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La maggior parte dei bambini non considera gli animali come cibo, ma mangia la carne perché non sa da dove proviene. Lo conferma un nuovo studio.
Se i bambini sapessero da dove provengono la carne e i derivati animali che hanno nel piatto, probabilmente non li mangerebbero. Le loro menti non sono ancora state condizionate della società in cui vivono e quindi non considerano gli animali come cibo. È la conclusione di una nuova ricerca a firma di Erin R.Hahn, Meghan Gillogly e Bailey E.Bradford pubblicata sulla rivista Journal of Environmental Psychology che va ad approfondire la capacità dei bambini di riconoscere la provenienza degli alimenti di cui si nutrono.
I ricercatori hanno intervistato 176 bambini tra i 4 e i 7 anni. Il 36-41 per cento di loro pensa che hamburger, hot dog e pancetta vengano dalle piante. Persino i nugget di pollo, un alimento identificato comunemente con il nome di un animale, sono stati identificati come di origine vegetale. Un’eccezione a questa tendenza sono le patatine fritte, ritenute di derivazione animale dal 47 per cento degli intervistati, seguite da popcorn e mandorle, confuse dal 30 per cento di loro.
Le interviste dimostrano anche che non tutti i bambini capiscono davvero cosa voglia dire mangiare della carne. In molti non realizzano che si tratta di parti di animali uccisi e anche quando questo avviene, pensano comunque che la carne venga “raccolta” da animali deceduti per cause naturali, ignorando completamente la realtà dell’industria alimentare.
Bisogna ricordare che i bambini non hanno autonomia decisionale su cosa mangiano. L’alimentazione rimane una scelta a carico dei genitori che impongono le abitudini alimentari ai figli, sia che seguano una dieta onnivora che vegetale.
Questa, secondo i ricercatori, potrebbe essere una delle motivazioni che spingono i più piccoli a mangiare carne, anche se contrario ai loro ideali. “I bambini potrebbero non avere conoscenze di base sul cibo perché hanno poche occasioni di essere esposti al modo in cui questo viene prodotto”, spiegano. “In alcune culture occidentali, parlare dell’uccisione degli animali, specialmente con i più piccoli è considerato un tabù. I genitori potrebbero esitare a spiegare l’origine della carne ai bambini se pensano che questo potrebbe esporli al maltrattamento degli animali e portare, di conseguenza, a un loro rifiuto verso la carne”.
Piuttosto che dover discutere del fatto che la pancetta nel piatto un tempo apparteneva a una creatura viva che era in grado di respirare, alcuni genitori preferiscono nascondere la verità e utilizzare una terminologia vaga che potrebbe avere impatti a lungo termine.
La disinformazione potrebbe anche essere legata al modo in cui la carne viene dissociata dalla sua origine in molte culture occidentali che sono dominate da sistemi alimentare fortemente industrializzati. Hamburger, pancetta e hot dog sono così tanto trasformati lontano dagli occhi dei bambini (e non solo) che quando raggiungono i loro piatti diventa impossibile fare la connessione, rendendo astratto il collegamento tra il cibo e l’animale.
Una riflessione interessante riportata dai ricercatori riguarda poi lo specismo, la convinzione secondo cui gli esseri umani sono superiori per status e valore agli altri animali, e pertanto devono godere di maggiori diritti. In altre parole, lo specismo è una sorta di pregiudizio che ci fa pensare che mangiare un hamburger sia un diritto più importante del desiderio di un animale di non morire.
Studi recenti hanno dimostrato che queste tendenze sono più deboli nei bambini, a riprova del fatto che lo specismo viene trasmesso dalla società e che potrebbe svilupparsi nelle menti solo in un’età più adulta.
“I bambini di quattro anni attribuiscono la stessa gravità all’atto di uccidere, sia che questo avvenga nei confronti degli esseri umani che di quelli non umani”, si legge nello studio. Appena crescono però, tendono a dare maggiore importanza alle vite umane e il divario sul giudizio morale riguardo le uccisioni aumenta. “Questo perché crescendo acquisiscono dei tratti sociali che danno priorità agli esseri umani e sminuiscono a livello morale gli altri animali”, concludono i ricercatori.
Studiare le opinioni dei bambini sui cibi che derivano dagli animali, può fornire una prospettiva unica per capire la resistenza degli adulti verso la riduzione del consumo di carne e derivati, si spiega nello studio. “I genitori sembrano parlare poco dell’impatto ambientale che l’alimentazione ha sul Pianeta e […] spesso rappresentano in modo errato la provenienza della carne ai bambini a causa della loro stessa complessa relazione che hanno con gli animali”.
Eppure, il settore alimentare, in particolare quello legato agli alimenti di origine animale, è uno dei più impattanti sul Pianeta. “La crisi climatica domanda un cambiamento culturale su larga scala, tra cui la transizione verso diete a base vegetale”, continuano gli esperti. “Gli adulti che vivono in nazioni che producono le emissioni maggiori non sembrano voler ridurre il loro consumo di cibi di origine animale. I bambini non avendo ancora il loro arsenale di scuse sembrerebbero essere dei consumatori ignari. L’infanzia potrebbe quindi rappresentare una finestra unica di opportunità durante la quale inserire una dieta vegetale”. La speranza è che le nuove generazioni possano conservare un po’ di quella compassione che, alla fine, è dentro ognuno di noi.
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