Cos’è l’eolico offshore. L’energia del vento da turbine in mare aperto

“Impressionante”. È l’aggettivo usato dall’ente centrale delle industrie elettriche britanniche, la Central Electricity Generating Board – Cegb, per definire il potenziale dell’energia eolica offshore. Nel mondo, da anni, la nuova frontiera dell’energia eolica è il mare aperto, l’eolico offshore. Non per niente anche gli Stati Uniti hanno il loro parco eolico offshore. Si chiamano installazioni offshore

“Impressionante”. È l’aggettivo usato dall’ente centrale delle industrie elettriche britanniche, la Central Electricity Generating Board – Cegb, per definire il potenziale dell’energia eolica offshore. Nel mondo, da anni, la nuova frontiera dell’energia eolica è il mare aperto, l’eolico offshore. Non per niente anche gli Stati Uniti hanno il loro parco eolico offshore.

Si chiamano installazioni offshore le formazioni a stormo, a delta o a filari lineari, composte da decine di turbine eoliche impiantate al largo delle rive, in alto mare aperto.

In un’ottica di sfruttamento su larga scala dell’energia dei venti, installare aerogeneratori in siti marini presenta enormi vantaggi, indiscutibilmente.
In mare c’è spazio, tanto.
C’è migliore quantità e qualità del vento, più continuo e più intenso.
Nessun vincolo paesaggistico, nessuna remora visiva.
A fronte di tutto ciò, ci sono costi di costruzione lievemente maggiori.

Mente l’eolico offshore in Italia fatica a decollare, in Gran Bretagna si dà il via all’allestimento del parco eolico offshore più grande del mondo.
Regno Unito e Danimarca possiedono la maggior capacità installata di eolico offshore, seguiti da Cina, Belgio e Germania.

I primi impianti eolici offshore

Il primo impianto eolico offshore composto da 11 turbine eoliche (per un totale di 5 MW) è stato realizzato nel Mar Baltico al largo di Vindeby, in Danimarca, agli inizi degli anni Novanta, laddove oggi sono già in esercizio ovunque impianti da 3 MW a qualche GW, nei mari del Nord.

Sull’eolico off-shore la Germania partiva da uno zero tondo nel 2002 per proiettarsi verso un 15% di energia rinnovabile da off-shore entro vent’anni: la Deutsche Energie-Agentur (Dena) affermò che l’eolico offshore è un’energia “fondamentale per il futuro energetico e climatico della Germania, entrando felicemente in una fase molto dinamica” inaugurando gli impianti nell’isola di Borkum e assegnando alla Prokon Nord Energiesystems GmbH il compito di impiantarne 200 entro il 2010.

La prima e più grande formazione del nuovo millennio è stata inaugurata nel 2005 in acque britanniche, a Kentish Flats, e da sola genera 90 MW. Tanto per riprendere in mano lo studio alla base dell’esclamazione di stupore degli inglesi, anche escludendo le aree di mare critiche (quelle entro i 5 km di costa; quelle con fondali più bassi di 10 metri e più alti di 50; quelle con traffico intenso di navi; le aree militari…) il loro potenziale energetico da eolico offshore è di circa 230 TWh all’anno. Cioè, basta a coprire il consumo totale annuo dei sudditi del Regno Unito.

I più grandi impianti eolici tendono a essere situate offshore, cioè in mare, lontano dalle coste, dove è possibile sfruttare i forti venti che soffiano, senza essere rallentati da ostacoli, sulla superficie dei mari, degli oceani, ma anche di grandi laghi.
I più grandi impianti eolici tendono a essere situate offshore, cioè in mare, lontano dalle coste, dove è possibile sfruttare i forti venti che soffiano, senza essere rallentati da ostacoli, sulla superficie dei mari, degli oceani, ma anche di grandi laghi.

Il parco eolico offshore più grande del mondo

In questa materia, gli inglesi pensano sempre in grande. Ad agosto 2016 hanno approvato la costruzione di quel che sarà il più grande parco eolico offshore del mondo, composto da 300 turbine eoliche disposte su un’area di 480 chilometri quadrati nel Mare del Nord, circa 89 chilometri al largo della costa dello Yorkshire. Fornirà fino a 1.800 megawatt di energia elettrica a circa 1,8 milioni di case britanniche. Il progetto Hornsea Project Two della danese Dong Energy dovrebbe creare circa 2.000 posti di lavoro in fase di costruzione e 580 nella fase operativa e di manutenzione.

 

Nella vicina Scozia ci sono piani per allestire impianti eolici off-shore da 7,5 GW (East Anglia Offshore Windfarm) o addirittura 18 GW e nel parco eolico offshore di Burbo Bank, al largo di Liverpool, aerogeneratori da 8 megawatt hanno iniziato a produrre elettricità.

L’eolico offshore in Italia

L’Italia dispone di ben 11.700 chilometri quadrati di superficie marina adatta all’eolico offshore. Le zone ideali sono soprattutto quelle dell’Italia centro-meridionale, con in testa la Puglia.

In vista, in Italia, non vi è alcun allestimento di impianti eolici offshore, malgrado siano stati presentati più di 15 progetti per impianti al largo delle coste italiane, caduti nel disinteresse o ostracizzati.

Caratteristiche, tecnologie e costi dell’eolico offshore

Posto che in Germania, Danimarca e Olanda, nei siti più ventosi non c’è già quasi più spazio per nuovi impianti terrestri, la scelta d’andar per mare sarà obbligata.

Be’, un’altra delle attrattive è la velocità del vento, in media maggiore al largo che in terraferma. La turbolenza è minore, quindi i rotori delle turbine sono sottoposti a meno stress. Inoltre le turbine off-shore vengono disegnate per sopportare il moto ondoso e l’interazione vento/onde.

Le turbine offshore possono essere installate anche in località marine molto profonde, sfruttando i venti costieri, utilizzando le stesse tecnologie costruttive delle piattaforme petrolifere. Invece le turbine galleggianti vengono collocate in mare aperto e di solito il progetto utilizza un sistema di ancoraggio a tre punti con cavi in acciaio ancorati al fondale.

Per merito delle condizioni favorevoli del vento in alto mare, l'eolico offshore (a parità di potenza installata) produce mediamente il 30% di energia in più rispetto a un analogo onshore.
Per merito delle condizioni favorevoli del vento in alto mare, l’eolico offshore (a parità di potenza installata) produce mediamente il 30% di energia in più rispetto a un analogo onshore.

D’altro canto sono dunque necessarie costose opere aggiuntive, rispetto agli impianti di terraferma, per le fondamenta, e bisogna “marinizzare” le turbine, cioè proteggerle dagli effetti corrosivi del sale e dell’acqua (marinizzare le turbine fa salire dell’1 – 2% i costi complessivi). Il costo di cavi e connessioni marine può essere maggiore, anche se non sempre, così come i costi della messa in opera e della manutenzione (aumenti tuttavia talmente irrisori da non essere ancora stati computati nei grandi siti eolici off-shore di Vindeby e di Tunø Knob, per esempio; o negli impianti semi-offshore, in zone costiere o vicine al mare). Costi che comunque possono essere ripagati dal non dover costruire strade d’accesso, dal non dover mettere in atto contenziosi con le comunità locali, né opere di riparazione naturalistica o di rimboschimento, né da studi per dimostrare che… i pesci non ci vanno a sbattere. Le pale girano per aria.

L’impatto ecologico dell’eolico offshore

Cominciano a esserci diversi studi sui diversi parchi eolici in diverse nazioni. Il posizionamento offshore di grandi impianti eolici riduce i problemi di impatto estetico e acustico, poiché le turbine eoliche sono situate oltre la linea dell’orizzonte visibile, ad almeno 3 km dalla costa, e anche problemi legati al pericolo paventato per gli uccelli, rapaci e migratori in particolare, e per i pipistrelli, degli impianti eolici di terraferma. Le centrali eoliche offshore sono una soluzione praticabile per i Paesi costieri densamente popolati e con forte urbanizzazione del territorio. Alcuni ricercatori sostengono persino che la creazione di piattaforme e sistemi di piloni e cavi sottomarini potrebbe creare, nel tempo, zone di ripopolamento e di biodiversità sui fondali, come accade per le pile e gli ancoraggi delle piattaforme petrolifere.

Per esempio, uno studio del 2012 di Environmental Research Letters, “Short-term ecological effects of an offshore wind farm in the Dutch coastal zone“, ha dimostrato come le installazioni eoliche offshore nel Mare del Nord abbiano avuto impatti trascurabili sull’habitat naturale e sulla fauna. Altri sudi hanno provato che le turbine eoliche non disturbano i volatili.

È stato eseguito un programma di monitoraggio nel parco eolico offshore di Egmond aan Zee, Owez, che fornisce energia a 100.000 abitazioni, analizzandone gli effetti ecologici a breve termine su un certo numero di gruppi faunistici.

Gli effetti negativi possono essere causati dalle rotazione delle pale in movimento e dal loro rumore subacqueo. I risultati non indicano effetti a breve termine sul benthos e nell’area sabbiosa tra i generatori, mentre il nuovo substrato rigido ha addirittura causato lo stanziamento di nuove specie e nuove comunità di fauna. La composizione degli organismi bivalvi non ha risentito del parco eolico. Alcuni tipi di pesci, come il merluzzo, sembrano trovare riparo all’interno del complesso. Qualche specie di uccelli sembra evitare il parco, mentre altre sono indifferenti e sono rimaste stabili o addirittura sono attratte: nelle vicinanze delle pale eoliche sono aumentati i cormorani. Lo studio afferma che un grande impianto eolico offshore impatta su un ecosistema estremamente variabile e conclude che “nel complesso, il parco eolico crea un nuovo tipo di equilibrio ecologico nell’habitat preesistente”.

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