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In pieno Mediterraneo, l’Amp delle Egadi gode di un punto di osservazione strategico per comprendere i cambiamenti dei nostri mari. E con le migliori tecnologie, esplora (e protegge) un universo ancora in gran parte sconosciuto.
C’è un mondo tutto da scoprire sotto i nostri occhi ed è il mare. La Terra infatti è ricoperta per più di due terzi da oceani in gran parte ancora inesplorati che in proporzione conosciamo meno della Luna e di Marte. Mapparli e studiarli è quindi fondamentale per comprendere l’andamento della vita sul pianeta e gli effetti dei cambiamenti climatici con cui stiamo facendo i conti ora più che mai. Di questo parliamo con il biologo marino Pasquale Baiata che si occupa del monitoraggio delle acque dell’Area marina protetta delle isole Egadi ed è il responsabile dell’isola di Marettimo. È lui a raccontarci il lavoro portato avanti in questa zona che per biodiversità rappresenta un patrimonio inestimabile e un laboratorio a cielo aperto da osservare e proteggere. “Qui negli ultimi quarant’anni la pressione antropica è aumentata moltissimo soprattutto sulle coste, portando l’immissione di acque reflue urbane che hanno modificato la chimica e di conseguenza la vita in mare. Inoltre i cambiamenti climatici hanno generato l’aumento della temperatura dell’acqua e la tropicalizzazione del Mediterraneo con l’arrivo di specie aliene”.
Come spiega Baiata l’arrivo di queste specie è strettamente legato all’attività umana, in particolare all’aumento del traffico navale e alle acque di sentina (utilizzate per stabilizzare le navi prive di carico durante la navigazione e poi rilasciate al porto di arrivo una volta imbarcato il carico) che vengono riversate in mare portando esemplari che vanno ad alterare l’equilibrio degli habitat locali, mettendo a rischio la salute degli organismi vegetali e animali che li popolano e la biodiversità. Inoltre la tropicalizzazione del Mediterraneo sta favorendo la dispersione di numerose specie che prima erano confinate nella parte orientale. Attraverso un corridoio artificiale come il Canale di Suez – quasi raddoppiato nel 2015 – arrivano nuove specie come il lion fish che ormai si è largamente diffuso in particolare a Lampedusa e nelle isole greche.
Baiata sottolinea che gli effetti dei cambiamenti climatici nelle Egadi sono in fase di studio: “Stiamo cercando di capire in che direzione stiamo andando. Ci troviamo in una posizione strategica tra il bacino orientale e quello occidentale del Mediterraneo, siamo praticamente al centro di un’autostrada che porta le specie da sud a nord”. Il lavoro di ricerca all’interno di un osservatorio naturale come questo risulta quindi prezioso per comprendere l’evoluzione dell’ecosistema marino che è in rapido mutamento e individuare le modalità per intervenire e giocarsi al meglio la partita riguardante il nostro futuro e quello del pianeta.
La tecnologia in questo ambito offre un grande aiuto, permette infatti di ottenere delle risposte puntuali su cui programmare progetti di monitoraggio. Come spiega Baiata, le strumentazioni utilizzate variano molto, si va dalla classica bombola con boccaglio e muta, che consente di andare sott’acqua a fare censimenti visivi in immersione, alla tecnologia computerizzata con sistemi informatici multilivello come i Gis (Geographic information system), che permettono di studiare la trasformazione del territorio e la variazione dei processi biologici. Un ulteriore passo in avanti è rappresentato dall’innovativa barca ibrida che l’Amp sta allestendo grazie al finanziamento ottenuto del Ministero della transizione ecologica e con il supporto di Rio Mare, che ha sostenuto l’acquisto di sonde multiparametriche capaci di misurare ossigeno, pH e temperatura, fondamentali per il lavoro di monitoraggio.
L’impegno di Rio Mare accanto all’Area marina protetta delle Isole Egadi per la difesa di questo prezioso ecosistema procede da anni su diversi fronti. Numerose sono le attività supportate dal brand che vengono anche raccontate grazie al progetto Ocean Words, l’instamagazine di Rio Mare che oltre a dare voce alle storie del mondo sommerso promuove attività concrete per la sua tutela, a conferma del fatto che conoscenza, informazione e rispetto dell’ambiente vanno di pari passo.
Dal punto di vista del supporto tecnologico, una delle azioni più importanti realizzate attraverso grazie a Rio Mare per la salvaguardia dell’area marina protetta è stato il posizionamento di quaranta dissuasori antistrascico.
Si tratta di blocchi di cemento uncinati posti sui fondali per contrastare un tipo di pesca rovinosa e ancora diffusa illegalmente, lo strascico appunto, che danneggia i fondali e depaupera le risorse ittiche. Il progetto prende il nome di Master (Misure anti strascico per la tutela e il ripopolamento) e ha permesso di raggiungere un traguardo significativo: la riduzione di oltre l’80 per cento della pesca illegale e la tutela della prateria di Posidonia oceanica più estesa d’Europa che si trova proprio in queste acque e che viene considerata “l’Amazzonia subacquea del Mediterraneo”.
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