
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
Sul nodo dei fondi per il clima, la Cop 23 potrebbe non portare grandi avanzamenti. La Francia lancia il One Planet Summit: “Donald Trump non è invitato”.
È molto probabile che al termine della Cop 23 di Bonn una delle questioni centrali per la lotta ai cambiamenti climatici non risulterà risolta. Si tratta del nodo dei finanziamenti necessari per le politiche di mitigazione, adattamento e “indennizzo” per i paesi più vulnerabili (“loss and damage”). Ovvero gli ormai famosi 100 miliardi di dollari all’anno che furono promessi per la prima volta ormai quasi dieci anni fa (alla Cop di Copenaghen, nel 2009). E che il mondo appare ancora estremamente lontano dal riuscire a mettere insieme. Soprattutto in ragione del fatto che dovrebbero essere soprattutto le nazioni più povere a beneficiare di tali somme e quelle ricche ad effettuare gli stanziamenti.
Un rapporto pubblicato dall’Ocse nell’ottobre del 2016 indicava in 58 miliardi la cifra finora raggiunta. “Ma si tratta probabilmente di un dato gonfiato, nel quale è stato inserito un po’ tutto (finanziamenti pubblici, fondi privati, donazioni e anche prestiti). Inoltre, ciascun governo sceglie autonomamente come fare la propria contabilità…”, ha osservato Armelle Le Comte, della ong Oxfam, al quotidiano francese La Croix.
Senza dimenticare un altro aspetto fondamentale, ovvero la scelta di come utilizzare questa mole di denaro (ammesso che sia stata realmente stanziata): “Finora solamente il 16 per cento dei finanziamenti va ai programmi di adattamento. I paesi ricchi preferiscono finanziare la mitigazione, che è più redditizia. E investire in nazioni intermedie o emergenti, perché considerate più solvibili”. In altre parole, “costruire una diga in Bangladesh non fa guadagnare abbastanza”. E pazienza se le coste della nazione asiatica verranno inondate a causa dei cambiamenti climatici, causati soprattutto dai paesi più industrializzati.
Per tentare di mobilitare non solo i governi, ma anche (e soprattutto) il mondo della finanza, la Francia ha deciso di organizzare una nuova conferenza mondiale. Battezzata “One Planet Summit”, la riunione si terrà il 12 dicembre nella capitale transalpina, a due anni esatti dall’approvazione dell’Accordo di Parigi del 2015. L’iniziativa è stata presentata nel secondo giorno di lavori della Cop 23 di Bonn, in Germania: “Si tratterà di un evento-chiave per rendere più green la finanza e per accelerare gli stanziamenti pubblici e privati”, ha affermato Aurelien Chevalier, consigliere diplomatico del presidente francese Emmanuel Macron.
“Non vogliamo organizzare un summit di discussioni, ma una riunione operativa, con l’obiettivo di stringere accordi tra tutti gli attori, comprese le ong e il mondo della ricerca”, ha aggiunto un altro rappresentante dell’Eliseo. L’evento si terrà in due tempi: nel corso della mattinata saranno organizzate quattro tavole rotonde: la prima sarà animata dal ministro degli Esteri Jean-Yves le Drian, la seconda dal ministro dell’Economia Bruno Le Maire, la terza dal sindaco di Parigi Anne Hidalgo e l’ultima dal ministro della Transizione ecologica Nicolas Hulot.
Il pomeriggio sarà dedicato invece al “dialogo di alto livello tra capi di Stato”. Ed è qui che la Francia ha deciso di operare un autentico strappo diplomatico: tra le circa cento nazioni che sono state invitate a partecipare non figurano gli Stati Uniti. Donald Trump, dunque, sarà tenuto fuori. “La lista dei partecipanti è stata stabilita di concerto con le Nazioni Unite. Ne fanno parte gli stati impegnati sul fronte dei cambiamenti climatici. Washington ha annunciato di voler uscire dall’Accordo di Parigi, per cui Trump non è stato invitato”, ha affermato Chevalier. L’Eliseo ha tuttavia precisato che alcuni rappresentanti dell’amministrazione americana potrebbero essere aggiunti all’ultimo momento, dopo la fine della Cop 23 (probabilmente, in funzione di come essa andrà). Ma è difficile che ciò possa bastare a ricucire con Washington.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
Il traffico aereo è responsabile del 2,4% delle emissioni di CO2, il che rende urgente l’avvio di azioni concrete da parte del settore per limitare l’impatto dei voli. L’esempio virtuoso di Air Dolomiti.
Viviamo in un mondo caratterizzato da molte crisi: sanitaria, economica e climatica. Da qui, nasce l’idea di creare una Costituzione della Terra.
Con l’installazione di Termoli ha preso il via la campagna “L’impronta del gigante invisibile”: ognuno di noi produce 7 tonnellate di CO2 all’anno.
Catania vive ore drammatiche a causa di un ciclone che potrebbe trasformarsi in un Medicane (Mediterranean Hurricane), un uragano paragonabile a quelli di origine tropicale.
Intervista a Gianmaria Sannino, climatologo dell’Enea: il Mediterraneo è un hotspot climatico, 50 gradi in Sicilia rischiano di diventare una consuetudine.
Nuovo rapporto del Cmcc mostra che le ondate di calore e le alluvioni saranno comuni a tutte le città, con una tendenza di crescita che appare già in atto. Ma le politiche di adattamento funzionano.
Uno studio della Banca Mondiale ha stimato il numero di migranti che potrebbero fuggire dalle loro terre, entro il 2050, per colpa del clima.
Intervista a Piera Tortora, coordinatrice del progetto Sustainable ocean for all dell’Ocse: “Si rischiano effetti globali catastrofici e irreversibili”.