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La situazione nelle carceri italiane è drammatica. Ma il governo continua a introdurre nuovi reati e inasprire le pene.
In l’Emilia-Romagna si spala fango grazie anche ai volontari arrivati da tutta Italia. Il numero di sfollati è diminuito, ma rimane l’allerta rossa.
L’acqua che in questi giorni ha causato la morte di 14 persone in Emilia-Romagna sta lentamente defluendo da Faenza, Cesena e Forlì. Scende il numero di sfollati: sono circa 26mila le persone che hanno dovuto lasciare la propria casa a causa dell’alluvione, contro le 36mila di inizio emergenza. Di queste, la maggior parte (circa 19.500) si concentrano nel ravennate, a seguire la provincia di Forlì-Cesena e del bolognese.
Tuttavia permane l’allerta rossa, soprattutto a Ravenna e dintorni. Quello del 20-21 maggio è stato un weekend all’insegna degli aiuti da parte dei volontari, provenienti da ogni parte della regione e anche dal resto d’Italia, così come continua è la presenza dei vigili del fuoco con i mezzi anfibi.
Sono oltre 500 i vigili del fuoco al lavoro, 244 nella provincia di Forlì e 326 in quella di Ravenna, i territori dove permangono le maggiori criticità. In particolare, le squadre di pompieri sono al lavoro a Forlì per l’evacuazione a scopo precauzionale di 12 appartamenti a causa dell’apertura di una voragine causata.
La premier Giorgia Meloni è rientrata dal Giappone, dove era in corso il G7, e ha visitato i territori colpiti. “Meloni ha fatto il suo giro, la ringraziamo, ma da domani il governo deve essere presente con i fatti. Bisogna rispondere in tempi celeri, altrimenti il coraggio di queste ore si trasformerà in rabbia” ha detto il sindaco di Cesena Enzo Lattuca sulle pagine di La Repubblica.
Operativi sul territorio ci sono migliaia di singoli volontari e associazioni. Tra questi c’è Leonardo Santoli, presidente della Pubblica assistenza di Sasso Marconi, nel bolognese, associazione che fa parte di Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze): “Ci siamo attivati sul territorio martedì, non appena iniziata l’emergenza, dapprima sul territorio di Sasso Marconi, poi a Marzabotto e Monzuno, uno dei comuni più colpiti”, racconta Santoli a LifeGate. “La nostra sezione di protezione civile si è concentrata sul monitoraggio delle frane e degli smottamenti, poi ci siamo attivati sull’accoglienza degli sfollati e nel sostegno alle cucine mobili e servizio mensa, sia con presidi locali sia inviando mezzi e celle frigo a Cesena e Forlì”.
Santoli ci spiega che in questi giorni hanno recuperato con il pulmino dell’associazione circa 30 persone, tra cui famiglie con bambini e anziani, che poi sono stati accompagnati presso la sede centrale dell’associazione a Sasso Marconi, dove è stato allestito un centro d’accoglienza in grado di soddisfare le necessità primarie, con un servizio mensa, delle brandine su cui dormire e servizi igienici. “Ancora oggi abbiamo una famiglia con bambini piccoli da noi e nel weekend abbiamo accompagnato decine e decine di volontari nelle operazioni di pulizia dal fango di case e cantine”.
La nuova settimana è iniziata con il sole, un buon auspicio, così l’associazione si sta concentrando nella raccolta di generi alimentari per i prossimi giorni. “Quando queste persone torneranno alla normalità? Non lo sappiamo. Tante case sono state colpite dalle frane e sono inagibili. Lo saranno ancora per molto tempo: nella zona di Monzugno ci sono state più di 50 frane. Le tubature dell’acqua sono andate distrutte e in alcuni casi le ruspe impiegheranno mesi per togliere tutta la terra smossa. Nel frattempo, le persone vanno a lavorare, portano i figli a scuola e poi rientrano a dormire da noi oppure da parenti e amici che li ospitano. Questo è un po’ lo spaccato reale di questi giorni”.
La Protezione civile e diversi Comuni sono disponibili per reclutare nuovi volontari: per evitare di creare confusione, chiunque volesse dare una mano meglio che si rivolga ai canali ufficiali. Il Resto del Carlino ha preparato un vademecum con i numeri di telefono e i link utili da poter contattare. In breve:
Inoltre, sono stati attivati canali di reclutamento per i comuni più piccoli, tra i quali Faenza, Cervia, Sant’Agata sul Santerno, Russi e Fiumana.
A proposito di normalità, in una delle zone più colpite, Cesena, tutti i servizi bibliotecari, museali e le gallerie d’arte comunali hanno riaperto. A Forlì, invece, la prefettura evidenzia il rischio che le inondazioni abbiano trasportato o fatto emergere residuati bellici che possono risultare potenzialmente pericolosi se rimossi o manomessi o coperti con altri materiali.
Intanto continuano le raccolte fondi di sostegno delle popolazioni colpite, tra cui quella avviata dalla Regione Emilia-Romagna. Oltre ai danni a case e aziende, si contano anche quelli relativi al comparto ortofrutticolo, tanto che la disponibilità di frutta a livello nazionale potrebbe calare di un 15-20 per cento nelle prossime settimane. Le inondazioni hanno distrutto prodotti in piena maturazione come pere, mele, susine, kiwi e uva.
Anche il Piemonte, nelle ultime ore, ha dovuto affrontare l’allerta arancione: il Po è stato sotto stretta osservazione a Torino, dove ha allagato la banchina dei Murazzi, nota zona di locali che si affaccia direttamente sulla banchina del fiume. Il lunedì mattina, il livello dell’acqua è tornato sotto il livello di guardia.
La provincia di Cuneo, invece, ha assistito alla caduta di 300 millimetri di pioggia (Mondovì), mentre da oggi inizia la conta dei danni in un’altra zona a vocazione agricola della provincia, quella di Saluzzo e dintorni. La centrale operativa della protezione civile è stata chiusa, ma proseguono i monitoraggi nei prossimi giorni.
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