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Ha senso ricostruire dove si sa già che tornerà la distruzione? Il caso della California
Greenville sarà ricostruita così com’era, ma il pericolo di incendio in California cresce. Sono necessarie nuove regole per garantire sicurezza.
Greenville è una delle molte cittadine californiane che sono state distrutte dagli incendi che hanno colpito l’ovest degli Stati Uniti (e non solo) negli ultimi anni. Di Greenville non è rimasto nulla, ma circa 300 dei suoi abitanti vogliono tornarci ad abitare, ad ogni costo. Anzi, non proprio: a spese dello stato della California. Il governatore democratico Gavin Newsom ha infatti appoggiato un generoso piano di investimenti per la ricostruzione delle aree distrutte. Detta così, non sembrerebbe una decisione discutibile, anzi; il problema è che paesini come Greenville verranno ricostruiti dov’erano e com’erano, come se non fosse successo niente. Visto che una delle principali cause dei mega-incendi californiani, oltre al caldo, è la sostituzione delle foreste di sempreverdi con aridi arbusteti, è come se il destino di queste città ricostruite sia già segnato. Ci sarà un incendio, prima o poi, e verranno inghiottite dalle fiamme ancora una volta.
Ricostruire Greenville com’era è un rischio ambientale
Questa coazione a ripetere non rappresenta solo un enorme spreco di soldi e risorse ma anche un notevole rischio ambientale (gli incendi rilasciano enormi quantità di CO2) e un grande pericolo per i cosiddetti first responder, ovvero soccorritori, vigili del fuoco e protezione civile. Se si sa già che una determinata area ha un’alta probabilità di essere colpita da incendi di tali dimensioni, perché tornarci e ricostruirci un insediamento? È la domanda che si sono poste due editorialisti del Los Angeles Times, Erika D. Smith e Anita Chabria, in un articolo in cui hanno cercato di stimare la portata della spesa pubblica necessaria per ridare vita a Greenville & co: un miliardo di dollari. Lo scorso anno, Newsom aveva firmato un pacchetto da 536 milioni di dollari per prevenire questo tipo di incendi, incluso un piano per fermare la deforestazione. È solo l’inizio: secondo il Times servirebbero tre miliardi e dieci anni di tempo per mettere davvero in sicurezza lo Stato, composta da grandi città ma anche centinaia di insediamenti immersi tra i boschi o circondati da terra arida.
Secondo un recente studio, nel corso di questo secolo il pericolo di incendio in California aumenterà del 77 per cento e i mega-incendi diventeranno il 50 per cento più frequenti di oggi. Quanto verrà ricostruito oggi, quindi, tornerà presto a essere cenere. Invece di spendere soldi nella ricostruzione a tappeto, continuano l’editoriale, servirebbe una “difficile conversazione” collettiva sullo stato delle cose: dove, come, quanto costruire, in California, e in tutto la costa Ovest. La conversazione diventa ancora più urgente se si considera che lo Stato in questione ha da tempo un considerevole problema residenziale, con circa 160mila persone senzatetto, mentre viene speso un miliardo di dollari per rimettere in sesto (per poco) insediamenti che avevano già prima degli incendi pochi abitanti.
Alla luce di tutto questo, la politica di Newsom sembrerebbe insensata, oltre che scellerata. A pesare nelle sue decisioni c’è però il peso elettorale della California più rurale – non così democratica come le grandi città – ma anche l’importanza iconica, culturale, di paesi come Greenville, sorti a metà Ottocento, in piena febbre dell’oro. Ma quella febbre è finita da un pezzo, la California è cambiata e ha bisogno di nuove regole per costruire insediamenti e abitazioni davvero sicure.
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