L’obiettivo dell’hotel Populus è compensare le emissioni di CO2 del 500 per cento attraverso operazioni eco-friendly. Ma è davvero così green?
I templi nella cittadina indiana di Aurangabad
Ad Aurangabad, cittadina indiana, probabilmente non si fermerebbe nessun viaggiatore se non fosse per la vicinanza a due dei siti archeologici
La cittadina indiana abitata per il 90% da musulmani, offre veramente
poche attrazioni: unica curiosità un’imitazione coeva del
più noto monumento indiano, il Taj Mahal.
Nelle immediate vicinanze di Aurangabad si trovano le antiche
grotte di Ellora, un complesso monumentale di templi scavati nella
roccia a più riprese nel corso dei secoli da volonterosi
monaci, prima buddisti poi induisti e infine jainisti. Le
più antiche risalgono al settimo secolo dopo cristo.
I trentaquattro templi si dipanano lungo la costa di un basso
rilievo collinare per una lunghezza complessiva di un paio di km.
Tutte le grotte sono rivolte verso ovest e nel mezzo si erge la
perla di Ellora, il tempio Kailasanatha, l’unico del complesso ad
essere stato ricavato scavando la roccia dall’alto.
Il tempio, scolpito a mano, ha una struttura centrale all’interno
della quale vi è, nel sancta sanctorum, il sacro yoni lingam
(simbolo dell’energia creatrice di Shiva) con le statue di Ganga e
Yamuna poste a sua difesa ai lati della porta. All’esterno, una
serie di piccole celle per i monaci, decorate con incisioni di
elefanti e altri animali selvatici, corrono lungo i tre lati di
roccia che proteggono il tempio principale.
Spostandosi a nord, verso il confine con il Madhya Pradesh, si
raggiungono le ancora più antiche grotte di Ajanta. Qui, sul
pianoro del Deccano, l’ambiente che fa da cornice al complesso
è assolutamente unico. Le grotte sono state infatti ricavate
nell’ansa a ferro di cavallo scavata nei millenni dalle acque di un
fiume ormai prosciugato.
Le grotte sono state nascoste per secoli dalle fitte maglie della
giungle che un tempo copriva l’altopiano, fino a quando una
spedizione inglese le portò alla luce nel 1819. Uno dei
templi porta ancora oggi le firme incise sulle pareti dai membri
della compagine.
Anche il complesso di Ajanta conta una trentina di grotte, la
maggior parte caratterizzate da pitture su intonaco assai
più raffinate di quelle di Ellora. Le più importanti
sono quelle buddiste, capaci di ospitare in tempi remoti fino a
duecento monaci e altrettanti artigiani.
Lo splendore di questi templi unici al mondo ha dovuto vedersela,
nel corso dei secoli, con incendi, terremoti, le intemperie e
l’incuranza dell’uomo. La loro bellezza rimane ancora oggi intatta,
anche se soggetta a continui “attacchi” da parte delle torme di
turisti indiani poco attenti alla loro tutela. In definitiva,
è proprio quella della conservazione la grande sfida che il
governo indiano ha deciso di raccogliere.
Nanni Fontana
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