
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
L’estensione dei roghi che hanno bruciato ampie aree di foresta pluviale è testimoniata dalle immagini satellitari diffuse dall’Inpe e dalla Nasa.
Aggiornamento 23 agosto: l’articolo è stato corretto. Il dato che avevamo riportato inizialmente, secondo cui era stato registrato un incremento degli incendi dell’84 per cento su base annua nell’Amazzonia brasiliana, era errato. L’aumento in termini percentuali è corretto, ma riguarda l’intera superficie nazionale.
Dopo le foreste boreali dell’Artico, in fiamme con gravissime conseguenze per il clima, l’uomo e la fauna, anche la foresta amazzonica è vittima degli incendi. Tra l’11 e il 13 agosto numerosi roghi hanno infatti colpito gli stati di Rondônia, Amazonas, Pará e Mato Grosso, devastando ampie aree di foresta pluviale, e molti continuano a bruciare. L’intensità delle fiamme era così elevata da essere visibile dallo spazio, come testimoniano le immagini diffuse dall’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (Inpe) e dalla Nasa.
Secondo quanto riportato dall’Inpe, da gennaio ad agosto sono stati registrati in tutto il Brasile oltre 74mila incendi, con un aumento dell’84 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018.
Lo scorso 19 agosto il fumo degli incendi, portato dal vento, ha provocato un blackout diurno nella città di San Paolo, durato circa un’ora. Oltre a questo episodio non sono stati segnalati disagi alla popolazione, anche se non si conosce l’impatto sulle popolazioni indigene che vivono nella foresta. Le conseguenze più gravi sono sul fronte ambientale: la foresta amazzonica è infatti l’ecosistema più ricco di biodiversità al mondo. Questa enorme foresta pluviale è inoltre il principale deposito di anidride carbonica del pianeta, la cui distruzione provocherebbe il rilascio di grandi quantità di gas a effetto serra nell’atmosfera, accelerando ulteriormente i cambiamenti climatici.
Solitamente, nella regione amazzonica, gli incendi sono rari dato che l’elevato tasso di umidità ne ostacola la nascita e la propagazione. Luglio e agosto sono però i mesi più secchi, proprio in questo periodo diversi incendi vengono deliberatamente appiccati da allevatori e agricoltori per mantenere i pascoli per il bestiame e i terreni agricoli o per deforestare per altri scopi.
Il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha minimizzato sostenendo che in questo periodo gli incendi sono normali. L’Inpe sostiene invece che il numero di roghi è inusuale e non in linea con il trend della stagione secca. “La stagione secca crea le condizioni favorevoli per l’uso e la diffusione del fuoco – ha spiegato a Reuters Alberto Setzer, ricercatore dell’Inpe – ma accendere un fuoco è opera dell’uomo, deliberatamente o per caso”.
Gli incendi che hanno bruciato e che continuano ad ardere nell’Amazzonia brasiliana rappresentano un ulteriore attacco all’ultimo grande polmone verde del pianeta, già colpito duramente dalla dilagante deforestazione. Negli ultimi mesi infatti la foresta brasiliana è andata distrutta a un ritmo inaudito: ogni minuto scompaiono tre campi da calcio, e sembra essere sull’orlo del punto di non ritorno. Recentemente l’agenzia spaziale brasiliana, dati alla mano, ha denunciato un’accelerazione della deforestazione in seguito all’insediamento di Bolsonaro (circa il l’88 per cento in più rispetto al 2018), ma quest’ultimo, per tutta risposta, ha licenziato il direttore dell’agenzia, accusandolo di aver mentito sulla portata della deforestazione e di aver tentato di minare la stabilità del governo.
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