Animal Equality

Pubblicità ingannevoli nell’industria della carne: un problema da fermare

Le pubblicità ingannevoli del settore agro-alimentare italiano sono sempre più diffuse. Una nuova campagna vuole fermarle.

Un pascolo verdeggiante, mucche felici, galline che razzolano: queste sono le immagini che vediamo spesso nelle pubblicità prodotte e promosse dall’industria alimentare che vanno in onda in tv e che vengono stampate sui cartelloni stradali e sulle etichette. Queste immagini sono il racconto di un mondo che non esiste più, delle pubblicità ingannevoli. La produzione legata alla tradizione italiana, la vita contadina, i pascoli: tutto questo è stato progressivamente sostituito da un sistema di allevamenti intensivi.

A dimostrarlo ci sono le centinaia di inchieste condotte regolarmente da Animal Equality in Italia e negli altri paesi in cui opera, ma non solo: ci sono anche le inchieste di molte altre organizzazioni che lavorano per la protezione degli animali e dell’ambiente e i risultati dei controlli a campione effettuati dalle autorità italiane e internazionali.

Con le nostre investigazioni cerchiamo di sfatare il mito degli “allevamenti felici”, ma se l’industria ha la possibilità di continuare raccontare la sua verità distorta come faremo a contrastarla?

Una campagna per fermare le pubblicità ingannevoli

Da pochissime settimane, abbiamo dato il via ad una nuova campagna chiamata Stop alle pubblicità ingannevoli, creando un form online che chiunque, in qualunque momento, può compilare per segnalare una pubblicità potenzialmente ingannevole.

Le segnalazioni verranno esaminate dai collaboratori legali dell’organizzazione e – ove ci saranno le basi legali o presunte violazioni – si procederà con la denuncia o la segnalazione alle autorità competenti.

La decisione di dare vita a questa campagna è arrivata a seguito di diverse vittorie legali che hanno dimostrato quanto sia fuorviante l’immagine creata dall’industria alimentare sulle condizioni degli animali in allevamenti e macelli.

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Vitelli segregati in un allevamento intensivo. le pubblicità ingannevoli non li mostrano
I vitelli vengono tenuti in box singoli per le prime 8 settimane di vita © Animal Equality Italia/Flickr

La realtà non è quella mostrata ai consumatori

In Italia in particolare abbiamo ottenuto una vittoria importante su Amadori: grazie al lavoro dei nostri investigatori e all’azione legale di Enpa (l’Ente nazionale protezione animali), siamo riusciti a portare Amadori davanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in quanto la comunicazione che presentava sui polli era potenzialmente ingannevole se comparata alla realtà documentata all’interno dei loro allevamenti. I nostri investigatori, infatti, con l’inchiesta Pollo 100 per cento italiano e con altre testimonianze allegate alla denuncia, avevano dimostrato ampiamente che la pubblicità e le comunicazioni dell’azienda sui polli erano lontane dalla realtà dei polli allevati per la loro carne.

A seguito delle denunce per altro è stato anche innescato un processo penale che ha portato alla condanna del rappresentante legale e del custode di uno degli allevamenti indagati per maltrattamento, abbandono e uccisione.

Le pubblicità ingannevoli dell'industria della carne e del latte
L’industria della carne si nasconde dietro a pubblicità ingannevoli © Animal Equality

Un’industria sostenuta da fondi pubblici

Ma quello di Amadori è solo uno dei tanti casi. L’industria agroalimentare italiana vale circa 93,4 miliardi di euro (dati rapporto Ismea 2020) e viene ampiamente sostenuta da fondi pubblici, come la Pac europea – che rappresenta il 34,5 per cento del bilancio dell’Unione europea – ed è probabilmente anche per questo che l’immagine che viene trasmessa su siti web delle aziende, sugli spot televisivi o sui cartelloni pubblicitari è molto edulcorata.

Non vengono quindi mai mostrati il sovraffollamento, le gabbie anguste, le patologie e le malformazioni, le condizioni igienico-sanitarie precarie o le situazioni di maltrattamento che si incontrano ogni giorno in allevamenti e macelli anche del nostro paese.

Scrofa in una gabbia contenitiva in un allevamento italiano non mostrata nelle pubblicità ingannevoli
La vita in gabbia è la norma per quasi 500mila scrofe allevate in Italia, costrette a passare la maternità tra le sbarre, in condizioni raccapriccianti © Animal Equality Italia/Flickr

In tutto il mondo circolano pubblicità ingannevoli

Ma il problema non riguarda solo l’Italia. Animal Equality è impegnata anche negli Stati Uniti in diverse denunce proprio su questi temi. In particolare si citano le azioni legali in corso contro Tyson Foods e Cargill, Inc. entrambe giganti della produzione di carne, accusate da diverse organizzazioni di commercializzare e promuovere comunicazioni ingannevoli nei confronti dei consumatori.

La trasparenza e la verità delle informazioni che vengono destinate al pubblico sono valori dai quali non si può prescindere, soprattutto quando vi sono in gioco diritti fondamentali di cittadini e animali.

A cura di Greta di Fiore, team comunicazione di Animal Equality Italia

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