Gli incendi in California del 2018 si potevano evitare, condannata la PG&E

Gli incendi letali del 2018 in California erano evitabili con una semplice attività di manutenzione. Condannata la dirigenza della PG&E.

Gli incendi che hanno devastato la California, negli Stati Uniti, nel 2018 hanno causato la morte di più di cento persone e danni per 12 miliardi di dollari (circa 10,6 miliardi di euro). Fra questi, il più distruttivo è stato quello che ha distrutto la cittadina di Paradise, nella contea di Butte vicino Sacramento, anche noto noto come Camp fire. A distanza di quasi due anni, è stata ufficializzata la causa, il motivo di questo disastro: le infrastrutture fatiscenti della compagnia elettrica PG&E, la società, che tuttora fornisce elettricità e gas al nord della California.

Una rete fatiscente responsabile degli incendi

Nonostante la sentenza abbia previsto il risarcimento per i famigliari delle 84 vittime, il procuratore distrettuale Michael Ramsey si è dichiarato insoddisfatto. Per il procuratore, infatti, le aziende e le società, soprattutto se operano per un interesse pubblico, dovrebbero essere maggiormente responsabili della manutenzione dei propri impianti, specie se, come in questo caso, hanno ricevuto segnalazioni dalla stessa popolazione

L’inchiesta di Ramsey, infatti, ha portato alla luce come la società energetica con sede a San Francisco, abbia ripetutamente ignorato gli avvertimenti relativi alla inadeguatezza della rete elettrica, rimandando più volte la manutenzione di pali e tralicci.

Le vittime ricordate durante la lettura della sentenza

Nel corso del dibattimento sono state ricordate le 84 vittime del Camp fire attraverso un video trasmesso sugli schermi dell’aula. Bill Johnson, amministratore delegato della PG&E, presente in aula durante l’udienza finale del processo ha affermato la seguente frase per ogni nome pronunciato: “Colpevole, vostro onore“.

Alla lettura delle accuse, Johnson ha poi aggiunto: “La nostra strumentazione ha dato origine a quell’incendio”. Un’ammissione che non ha intenerito il procuratore distrettuale Michael Ramsey, a capo della task force che negli ultimi mesi ha indagato sulle cause della tragedia.

Nessuno va in galera

“Questa è la prima volta che PG&E, o qualsiasi altra grande azienda, viene accusata di omicidio a seguito di un incendio incontrollato – ha spiegato Ramsey in una conferenza stampa –,  trattiamo le società come persone fisiche, ma poi non le mandiamo in prigione”.

Johnson e i suoi collaboratori, infatti, non andranno in carcere visto che la California non prevede pene di questo tipo per i dirigenti d’azienda.

A PG&E è stata inflitta una multa di 3,5 milioni di dollari e l’imposizione di un risarcimento di 25 miliardi di dollari per le famiglie delle vittime e i cittadini della contea di Butte. Per questo l’impresa ha già dichiarato bancarotta, ma secondo gli esperti potrebbe risollevarsi a breve.

L’ammissione di colpa del dimissionario Johnson e della PG&E non ripaga le omissioni e le lacune della compagnia. “Una tragica assenza di responsabilità per la vita” per la sicurezza, giustificata dall’esigenza di far profitto. Una colpa indelebile che ha provocato la morte di decine di persone innocenti.

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Articoli correlati

Da giorni le fiamme stanno divorando le sequoie della California. Il 9 settembre un fulmine ha colpito uno degli alberi del Sequoia national park, un parco naturale della Sierra Nevada noto per i suoi esemplari unici di alberi che hanno fino a 3mila anni di età. In due settimane di incendio sono già andati in