’acqua dolce sul pianeta sarà insufficiente. Ed è solo colpa dell’uomo. A dirlo è la Commissione globale sull’economia dell’acqua.
Sergio Mattarella è stato in Kenya per parlare di crisi climatica e condividere sfide e soluzioni per un futuro che metta al centro l’ambiente, prima dell’economia.
Come la coppa del mondo di calcio femminile 2023 in Australia e Nuova Zelanda può diventare teatro di molte proteste con prese di posizione importanti.
Una maxi-inchiesta mostra la mappa dei Pfas in Europa e in Italia: oltre 17mila siti contaminati per sempre, e una lobby che cerca di evitare i divieti.