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Alcuni Paesi vengono dimenticati finché un dramma li riporta sulla bocca di tutti, solo per un momento. Come l’eruzione del vulcano Fuego in Guatemala. Ma il recupero richiederà anni e l’appoggio della comunità internazionale. L’editoriale di Azione contro la fame.
Alcuni Paesi vengono cancellati, dalla memoria, dalla storia e dalle avversità, finché non avviene qualcosa di così grave da riportarli per un breve momento sulla bocca di tutti. È successo in Guatemala, un paese vittima della siccità, dove il tasso di malnutrizione cronica si avvicina pericolosamente al 50 per cento – con punte dell’80 per cento nei villaggi rurali dove la popolazione indigena vive in condizioni di povertà estrema. Un paese in cui il 95 per cento della terra è proprietà del 5 per cento della popolazione e che da anni soffre nell’indifferenza generale.
Ma il 3 giugno 2018 il mondo è tornato a ricordarsi dell’esistenza di questo piccolo stato nell’America centrale quando l’eruzione del vulcano Fuego, la seconda dall’inizio dell’anno, ha causato danni al di là di ogni previsione.
Gli ultimi dati parlano di 110 morti, 200 dispersi, 12.500 persone evacuate e 1,7 milioni di persone direttamente o indirettamente colpite dall’impatto dell’eruzione. Ed è stata un’eruzione dal comportamento anomalo perché le ceneri, buona parte dei materiali emessi più pesanti e più vicini al cratere e l’acqua piovana sono colati dal versante meridionale del vulcano, un’area che non era normalmente interessata dal problema. Proprio per questo gli abitanti delle comunità più colpite non erano stati evacuati al momento dell’arrivo dei lahar (le colate di fango composte da materiale vulcanico e acqua piovana, ndr).
Il governo guatemalteco ha chiesto aiuti umanitari internazionali poiché l’entità del disastro supera le risorse del Paese. “Le comunità che si trovano sul pendio del vulcano sono completamente sepolte. Sarà molto difficile trovare le persone scomparse, che potrebbero essere addirittura duemila”, ha commentato Miguel Ángel García, direttore di paese di Azione contro la fame in America centrale per il Guatemala e il Nicaragua.
I gas tossici e le colate di materiale piroclastico impediscono l’accesso agli aiuti umanitari. “Siamo in piena stagione della piogge e i lahar potrebbero causare lo straripamento dei fiumi e causare allagamenti, arrecando danni anche a comunità più lontane dal vulcano. E non siamo ancora riusciti ad accedere ad alcune delle comunità che sono state sepolte dall’eruzione”, spiega García, preoccupato.
La stagione delle piogge, inoltre, minaccia anche gli sfollati che hanno trovato un rifugio negli alloggi predisposti dal governo, dove la loro permanenza potrebbe prolungarsi nel tempo. “Alcuni dei campi temporanei potrebbero rimanere operativi per più di quattro mesi”, spiega Ada Gaytán, coordinatrice della riduzione del rischio di catastrofi naturali di Azione contro la fame in Guatemala. Nei campi non ci sono abbastanza servizi igienici, docce portatili né secchi per la spazzatura e se viene confermata l’evacuazione di tutte le comunità a rischio sarà necessario creare rifugi con una capacità di mezzi sufficiente.
Azione contro la fame lavora in Guatemala dal 1996 con programmi di nutrizione e sicurezza alimentare. A poche ore dal disastro, un team specializzato in situazioni di emergenza si è recato nel dipartimento di Escuintla, il più colpito dall’eruzione, per valutare i danni e le necessità. Dopo una prima valutazione, è emersa come necessità più immediata garantire acqua pulita, servizi igienico-sanitari e kit per l’igiene alle persone colpite.
[vimeo url=”https://vimeo.com/274685465″]Video Cano Cristales[/vimeo]
Azione contro la fame sta lavorando per continuare a raccogliere informazioni, organizzare gli aiuti umanitari e spostarsi verso i punti più vicini all’epicentro dell’eruzione. “Stiamo schierando esperti del team locale e del nostro pool di pronto intervento, e abbiamo già attivato una fornitura d’emergenza di acqua potabile”, ha commentato García. Ma il lavoro di salvataggio tra le vittime dell’eruzione del vulcano Fuego è ben lungi dall’essere finito: un pieno recupero sarà possibile solo nel lungo termine, e solo con l’appoggio di tutta la comunità internazionale.
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