
Negli Stati Uniti alcuni scienziati hanno individuato dieci pesticidi con effetti dannosi sui neuroni dopaminergici collegati allo sviluppo del Parkinson.
Come possiamo inserire le etichette di provenienza e qualità se queste mancano già ai mercati generali agroalimentari?
Già lo sappiamo (lo diamo per certo) che a Bruxelles ci
accuseranno di atteggiamento pretestuoso nei confronti della
Commissione europea. Le accuse partiranno anche in casa nostra,
visto che nella cosa sono coinvolte anche le Regioni. Ma prima di
essere processati e condannati proviamo a spiegare ai nostri
“naviganti” il motivo del contendere.
Dal 15 febbraio scorso c’è un decreto legislativo, il n.
306/2002, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio 2003,
che minaccia multe dai 550 ai 15.500 euro per i commercianti che
non espongono le dovute informazioni, mediante una apposita
etichettatura, sui prodotti ortofrutticoli freschi. Le nuove norme
di qualità sono contenute in un regolamento CE che andava
recepito dai Paesi aderenti all’UE. L’etichetta obbligatoria sugli
ortofrutticoli freschi (non proprio tutti) commercializzati al
dettaglio, tiene conto della varietà (ad esempio, le pere
Abate), la categoria di qualità (extra, prima o seconda, che
però prende in considerazione soprattutto l’aspetto esterno
e il calibro dell’ortofrutticolo) e l’origine della derrata (che
potrebbe essere Italia).
Di solito, le indicazioni succitate si trovano sulla cassetta che
il venditore al dettaglio compra all’ingrosso. Ma se il negoziante
non presenta il prodotto nell’imballaggio originario e lo vende
sfuso è tenuto, tassativamente, a mettere un cartello nel
quale sia indicata varietà, origine e categoria. Una unica
eccezione: il decreto ministeriale n. 393/95 non obbliga
all’etichetta gli agricoltori che vendono direttamente le loro
produzioni ai consumatori.
A questo punto i nostri lettori potrebbero domandarsi. E allora?
Allora, c’è da dire che in questi primi giorni, lungo tutto
lo Stivale, di zucchine, mele, pere e company accompagnate da una
etichetta se ne sono viste ben poche. E per verifiche e multe
l’andamento è stato lo stesso. Un vero e proprio flop che
gli esercenti scaricano sulla mancanza di informazioni: le
autorità non li hanno avvertiti in modo adeguato. E
contrattaccano: “Come possiamo inserire le etichette se queste
mancano già ai mercati generali?”. Le Regioni che dovrebbero
fare i controlli ne sanno ancora meno. Un fatto è certo:
dovrebbero essere multati CE e autorità nazionali che si
sono ben guardati di avviare una campagna informativa a
tappeto.
Insomma una operazione trasparenza piena di ombre: le luci sono
assai fievoli. Tra pochi giorni dovranno essere tutti pronti,
entreranno senza indugio in vigore le sanzioni, ma se le cose
continueranno così non c’è da stare allegri.
Massimo Ilari
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