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Il Museo di Storia Naturale di Milano propone fino all’11 settembre un dettagliato percorso scientifico, fotografico e multimediale sullo spettacolo naturalistico dei vulcani, abbinando un focus sulle energie alternative geotermiche.
Trattasi di montagne, sì, ma di fuoco, poiché si situano all’interno delle cosiddette aree geodinamiche della superficie terrestre, ovvero nei luoghi geologicamente più attivi del pianeta in cui possono più frequentemente verificarsi sia le eruzioni sia i terremoti. Ed è proprio quest’indole “irrequieta” ed effervescente a conferire ai vulcani quel fascino spettacolare e lievemente sinistro capace di incantare perfino i non addetti ai lavori.
Se dunque la visione del magma incandescente, dei lapilli, del fumo e delle colate laviche esercitano da sempre su di voi una certa suggestione, non potete perdervi il dettagliato percorso scientifico, fotografico e multimediale che il Museo di Storia Naturale di Milano dedica, fino al prossimo 11 settembre, allo spettacolo naturalistico dei vulcani.
L’itinerario espositivo curato dal vulcanologo Marco Stoppato non lesina sugli effetti speciali, poiché include ologrammi, filmati, ricostruzioni computerizzate, plastici con riproduzioni in scala ridotta –ovvero diorami–, cartografie in rilievo e materiali della Nasa attraverso i quali si cerca di familiarizzare il visitatore con meccanismi geologici, peculiarità e varietà morfologiche, dato che oltre ai classici arcinoti vulcani dalla forma piramidale esistono anche quelli a fessura, multipli, compenetrati, infossati ed altri ancora.
Sebbene la nostra penisola accolga alcuni tra i più celebri vulcani del globo, quali l’Etna (che la mostra rende accessibile tramite una visita virtuale via tablet), lo Stromboli e il Vesuvio, il percorso non solo fornisce una sorta di accurata “mappatura” vulcanica dell’intero pianeta, illustrando le lentissime e millenarie trasformazioni geologiche che hanno condotto alla formazione dei continenti e alla distribuzione dei vari vulcani, ma ci stimola anche a dilatare lo sguardo al di là del nostro “provincialismo” di abitanti terrestri, informandoci di come esista un’attività eruttiva perfino in altre zone del nostro sistema solare.
Per questa ragione all’ampio supporto fotografico si affianca una vasta collezione di campioni (oltre 100) di rocce, minerali e meteoriti, di derivazione anche extraterrestre, che rappresentano i prodotti dell’attività effusiva o esplosiva, seguiti da una più frivola rassegna di oggetti (francobolli, stampe, banconote, bottiglie etc.) ispirate all’iconografia dei vulcani.
Un focus specifico è riservato al lavoro dei vulcanologi, ovvero ai loro metodi di indagine scientifica che consentono di monitorare l’evoluzione di ogni vulcano (variazioni altimetriche, fasi di risalita magmatica etc.) ma soprattutto di prevedere eruzioni future.
Un laboratorio didattico-esperienziale apposito, il MagmaLab, curato dall’Associazione Didattica Museale, consente di accedere su prenotazione ad una serie di attività di informazione scientifica calibrata in base all’età degli studenti interessati.
Last but not least, la mostra fornisce alcune interessanti indicazioni in merito ai cosiddetti fenomeni vulcanici secondari, cioè allo sfruttamento del calore delle fonti geotermiche per la produzione di energia elettrica di uso domestico e non: un’altra preziosa sorgente di energia alternativa (per il cui sfruttamento l’Italia vanta il primato e la leadership mondiale) e dunque un tema di urgente e scottante –è il caso di dirlo– attualità.
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