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La cura come pratica sociale. Così le cliniche mobili di Emergency arrivano nelle zone più vulnerabili d’Italia
Le cure gratuite e per tutti di Emergency non raggiungono solo le zone remote di guerra, ma anche quelle nascoste del nostro paese dove vivono le fasce più vulnerabili, come le campagne. L’editoriale di Rossella Miccio, presidente dell’organizzazione.
L’impegno di Emergency in tutto il mondo si ispira all’idea molto semplice che ogni individuo abbia diritto a vivere bene e in salute. È seguendo questo principio che, dal 1994 ad oggi, abbiamo curato circa dieci milioni di persone. L’idea di curare tutti, gratuitamente e bene, è così semplice da sembrare banale e scontata, eppure non lo è. Non è un caso se il diritto alla salute trova posto nelle carte costituzionali, nei documenti e nelle conferenze internazionali, che ne sanciscono l’inalienabilità e la tutela.
Non è un caso, perché la salute troppo spesso ha bisogno di essere letteralmente difesa dalla guerra e dalle sue conseguenze, dalla povertà e da molti altri ostacoli che possono impedire a una persona di accedere alle cure alle quali avrebbe diritto. Non accade solo in Africa, Afghanistan, Iraq o in altri Paesi lontani e lacerati da una condizione di profonda miseria o da interminabili conflitti. Accade anche qui, a pochi passi da noi. Per questo motivo, dopo aver operato per oltre un decennio all’estero, nel 2006 Emergency ha iniziato a lavorare anche in Italia dove oggi, con undici progetti, offre cure a stranieri e, sempre più, a italiani che si trovano in condizioni di vulnerabilità.
Emergency nei luoghi italiani tagliati fuori dai diritti fondamentali
Proprio in quegli anni emergeva con drammaticità sempre maggiore la presenza nel nostro Paese di aree neglette dove nell’ombra si consumava, e si consuma ancora, un inferno quotidiano per le fasce più fragili della nostra società. Baraccopoli, periferie, campi nomadi, tutti luoghi tagliati fuori dai diritti fondamentali, dai servizi, ignorati dalle istituzioni, e accomunati da condizioni di vita e standard igienico-sanitari inammissibili per un Paese in cui vige lo stato di diritto e che si fregia di far parte delle sette economie più avanzate del mondo.
Molte di queste aree si concentrano nelle nostre campagne, diventate il triste ricettacolo di persone in fuga da un’esistenza senza futuro, disposte a tutto pur di lavorare e facili vittime di un’economia predatoria che da sempre si nutre avidamente di braccia a basso costo per garantire la propria sopravvivenza. Dai vigneti del Piemonte alle serre del Ragusano, molti distretti rurali italiani sono oggi il terreno fertile dove prosperano allo stesso tempo le eccellenze e le nefandezze del nostro Paese.
Secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto della Cgil – Flai sono circa 100mila, prevalentemente stranieri, le persone costrette a subire forme di ricatto lavorativo e a vivere in condizioni socio-abitative precarie. In questo contesto, caratterizzato da bisogni insoddisfatti e diritti fondamentali calpestati, spesso con il comodo pretesto della crisi economica, abbiamo iniziato a operare per portare assistenza socio-sanitaria ai braccianti nella zona della Capitanata in Puglia. Era il 2011 e da allora non ci siamo più fermati: seguendo il flusso ciclico dei braccianti che si spostano in cerca di impieghi stagionali, abbiamo lavorato nell’Agro di Venosa in Basilicata, nella Piana di Gioia Tauro in Calabria, nelle province di Siracusa e nella fascia trasformata in Sicilia, a Castel Volturno in Campania e a Latina, nel Lazio.
“Sul margine di primavera. Racconti di Castel Volturno” è il primo capitolo di “Dove l’erba trema”, il racconto delle vite dei lavoratori agricoli sfruttati nelle campagne e del nostro lavoro ? Vai su https://t.co/BUTnY5D973 e scarica il capitolo illustrato da @channeldraw
— EMERGENCY (@emergency_ong) 14 dicembre 2018
Dove l’erba trema, vite invisibili nelle campagne d’Italia
Dove l’erba trema. Vite invisibili nelle campagne d’Italia è un progetto editoriale di Emergency, realizzato con la collaborazione di 4 fumettisti: Gianluca Costantini, Simona Binni, Mattia Surroz e Sio, che nasce per raccontare una realtà che sfrutta, calpesta diritti e si arricchisce delle fatiche dei più vulnerabili; degli sfruttati, che il lavoro priva di dignità e rende nuovi schiavi. E, infine, di chi difende i diritti fondamentali di queste persone. Dove l’erba trema è un viaggio che parte da Castel Volturno, passa per la Puglia e arriva fino alla Calabria, per raccontare che vivere in un ghetto può essere fatale. Chi lo abita non ha casa e né diritti, neanche quelli più elementari, come il diritto alle cure mediche, riconosciuto come inalienabile, ma nella pratica spesso disatteso.
A pagarne le conseguenze sono i più vulnerabili, che spesso si scontrano, nell’accesso alle cure, con ostacoli di diversa natura. Sono le persone che incontriamo nelle strutture di Emergency, dove le vicende di migranti appena arrivati si incrociano con quelle di italiani e stranieri perfettamente regolari, ma “fuoriusciti” dal sistema sanitario dopo aver perso lavoro, casa e diritti.
La cura non come privilegio, ma come pratica sociale
Con l’utilizzo di ambulatori mobili, Emergency è riuscita ad addentrarsi in aree isolate e nascoste, cercando di rispondere ai bisogni di una fascia di popolazione gravata da diversi fattori di vulnerabilità: condizioni abitative precarie (isolamento, mancanza di elettricità e servizi igienico-sanitari), instabilità lavorativa, scarsa consapevolezza dei propri diritti, ostacoli amministrativi all’iscrizione al sistema sanitario nazionale, emarginazione sociale, fragilità emotiva.
Lavorare ai margini della società ci ha insegnato che le conquiste nel campo dei diritti non sono immutabili; al contrario, a volte anche quelle date per acquisite sono esposte al rischio di un’erosione lenta, quotidiana e impercettibile, che può passare inosservata. Di fronte a questa consapevolezza, abbiamo voluto dare il nostro contributo affinché l’accesso alle cure non diventi un privilegio, ma un’occasione per restituire dignità a chi pensa di non averne più diritto. È così che la cura diventa una pratica sociale.
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