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La stagione che si sta per concludere registra livelli record, in negativo, per quanto riguarda l’estensione del ghiaccio ai poli.
È certamente un inverno anomalo, quello registrato nell’Artico quest’anno. E se le temperature medie lo scorso novembre hanno toccato punte mai registrate, ora a segnare il valore più basso è la copertura dei ghiacci, che in questo periodo dovrebbe invece essere al suo massimo.
A gennaio 2017 il ghiaccio artico misurava in media 13,38 milioni di chilometri quadrati. La più bassa estensione in quasi 40 anni. “Si tratta di 260mila chilometri quadrati in meno rispetto allo scorso anno, e di 1,26 milioni in meno rispetto alla media sul lungo periodo 1981-2010”, scrive il National snow and ice data center (Nsidc). Dagli anni Settanta ad oggi i ghiacci artici hanno perso il 3,2 per cento della loro estensione ogni 10 anni, che tradotti sono circa 47mila chilometri quadrati l’anno.
Melting continues in Longyearbyen, #Svalbard, still at +3°C. Should return below 0°C Sunday AM w/ hopefully some snow, too! #Arctic #climate pic.twitter.com/vqz1Ue2hLJ
— Patrick Duplessis (@Pat_wx) 10 febbraio 2017
I ricercatori sottolineano come le temperature in quota a gennaio siano state più alte di 5 gradi centigradi rispetto alla media 1981-2010 sopra al mare di Barents e fino a 4 gradi sopra la media nel nord del mare dei Chukchi e nel mare della Siberia Orientale. Da sottolineare invece come nella parte nordovest della Russia e nella costa nord orientale della Groenlandia si siano registrate temperature più fredde di circa 3 gradi rispetto alla media. “È stato un inverno anomalo”, ha dichiarato Julienne Stroeve dell’Nsidc a Climate Central. Secondo la ricercatrice questo potrebbe essere il segnale delle perdite di ghiaccio marino estivo e delle conseguente incapacità di accumulo di ghiaccio nei mesi più freddi.
Lo spiegava a LifeGate anche Elisa Palazzi, ricercatrice dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Isac) lo scorso autunno: “In ottobre e novembre c’è stato un record di diminuzione del ghiaccio marino in tutto l’Artico. Questo è un problema perché tale situazione rende difficile la formazione di ghiaccio nuovo. Anzi il ghiaccio che si forma è sempre più sottile. La diminuzione del ghiaccio fa sì che ci sia una maggiore esposizione solare, e questo va ad innescare un maggior riscaldamento delle acque marine. Si tratta di un meccanismo di retroazione ben conosciuto e di un ciclo che si autoalimenta. Ad una minor quantità di ghiaccio corrisponde un riscaldamento maggiore. Ecco perché il polo è una delle sentinelle del cambiamento climatico”.
Freezing degree days (FDD) provide insight to persistent Arctic “warmth” this winter [blues-1958 to yellows-2016]
(https://t.co/kO5ufUWrKq) pic.twitter.com/RnaMYWuwCh— Zack Labe (@ZLabe) 19 febbraio 2017
È di pochi giorni fa la notizia di una rapida e massiva rottura del pack nel ghiacciaio di Pine Island, nella parte ovest del continente e la conseguente perdita di ghiaccio pari a 10 volte l’area di Manhattan. Iniziato a luglio 2015, lo scioglimento sta continuando in questi giorni, a ritmi estremamente rapidi. L’estensione dei ghiacci è ovunque ai minimi in Antartide. A parte nel mare di Weddell, che risulta essere solo di poco al di sotto della media. La scorsa settimana il ghiaccio marino ha toccato il minimo storico, dal 1997 ad oggi.
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