I neonicotinoidi minacciano le api, ma l’Europa prende tempo

Mentre l’Efsa conferma la pericolosità dei pesticidi neonicotinoidi nei confronti delle api, i paesi europei non si mettono d’accordo sulla loro messa al bando definitiva. Una situazione che ricorda quella del glifosato.

Ci sono voluti cinque anni di raccolta dati e di revisione sistematica della ricerca scientifica oggi disponibile, per arrivare alla conclusione da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che i pesticidi neonicotinoidi rappresentano una minaccia per la salute delle api. Si tratta della seconda revisione delle valutazioni da parte dell’Efsa, dopo quelle rese pubbliche nel 2013 e che hanno portato la Commissione europea a imporre delle restrizioni nell’impiego delle tre sostanze: il clothianidin, l’imidacloprid e il thiamethoxam.

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C’è la conferma: i pesticidi neonicotinoidi rappresentano una minaccia per la salute delle api.

“La disponibilità di una quantità così estesa di dati e le nostre linee guida ci hanno permesso di giungere a conclusioni molto dettagliate”, ha commentato in una nota Jose Tarazona, responsabile dell’unità Pesticidi dell’Efsa. “Nelle conclusioni c’è una variabilità dovuta a fattori come le diverse specie di api, l’uso previsto del pesticida e la via di esposizione. Sono stati individuati alcuni rischi bassi, ma nel complesso è confermato il rischio per i tre tipi di api oggetto delle nostre valutazioni”. L’Efsa ha esaminato oltre 1.500 studi provenienti dal mondo accademico, dalle aziende chimiche da associazioni di apicoltori e agricoltori e Ong nazionali.

Quali sono i rischi dell’uso dei neonicotinoidi

Per raggiungere questo risultato i membri dell’Unità pesticidi hanno confrontato i valori a cui si suppone siano esposte le api in campo aperto, con quelli ritenuti pericolosi e che causano effetti sugli insetti impollinatori. Il risultato ottenuto è che “in molti casi le api che foraggiano su colture trattate sul campo e nelle vicinanze sono probabilmente esposte a livelli nocivi dei pesticidi neonicotinoidi”. Fatto che accade sia per la presenza delle sostanze nel polline e nel nettare, sia a causa dei residui provenienti dalle piante vicine.

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Chi è d’accordo con l’Efsa

Per Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia: “Le prove sono schiaccianti”. E chiede che l’Italia e gli altri Paesi europei sostengano “pienamente il bando permanente dei neonicotinoidi proposto dall’Ue. Sarebbe un primo passo concreto per prevenire il catastrofico collasso delle popolazioni di api”.

Ma l’associazione ambientalista va oltre e chiede che siano vietati altri quattro neonicotinoidi, il cui uso è attualmente permesso in Ue: acetamiprid, thiacloprid, sulfoxaflor e flupyradifurone. Pesticidi che hanno visto ovviamente un incremento nell’utilizzo perché sostituti dei tre in restrizione temporanea.

Ispezione di un'arnia. Foto Mediterranean Cobeeration neonicotinoidi
Ispezione di un’arnia. Foto Mediterranean Cobeeration

Le tappe successive dopo le valutazioni dell’Efsa

L’Italia con il  decreto 25 giugno 2013 ha recepito il regolamento  485/2013/UE revocato sette agrofarmaci a base di clothianidin o imidacloprid e ne ha limitati altri cinque, a base di imidacloprid o thiamethoxam, cancellandone l’impiego su colture considerate attrattive per le api, ma non si è mai espressa nella messa al bando completa, come chiesto invece da varie associazioni ambientaliste e da alcune petizioni nate sul web.

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Il 20 marzo gli europarlamentari appartenenti al gruppo dei Verdi avevano inviato una lettera al presidente della Commissione europea Juncker, in vista dell’incontro del 22 e 23 marzo del Comitato permanente su piante, animali, cibo e nutrizione (Paff), che avrebbe dovuto pronunciarsi sull’eventuale messa al bando definitiva dei tre neonicotinoidi presi in esame e sugli altri ancora in fase di valutazione. La lettera avvertiva però che “vi sono seri indizi secondo cui la Commissione potrebbe non presentare le sue proposte di voto e che la decisione potrebbe essere rinviata a causa dell’assenza della necessaria maggioranza“. Anticipando di fatto ciò che è successo: la Commissione ha deciso di non decidere.

La “non decisione” dell’Ue

Già lo scorso dicembre si era tentato di arrivare ad una messa al bando definitiva, ma molti Stati membri si erano opposti, in attesa del rapporto dell’Efsa. Tra questi la Romania e l’Ungheria, dichiarate contrarie, mentre Francia, Regno Unito, Irlanda, Croazia, Slovenia, Lussemburgo e Malta risultavano essere a favore (qui la lista delle sostanze ancora impiegate nei vari Stati membri). Un ulteriore ritardo nel prendere la decisione porterà le api e gli altri impollinatori ad un ulteriore esposizione alle tossine che le uccidono, con gravi conseguenze per la produzione di cibo, in particolare il miele”, si legge nel testo della missiva.

Secondo il Pesticide action network (Pan – Europe), associazione che lavora per la riduzione dei rischi connessi ai pesticidi, l’aver rimandato ancora la decisione è “un’occasione mancata da parte dell’Unione europea per mostrare il proprio impegno nella tutela degli impollinatori” e che mostra “ancora una volta la scarsa ambizione” nel voler proteggere le api e gli altri insetti a rischio.

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Secondo il Guardian, in un articolo del 23 marzo, le cose potrebbero essere diverse: il giornale afferma di aver preso visione di alcune bozze che riguarderebbero proprio la messa la bando di queste sostanze in tutti i Paesi membri. I documenti “sono la prima indicazione che la Commissione vuole un divieto totale, citando i rischi acuti per le api. Un divieto potrebbe essere in vigore quest’anno, se le proposte saranno approvate dalla maggioranza degli Stati membri”, scrive Damian Carrington. La partita è ancora aperta, anche se sembra che il tempo a disposizione sia rimasto veramente poco.

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