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Secondo quali criteri compriamo una mela o un peperone, quando siamo al supermercato? I più attenti si accertano che si tratti di prodotti biologici, a km zero, genuini. Quasi tutti, quando li scegliamo, vogliamo che siano “belli” e in buono stato. Eppure chi coltiva un orto (o anche solo una pianta di pomodoro sul balcone)
Secondo quali criteri compriamo una mela o un peperone, quando siamo al supermercato? I più attenti si accertano che si tratti di prodotti biologici, a km zero, genuini. Quasi tutti, quando li scegliamo, vogliamo che siano “belli” e in buono stato. Eppure chi coltiva un orto (o anche solo una pianta di pomodoro sul balcone) lo sa: i frutti che Madre Natura regala non sono sempre gradevoli, dal punto di vista estetico, anzi. Ma allora perché quando facciamo la spesa ci comportiamo diversamente?
Devono esserselo chiesto anche i dirigenti della catena francese di supermercati Intermarché, che hanno lanciato, per tutto il 2014, la campagna Inglorious fruits and vegetables, un’iniziativa volta a valorizzare e a vendere gli ortaggi brutti per evitare gli sprechi alimentari. La catena d’oltralpe ha anche prodotto un video promozionale.
La frutta e la verdura dalle forme strane hanno dunque a disposizione un apposito banco nel reparto ortofrutta, con un packaging proprio che ne valorizza la “bellezza interiore”, cioè la bontà e genuinità del prodotto.
Intermarché ha voluto in questo modo sensibilizzare i consumatori sul problema molto spinoso dello spreco alimentare: secondo dati Fao, ogni anno il 30 per cento del cibo prodotto per il consumo umano viene sprecato, mentre secondo l’Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il cibo buttato o lasciato marcire equivale alla metà della produzione di cereali annua mondiale.
Uno dei motivi riguarda appunto la qualità estetica dei prodotti. Non sarebbe allora meglio acquistare frutta brutta e sprecare meno?
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