Editoriale

In viaggio per Veganville. Un libro che ogni attivista dovrebbe leggere

In viaggio per Veganville è il nuovo libro di Tobias Leenaert che propone un nuovo modo di pensare all’attivismo, più inclusivo e flessibile.

Da oggi in Italia ogni attivista per i diritti degli animali avrà a disposizione uno strumento in più: In viaggio per Veganville, l’ultimo libro di Tobias Leenaert edito in Italia da Edizioni Sonda in collaborazione con Essere Animali.

Leenaert è un punto di riferimento internazionale del movimento animalista, è cofondatore di Proveg international ed ex direttore dell’organizzazione belga Ethical vegetarian alternative (Eva). Melanie Joy, autrice di Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche, ha definito il libro “una lettura obbligata per chiunque voglia massimizzare il proprio impatto per rendere il mondo un posto migliore per gli animali”.

Ecco tre ragioni per cui ogni attivista che si batte per un mondo migliore per gli animali dovrebbe averne una copia nella sua libreria.

Copertina di In viaggio per Veganville
Copertina di In viaggio per Veganville © Essere Animali

Come creare un mondo vegetale con un approccio pragmatico

Leenaert è famoso per il suo approccio pragmatico — non a caso è autore del blog The vegan strategist — e allo stesso tempo provocatorio e pacato. Nel libro non si limita a descrivere la realtà, bensì offre delle soluzioni tangibili su come migliorare il proprio modo di fare attivismo, dando consigli facili da mettere in pratica.

Uno fra tutti è quello di usare le proprie energie per rendere la scelta vegan facile sia da reperire che da scegliere: “Dobbiamo creare un ambiente favorevole facendo pressione e lavorando a fianco del settore privato, sostenendo i suoi sforzi di produrre e commercializzare ottime alternative ai prodotti di origine animale. Abbiamo anche bisogno di influenzare le ong che si occupano di salute e di ambiente, e il governo affinché sensibilizzi e promulghi leggi che facilitino il cambiamento. Infine, se vogliamo essere più inclusivi forse avremo bisogno di rendere più flessibile il concetto di veganismo”. Fare tutto questo significa portare in discesa quella che ora è una strada in salita per la maggior parte delle persone.

due maialini
In In viaggio per Veganville vengono offerte delle soluzioni tangibili su come migliorare il proprio modo di fare attivismo, dando consigli facili da mettere in pratica © Kenneth Schipper Vera/Unsplash

Mantenere uno sguardo critico sul movimento

Spesso gli attivisti si concentrano su ciò che sta all’esterno: ai non-vegani, alle istituzioni, la politica, le aziende. Leenaert ci invita a guardare a noi stessi e a mettere in discussione le nostre certezze. Sotto la lente d’ingrandimento ci siamo noi, le nostre strategie comunicative e di relazione con gli altri, l’idealismo che spesso rappresenta un enorme ostacolo alla diffusione dei valori animalisti. Per far sì che più persone abbraccino la scelta vegan, dobbiamo fare in modo che i pregiudizi verso chi la segue cambino. E se è vero che questi sono spesso falsi, purtroppo alcuni hanno un piccolo fondo di verità. Grazie a In viaggio per Veganville abbiamo un’occasione imperdibile di riflettere su quegli errori che ci impediscono di migliorare.

L’ottimismo di In viaggio per Veganville dà speranza

Di fronte all’enorme sfida che abbiamo di fronte è facile perdersi d’animo. Cambiare il modo in cui per millenni l’essere umano ha percepito gli animali e rompere i meccanismi di un’industria che muove triliardi di dollari è un’impresa titanica. Ma In viaggio per Veganville non lascia dubbi: il cambiamento può avvenire. Guardando i dati, gli investimenti economici, la crescente sensibilità del pubblico e le ricerche scientifiche, non si può ignorare il fatto che la società sta prendendo una nuova direzione, quella giusta, e noi dobbiamo avere fiducia.

Come spiega Leenaert: “Forse, come dice il filosofo Karl Popper, l’ottimismo è un dovere morale, dal momento che con una mentalità positiva possiamo ottenere di più. Nonostante qualcuno possa ribattere che focalizzarsi su qualcosa di terribile rischia di suscitare un senso di urgenza, penso che finirebbe per farci perdere la speranza. Invece, credere in qualcosa di buono può farci fare molta più strada”.

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