La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
Cop 26, l’appello degli scienziati: tagliare del 40 per cento le emissioni di metano entro il 2030
Per limitare il riscaldamento globale bisogna intervenire immediatamente sulle emissioni di metano. Lo sostiene un report pubblicato in vista della Cop 26.
In queste ore i ministri e i delegati di svariati paesi del mondo sono riuniti a Milano per la pre-Cop, con l’intenzione di riaprire i negoziati sul futuro del clima. C’è un argomento ben preciso su cui dovranno focalizzarsi se vorranno mettersi sulla strada giusta per centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi: il taglio delle emissioni di metano. A dirlo è l’ultimo report pubblicato dal think tank Energy transitions commission, riportato dal quotidiano britannico Guardian.
Perché il metano è una minaccia per il clima
Il metano è un gas serra che, secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), ha contribuito al 40 per cento dell’incremento della temperatura media globale dall’epoca preindustriale. Se misurata su un periodo di un secolo, una tonnellata di metano contribuisce al riscaldamento globale come 28 tonnellate di CO2; su un periodo di vent’anni, invece, come 84 tonnellate di CO2. Nonostante ciò, la stragrande maggioranza dei piani nazionali di riduzione delle emissioni elaborati non dà a questo tema il peso che merita.
La tabella di marcia per ridurre le emissioni di metano
Lo studio propone una missione molto chiara: sforbiciare le emissioni di metano del 40 per cento entro il 2030. Si tratterebbe di un calo di 140 milioni di tonnellate all’anno, ottenuto per il 60 per cento dal comparto dei combustibili fossili e per il 30 per cento dall’agricoltura e dai rifiuti. L’impatto sarebbe equivalente a quello di un taglio delle emissioni annue di CO2 compreso fra le 2,5 e le 11 gigatonnellate.
Come si arriva a un traguardo del genere? Approfittando della Cop 26 per fissare un tetto massimo alla quantità di metano in eccesso che fuoriesce dai siti estrattivi, lo stesso che talvolta viene bruciato perché troppo costoso da trasportare (la pratica si chiama gas flaring). Oggi le emissioni di metano legate all’estrazione di combustibili fossili sono stimate in 120 milioni di tonnellate l’anno, di cui 40 dal carbone e 80 da gas e petrolio.
Poi ci sono agricoltura, alimentazione e rifiuti, responsabili ad oggi di 240 milioni di tonnellate di metano riversate in atmosfera ogni anno. Una quantità che può essere sforbiciata del 30 per cento combattendo gli sprechi alimentari, mangiando meno carne e attivando impianti di trattamento dei rifiuti più efficienti, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
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