La polizia di Hong Kong ha messo una taglia sugli attivisti pro-democrazia

Le otto persone ricercate dalle autorità di Hong Kong sono ex deputati, attivisti e un avvocato, tutti fuggiti all’estero. La legge sulla sicurezza nazionale del 2020 ha represso il dissenso e i protagonisti delle proteste rischiano l’ergastolo. La comunità internazionale, in particolare Usa e Regno Unito, ha alzato la voce contro la taglia emessa da

  • Le otto persone ricercate dalle autorità di Hong Kong sono ex deputati, attivisti e un avvocato, tutti fuggiti all’estero.
  • La legge sulla sicurezza nazionale del 2020 ha represso il dissenso e i protagonisti delle proteste rischiano l’ergastolo.
  • La comunità internazionale, in particolare Usa e Regno Unito, ha alzato la voce contro la taglia emessa da Hong Kong.

La polizia per la sicurezza nazionale di Hong Kong ha messo una taglia su otto attivisti del movimento pro-democrazia. La cifra si aggira intorno a un milione di euro complessivo, vale a dire circa 120 mila euro ciascuno. A essere colpiti sono alcuni dei protagonisti delle proteste che hanno infiammato la città, Regione amministrativa speciale della Cina, nel 2019 e a cui le autorità hanno risposto con la repressiva legge sulla sicurezza nazionale. La taglia messa sugli attivisti è stata accolta in modo critico dalla comunità internazionale.

Manifestazione per la democrazia a Hong Kong
Manifestazione per la democrazia a Hong Kong © Creative Touch Imaging Ltd./NurPhoto via Getty Images

Dittatura a Hong Kong

Sono passati circa quattro anni dal 2019, l’anno in cui in tutto il mondo si è cominciato a parlare di Hong Kong. Nel marzo di quell’anno sono scoppiate una serie di proteste contro un progetto di legge di estradizione del governo locale, che in poco tempo si sono trasformate in un vero e proprio movimento. 

Le proteste hanno avuto per oggetto il potere e l’influenza del Partito comunista cinese nella città stato. La richiesta era di una maggiore democrazia nel paese e a portarla avanti sono stati soprattutto i più giovani, organizzati in una protesta orizzontale e senza leader né troppa organizzazione. Il primo luglio 2019 si è arrivati perfino all’occupazione del Parlamento locale ed è stato probabilmente a quel punto che si è messa in moto la macchina repressiva. 

Migliaia di persone sono state arrestate, la polizia ha represso in modo violento le manifestazioni, anche quelle più pacifiche. Il movimento pro-democrazia nel novembre 2019 ha riportato importanti risultati nell’elezione dei collegi distrettuali, ma le conseguenze delle rivoluzione sono finite lì. L’autoritarismo a quel punto si è affermato una volta per tutte, in particolare attraverso la legge sulla sicurezza nazionale imposta a giugno 2020 dal governo cinese.

La legge punisce qualsiasi atto di secessione, sedizione e sovversione, rimanendo volutamente vaga così da poter colpire ogni forma di dissenso. La conseguenza è stata la chiusura di giornali vicini al movimento pro-democrazia, l’arresto di centinaia di attivisti, lo scioglimento del movimento di protesta e l’imposizione di una vera e propria dittatura. La pandemia Covid-19 è stata strumentalizzata per restringere ulteriormente le maglie della libertà nella città-stato e oggi, a diversi anni di distanza dalle proteste, la repressione nei confronti dei suoi protagonisti va avanti.

La taglia sugli attivisti

La polizia per la sicurezza nazionale di Hong Kong ha emesso una taglia di un milione di euro complessiva su otto attivisti pro-democrazia. I destinatari sono gli ex deputati Ted Hui e Dennis Kwok, gli attivisti Nathan Law, Anna Kwok, Elmer Yuen, Mung Siu-tat e Finn Law, e l’avvocato Kevin Yam.

Alla luce della legge sulla sicurezza nazionale sono considerati responsabili di atti di secessione, sedizione e sovversione, oltre che di collusione con forze straniere. Si tratta di reati per cui a Hong Kong è previsto l’ergastolo e per trovarli e imprigionarli le autorità locali hanno chiesto la collaborazione della società civile e della comunità internazionale. Quest’ultima però ha alzato la voce, soprattutto il Regno Unito. “Non tollereremo alcun tentativo da parte della Cina di intimidire e mettere a tacere le persone nel Regno Unito e all’estero. Il Regno Unito difenderà sempre il diritto universale alla libertà di espressione e difenderà coloro che sono presi di mira”, ha dichiarato il ministro degli Esteri James Cleverly. 

Nel Regno Unito si trova Nathan Law, una dei leader del movimento pro-democrazia del 2019 e tra le persone su cui pende la taglia della polizia di Hong Kong. Law due anni fa ha ottenuto lo status di rifugiato politico proprio nel Regno Unito e nelle scorse ha mandato via Twitter un appello ai suoi concittadini di Hong Kong a non farsi intimidire e a non cooperare con le autorità locali. Prese di posizione dure sono arrivate anche dagli Stati Uniti e dall’Australia, che a loro volta ospitano alcuni degli attivisti su cui è stata messa la taglia. “L’applicazione extraterritoriale della legge sulla sicurezza nazionale di Pechino costituisce un pericoloso precedente che minaccia i diritti umani e le libertà fondamentali dei cittadini di tutto il mondo”, ha denunciato Matthew Miller, il portavoce del Dipartimento di Stato americano.

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