Cosa succede in Ecuador, dove è stato dichiarato il “conflitto armato interno”

Il 7 gennaio Adolfo Macías, capo del cartello Los Choneros, è evaso dal carcere di Guayaquil. In diverse carceri del paese i detenuti hanno messo in atto rivolte, rapendo o prendendo in ostaggio agenti. Le sommosse si sono spostate anche nelle città e il bilancio è già di dieci morti. L’Ecuador sta vivendo una situazione

  • Il 7 gennaio Adolfo Macías, capo del cartello Los Choneros, è evaso dal carcere di Guayaquil.
  • In diverse carceri del paese i detenuti hanno messo in atto rivolte, rapendo o prendendo in ostaggio agenti.
  • Le sommosse si sono spostate anche nelle città e il bilancio è già di dieci morti.

L’Ecuador sta vivendo una situazione molto difficile, al punto che il presidente Daniel Noboa ha proclamato lo stato d’emergenza. Tutto è iniziato il 7 gennaio con l’evasione di Adolfo Macías, leader del principale gruppo criminale del paese, a cui sono seguite profonde rivolte in alcune carceri. Diversi agenti penitenziari sono stati rapiti o presi in ostaggio dai rivoltosi e le sommosse si sono poi estese anche in alcune città del paese, con il saccheggio di esercizi commerciali, sedi istituzionali e anche della redazione di una televisione pubblica.

Il bilancio attuale degli scontri è di dieci morti e il presidente Noboa ha dichiarato il “conflitto armato interno”, che prevede la mobilitazione dell’esercito.

La spirale di violenza in Ecuador

Il 7 gennaio il capo del gruppo criminale Los Choneros, Adolfo Macías, è evaso dal carcere di massima sicurezza di Guayaquil. La sua non è la prima evasione: già nel 2013 era riuscito a scappare dopo la condanna a 34 anni per reati tra cui traffico di droga e omidicio. 

Adolfo Macías in questi anni ha continuato ad avere un ruolo operativo all’interno del suo gruppo criminale. Questo perché la situazione in diverse carceri ecuadoriane è fuori dal controllo delle autorità e in mano alle gang criminali, con i leader incarcerati che anche grazie alla corruzione degli agenti mantengono ampia libertà di potere. Secondo informazioni di intelligence almeno un quarto delle carceri del paese si troverebbe in questa situazione e gli istituti fungerebbero anche da centro di reclutamento dei cartelli della droga. Secondo le stime, il gruppo guidato da Adolfo Macías conterebbe circa 8mila effettivi.

L’evasione di Adolfo Macías del 7 gennaio ha portato a un effetto domino di rivolte in alcune carceri del paese. I rivoltosi hanno preso in ostaggio numerosi agenti e molti detenuti sono riusciti a scappare, tra cui anche un altro importante capo di una gang militare, Fabricio Colón Pico Suárez. Le violenze si sono poi estese alle principali città del paese, dalla capitale Quito e centri come Guayaquil, dove si contano già dieci morti. Sono stati assaltati esercizi commerciali, sedi istituzionali, l’università e anche la redazione della tv pubblica TC Televisión. Qui un gruppo di uomini armati è entrato in studio durante la diretta di un programma, prendendo in ostaggio le persone presenti mentre le immagini continuavano a essere trasmesse in tutto il paese.

La proclamazione dello stato di emergenza

Di fronte al precipitare delle cose, il presidente dell’Ecuador Daniel Noboa ha proclamato lo stato di emergenza. Negozi, scuole e sedi istituzionali a Quito e in altre città rimarranno chiuse per diversi giorni, mentre la sera è stato imposto un coprifuoco tra le 23 e le 5. Noboa ha poi dichiarato il “conflitto armato interno”, che dà all’esercito più libertà d’azione per intraprendere le misure necessarie per ripristinare la sicurezza.

La situazione in Ecuador è critica ma le avvisaglie c’erano già da tempo. Il paese infatti vive una spirale di violenza da diversi anni, il cui culmine è stato probabilmente raggiunto con l’omicidio di Fernando Villavicencio, uno dei candidati alle presidenziali del paese, ucciso nell’agosto scorso alla fine di un comizio a Quito. Nel 2023 nel paese ci sono state oltre 8mila morti violente, il doppio rispetto all’anno precedente. Una conseguenza, questa, del potere sempre più forte nel paese delle gang criminali legate al narcotraffico, con l’Ecuador che è diventato un importante hub della cocaina diretta verso gli Stati Uniti e l’Europa.

Daniel Noboa, il presidente che ha iniziato il mandato nel novembre scorso, aveva messo la lotta alla criminalità in cima al suo programma politico. Ora si è trovato a dover subito dare prova concreta di questa sua volontà con la proclamazione dello stato di emergenza e del conflitto armato interno, mentre l’Ecuador sprofonda sempre più nel caos sociale.

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