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Il 19 aprile esce il podcast Esseri finiti, prodotto da LifeGate e Virgin Music. Un viaggio con Giovanni Truppi alla scoperta dei temi del suo nuovo album.
C’è chi l’ha visto per la prima volta sul palco di Sanremo 2022, con la sua visibile timidezza a fare da contrappeso al circo mediatico dell’Ariston. C’è chi, già dieci anni prima, lo aveva visto portare sul palco di festival e piccoli club la sua chitarra e i suoi testi dissacranti. Quel che è certo è che un cantautore come Giovanni Truppi non può lasciare indifferenti. Il 28 aprile 2023 esce il suo quinto album in studio, Infinite possibilità per essere finiti (Universal). Un concept album – scelta inconsueta, in questi tempi in cui sono i singoli a farla da padroni – che esplora temi ampi e complessi: il privilegio, il futuro, la famiglia, l’impegno, la genitorialità. Ad anticiparlo e accompagnarlo, come per dare respiro a contenuti che non potevano esaurirsi nelle canzoni, un nuovo podcast disponibile su tutte le piattaforme a partire dal 19 aprile 2023. Si chiama Esseri finiti, è scritto da Giovanni Truppi insieme a Marco Rip e Giacomo De Poli ed è prodotto da Virgin Music e LifeGate Radio.
Classe 1981, napoletano d’origine e trapiantato prima a Roma e poi a Bologna, Giovanni Truppi arriva alla ribalta in un momento di grande fortuna per il panorama indie italiano. Lo fa restando sempre fedele a sé stesso, al suo stile low profile (simboleggiato dall’inseparabile canottiera) e al suo modo di fare riservato che non cede alle lusinghe dei like facili sui social media.
La sua carriera artistica inizia a Roma, con il primo album (C’è un me dentro di te) pubblicato nel 2010 per l’etichetta indipendente Cinico disincanto. I suoi primi lavori sono sperimentali, tutt’altro che immediati, a volte sembrano divertirsi nell’infrangere qualsiasi aspettativa in termini di metrica, testi, intonazione. Di anno in anno Giovanni Truppi si conquista un pubblico crescente e anche alcuni riconoscimenti di prestigio, come il premio Tenco come migliore emergente nel 2015.
Ed è normale che ti senti solo
perché sei solo.
Sei solo quando muori e sei solo dopo che muori.
E per non sentirti solo dopo che muori
ti conviene cominciare a capire fin da subito
che cos’è la solitudine.
Solo per il quarto album, Poesia e civiltà (2019), firma con una major (Universal) e inizia a dare ai suoi brani una veste più pop, anche introducendo i sintetizzatori. A Sanremo porta Tuo padre, mia madre, Lucia, “una riflessione sul rapporto d’amore e il punto di osservazione è quello dell’età adulta”, spiega al Corriere. Quello che non cambia mai, nel suo percorso, è il punto di vista sul mondo. I protagonisti dei suoi testi sono antieroi surreali, irriverenti e autentici nella loro inadeguatezza.
E se domani tuo padre, mia madre o Lucia
ascolteranno queste parole
si chiederanno, come mi chiedo anch’io,
se questo è un amore.
Risponderò come rispondo anche a me
che
amarti è credere che
che quello che sarò sarà con te.
Infinite possibilità per esseri finiti è il nuovo, attesissimo lavoro in uscita a fine aprile 2023. Un album che è concepito come un microcosmo. La copertina infatti è un’opera collettiva realizzata dal pubblico che si è recato nel foyer del Mambo (Museo d’arte moderna) di Bologna per imprimere parole, disegni e suggestioni su una parete bianca, in una performance coordinata dall’artista visivo Aldo Giannotti. Prima ancora dell’uscita del disco, Giovanni Truppi lo ha presentato in anteprima assoluta con un tour teatrale in sette date. Con lui sul palco il suo co-produttore (e amico) Marco Buccelli.
Si inserisce a pieno titolo in questo microcosmo anche Esseri finiti, il podcast in quattro episodi scritto dallo stesso Truppi insieme a Marco Rip e Giacomo De Poli, prodotto da Virgin Music e LifeGate Radio. Un podcast che è innanzitutto un viaggio – reale, non solo metaforico – tra le città in cui l’artista vive o ha vissuto (Bologna, Roma e Napoli) e tra quelle che ospitano gli eventi di presentazione dell’album (Milano e Mestre) negli ultimi, frenetici giorni prima del debutto dal vivo. Tra stazioni ferroviarie, studi televisivi, sedi di partito e anche la casa di sua madre, Truppi si confronta con persone vicine e lontane, aprendo le porte del proprio mondo e del proprio immaginario.
I temi del podcast sono gli stessi dell’album, raccontati con un linguaggio diverso. Si discute quindi dunque di politica, crescita, famiglia, fine del mondo, crisi climatica, ruolo dell’artista e non solo. “Temi adatti alla conversazione contemporanea”, secondo la definizione di Giacomo De Poli, che chiarisce: “Non si tratta di un track by track ma di una vera e propria immersione nei temi dell’album. Qualcosa di realmente complementare al disco ma allo stesso tempo capace di vivere di vita propria”. Il viaggio nasce proprio per espandere la narrazione attraverso il dialogo con interlocutori che lo stesso Truppi reputa interessanti, indipendentemente dalla loro fama.
“Nel suo modo di scrivere, Giovanni non porta le sue convinzioni, ma mette a vista i suoi dubbi. Non dà mai l’impressione di voler spiegare la lezione”, spiega a LifeGate Marco Rip. “A differenza di altri podcast che abbiamo realizzato in passato, tra cui Big! e Bis! con Colapesce e Dimartino, Giovanni Truppi non è solo il protagonista parlante ma è un host”. Un host atipico, però, perché non lo fa di professione e non conduce interviste statiche e strutturate.
Trattandosi di un podcast scritto e condotto da un cantautore, e strettamente legato a un disco, viene spontaneo chiedersi quanta musica ci sia nelle puntate di Esseri finiti. “La musica è un mezzo espressivo come un altro: c’è, ma solo quando è necessaria”, ci risponde Marco Rip. “In un audio documentario come questo, per giunta, l’ambiente è già colorato: si cammina per le strade di Napoli, si intercetta musica spostandosi da un luogo a un altro”. Anche nelle conversazioni, si menziona il ruolo di musicista quando è funzionale ad affrontare determinati temi. Gli autori sono andati volutamente a togliere i passaggi in cui veniva descritto in modo troppo esplicito e didascalico.
Il problema è il degrado delle condizioni di vita di una larga parte dell’umanità, che è un pensiero molto più scomodo della fine, no?
Magari dall’esterno non è semplice immaginarlo, ma per realizzare un podcast del genere il lavoro di sottrazione è imponente. Spiega Giacomo De Poli: “Abbiamo raccolto 30-40 ore di materiale audio e 10 ore di chiacchierate. Il lavoro di taglio è millimetrico e richiede, talvolta, di andare a ricomporre le singole parole”. Tutto ciò a sei mani, perché Giovanni Truppi è host e coautore e pieno titolo. Ed è una persona che ha sempre preferito mantenere una presenza pubblica discreta e misurata. “Siamo stati insieme a lui per diversi giorni. Inevitabilmente, in certi momenti la soglia di attenzione scendeva e si andava anche su temi personali”, continua Marco Rip. Ma la vita privata entra nel racconto quando lo arricchisce e lo completa, mai per spirito voyeuristico. “È stato fondamentale lavorare con un artista che si è messo a completa disposizione calandosi in un ruolo che non era il suo e ‘sposando’ il nostro metodo di lavoro e la nostra visione del progetto. Credo si sia creata una bella alchimia”, conclude De Poli.
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