Haiti. Il docufilm sulle sofferenze e le speranze di uno dei luoghi più poveri al mondo

Il documentario Haiti racconta i contrasti di un’isola devastata da terremoti e uragani e mostra le attività benefiche portate avanti da trent’anni da Fondazione Francesca Rava – Nph Italia. A condurci attraverso luoghi ed emozioni è Martina Colombari, da dieci anni impegnata qui come volontaria.

Da un parte le condizioni di vita disumane e la disuguaglianza sociale. Dall’altra la bellezza nascosta e incontaminata della natura e la grande umanità di un popolo che, nonostante tutto, va avanti. Elencare i contrasti di Haiti non basta a tracciare l’identità di quest’isola immersa nel mar dei Caraibi e diventata, negli ultimi anni, l’apparente bersaglio di un destino ingiusto e crudele.

Dopo il terribile terremoto del gennaio 2010, che ha causato 230mila vittime e 300mila feriti, lasciando senza casa un milione di persone, si sono abbattuti sull’isola quattro uragani, un’epidemia di colera e un altro terremoto. Una vera e propria catena di calamità “naturali”, che ha drammaticamente peggiorato le condizioni degli abitanti, condannando Haiti a uno stato di povertà estrema e trasformandola in un vero e proprio monito per l’umanità intera.

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Le maschere folcloristiche del carnevale di Jacmel ad Haiti mostrate nel documentario © Fondazione Francesca Rava

Haiti, il documentario

A raccontare la Haiti di oggi, in tutte le sue sfaccettature, è l’omonimo docufilm diretto dal regista Marco Salom e presentato in anteprima, il 9 maggio scorso, al Riviera international film festival di Sestri Levante. Ad accompagnarne il debutto, anche Martina Colombari, protagonista in veste di volontaria e testimonial di Fondazione Francesca Rava – Nph Italia, che da oltre trent’anni è presente sull’isola con numerose attività benefiche. E proprio le sue opere, portate avanti con tenacia dai volontari, sono al centro di questo film, che è insieme di denuncia e speranza.

Un compito per nulla facile quello affidato a Marco Salom, che, con coraggio e sensibilità, è riuscito a catturare l’anima, le sofferenze, ma anche la dignità e il folklore di questo luogo e della sua gente: “Abbiamo girato il film in soli cinque giorni”, racconta il regista, “Nelle mie prime tre missioni avevo girato dei videoclip, constatando da vicino l’onestà, il rispetto e l’energia inesauribile con cui lavorano i volontari della fondazione. Quando mi hanno chiesto di raccontare più a fondo il loro operato ho subito accettato e ho pensato a un docufilm”.

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La troupe del documentario Haiti. A sinistra il regista Marco Salom © Fondazione Francesca Rava

Le opere benefiche di Fondazione Francesca Rava – Nph Italia

Muovendosi tra le principali strutture della fondazione, come l’ospedale pediatrico Saint Damien (l’unico gratuito in Haiti), le scuole di strada, gli orfanotrofi, il centro produttivo e di formazione professionale Francisville – città dei mestieri e la fabbrica delle bare di cartone, il documentario ci porta così nell’inferno quotidiano di un paese che si piazza tra gli ultimi nel ranking mondiale per condizioni dell’infanzia, statistiche di mortalità e indigenza.

Il film è un viaggio crudo e doloroso, ma anche pieno di una speranza concreta, come sottolinea Martina Colombari: “Io nella speranza non vedo un’utopia, ma qualcosa che si deve e si può realizzare”. Un esempio molto bello sono le testimonianze e le storie di alcuni bambini adottati a distanza che, grazie a questo sostegno, oggi stanno costruendo un solido futuro, studiando per diventare medici o artigiani.

Tanti piccoli grandi traguardi raggiunti grazie alla generosità di chi alimenta la speranza. “In questi anni la nostra fondazione è diventata una realtà solida per la comunità”, racconta Colombari, che pure ammette: “Dalla mia prima missione ad oggi non vedo ancora Haiti tanto cambiata e la ricostruzione vera e propria non è ancora ripartita. Ma in questi anni ho visto tanti progetti partire sulla carta e diventare operativi .

È successo con Francisville e con la Casa dei piccoli angeli, che è il primo centro di riabilitazione dell’isola e aiuta 400 bambini tutti i giorni. Subito dopo il secondo terremoto abbiamo anche dovuto creare nuovi orfanotrofi, case di accoglienza e baby house, che sono poi diventate scuole di strada, che oggi accolgono 16mila bambini. Quello che cerchiamo di fare dare a queste persone gli strumenti per risollevarsi e auto sostenersi”.

Martina Colombari Fondazione Francesca Rava Haiti
Martina Colombari con i bambini di uno degli orfanotrofi di Haiti  © Fondazione Francesca Rava

Muoiono 2 bambini ogni ora ad Haiti

Per avere un quadro realistico della situazione in cui versa Haiti è fondamentale dire che il 56 per cento della popolazione (10,5 milioni di abitanti) soffre di malnutrizione; che ogni ora 2 bambini sotto i 5 anni muoiono di fame e di malattie curabili; che 1 bambino su 4 non va a scuola e che l’aspettativa di vita media non supera i 55 anni. Numeri che il documentario Haiti racconta attraverso volti e immagini che parlano da soli, ma che non bastano a restituire il dramma quotidiano di chi è costretto a vivere con meno di un dollaro al giorno (l’80 per cento della popolazione).

“La situazione è molto più grave di quella che sono riuscito a raccontare”, ammette il regista, che insieme a Martina Colombari, alla troupe e ai volontari della fondazione, ha attraversato la capitale di Port au Prince e si è addentrato nei quartieri più poveri. “Ci sono slum infiniti, privi di strutture igieniche, senza acqua potabile, elettricità e con fogne a cielo aperto”. Condizioni disumane dovute anche all’enorme disparità sociale, che impedisce alle persone di riemergere dalla miseria. “Port au prince sembra l’inferno”, prosegue Marco Salom, “Salendo sulle colline circostanti, la situazione migliora, e migliora anche l’aria, che in città è quasi irrespirabile per lo smog, la polvere e gli odori. Più in alto invece sorgono le ville di quei pochi che controllano il paese. Vedendo questo contrasto si comprende perché il popolo non ha la possibilità di tirarsi fuori dalla situazione in cui versa: perché è abbandonato a se stesso”.

Martina Colombari nell'ospedale Saint Damien Haiti
L’ospedale Saint Damien di Haiti è l’unico gratuito dell’isola e assiste 80.000 bambini l’anno © Settimio Benedusi

Ospedale pediatrico Saint Damien, un punto di salvezza

“Nel nostro ospedale pediatrico Saint Damien”, racconta Martina Colombari, “Le giornate iniziano sempre con una messa nella piccola cappella, in cui si celebrano i funerali dei bimbi e delle persone che non hanno superato la notte. È una realtà molto cruda ma è la verità”. A celebrarli in genere è Padre Richard Frechette, da tutti conosciuto solo come Padre Rick. Originario del Connecticut arrivò ad Haiti oltre trent’anni fa e da allora ha dedicato tutta la sua vita a questo popolo, salvando dalla strada migliaia di bambini e offrendo ai ragazzi un’alternativa alle armi e alla malavita. Una missione portata avanti in prima linea, non solo come sacerdote, ma anche come medico e come direttore dell’ organizzazione umanitaria internazionale per l’infanzia Nph Haiti e dell’affiliata Fondazione St. Luc. “È una persona che ti dà forza e sicurezza, pur vivendo in un inferno tutti i giorni”, racconta la Colombari, “Una persona normale ci metterebbe una settimana a fare quello che lui fa in un giorno solo”.

Fu proprio Padre Rick nel 2003 a chiedere alla Fondazione Francesca Rava (ufficio italiano di Nph), di aiutarlo nella realizzazione di un ospedale pediatrico, che fu poi inaugurato nel 2006 e che oggi è in grado di assistere 80mila bambini l’anno. “L’ospedale Saint Damien è un punto di salvezza per tantissimi bambini che non avrebbero nessuna speranza”, racconta il regista del film, “Di notte si vedono queste lunghe file di mamme con i loro bambini in braccio, che aspettano di entrare. Il personale medico ha dei ritmi incredibili e, stando lì, si percepisce una genuina voglia di fare del bene. Nonostante questo, purtroppo, non riescono a salvare tutti e ogni mattina si trovano i cadaverini dei bimbi morti per strada. Spesso vengono sepolti senza nemmeno una famiglia. È una cosa straziante”.

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Padre Rick inaugura la Klinik Martina, un pronto soccorso dedicato a Martina Colombari, a Citè Soleil, un quartiere di Port-au-Prince © Fondazione Francesca Rava

L’aiuto dell’Italia, “un regalo prezioso”

Un ruolo fondamentale nelle attività benefiche che hanno permesso ad Haiti di iniziare a risollevarsi lo ha avuto proprio l’Italia. Parallelamente alle tante strutture avviate negli anni dalla fondazione, è andato costruendosi negli anni un vero e proprio ponte di solidarietà tra il nostro paese e l’isola caraibica. Ed è grazie a questo ponte che il giovane medico e chirurgo pediatrico Osnel Louisma si trova ora presso l’ospedale Gaslini di Genova, per un corso di formazione e aggiornamento accanto al professor Girolamo Mattioli, responsabile del reparto di chirurgia pediatrica. Anche Osnel ha accompagnato la proiezione del docufilm Haiti al festival di Sestri Levante, dove abbiamo avuto la possibilità di incontrarlo: “Per noi l’aiuto dell’Italia è un regalo prezioso.

Il dottor Mattioli è venuto 7 volte ad Haiti a operare i bambini insieme a me e adesso mi ha invitato qui per imparare nuove tecniche di chirurgia. Per noi studiare all’estero è fondamentale perché ad Haiti noi non c’è una scuola di chirurgia pediatrica”. Esistono però tre università in cui si studia medicina generale e dove ci sono circa 300 studenti, ci spiega Osnel, che oggi è uno dei quattro chirurghi pediatrici del Saint Damien. “Operiamo circa mille bambini all’anno e abbiamo avviato, già da tre anni, un programma di formazione, per formare chirurghi pediatrici”. Un altro passo importante verso la ripartenza.

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Martina Colombari è volontaria ad Haiti da 10 anni © Fondazione Francesca Rava

Haiti, un monito per tutto il pianeta

La realtà di Haiti, così martoriata dalle calamità naturali, deve diventare un monito per tutta l’umanità, principale colpevole dell’emergenza climatica all’origine di questi fenomeni. “Quando chiedo a padre Rick il perché di tanta ingiustizia in un’unica isola”, ci confida Martina Colombari, “lui mi risponde che sono tutte conseguenze delle azioni umane e che non bisogna cercare una risposta religiosa a questo”.

Unica risposta possibile è, piuttosto, quella dell’azione. “Se vogliamo lasciare un mondo migliore dobbiamo rimboccarci le maniche e iniziare noi questo cambiamento”, prosegue la Colombari, che ogni anno torna ad Haiti come volontaria. “Quanto è bello sapere che siamo stati utili per qualcuno o qualcosa? La vita è una sola e, oltre a essere più grati per tutto quello che abbiamo, dovremmo prendere coscienza anche di questo, o non lasceremo nulla a chi viene dopo di noi”.

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