Un rapporto della ong israeliana PHRI denuncia la strage di palestinesi nelle strutture detentive israeliane. I morti ufficiali sono 98 ma si contano centinaia di dispersi.
Dal 7 ottobre 2023 nelle carceri israeliane sono morti almeno 98 prigionieri palestinesi. Altre centinaia risultano scomparsi e questo fa presupporre che il numero complessivo delle vittime sia ancora più grande. La denuncia è contenuta in un nuovo rapporto dell’organizzazione non governativa israeliana Physicians for Human Rights – Israel (PHRI), che parla di una deliberata politica israeliana di uccisione dei palestinesi in custodia. Raccogliere i dati è molto difficile perché le autorità israeliane si rifiutano di condividere le generalità dei prigionieri, che nella maggior parte dei casi si trovano reclusi senza accuse ufficiali e senza aver affrontato un processo, e non forniscono informazioni sui decessi in carcere. Inoltre i responsabili israeliani delle morti in custodia non vengono perseguiti penalmente e questo clima di impunità non fa altro che aggravare la strage.
La strage di detenuti palestinesi
L’organizzazione non governativa israeliana Physicians for Human Rights – Israel (PHRI) ha monitorato i decessi di persone palestinesi avvenute nelle carceri israeliani a partire dal 7 ottobre 2023, data dell’inizio del genocidio nella Striscia di Gaza. L’ong ha avuto grosse difficoltà a raccogliere i dati perché si è scontrata con la scarsa trasparenza delle autorità israeliane, che si rifiutano di fornire notizie sulle generalità delle persone recluse e sul loro stato di salute. I dati ufficiali sui decessi in carcere aggiornati da Israele, per esempio, sono fermi all’estate del 2024.
Secondo la rilevazione del PHRI, sono almeno 98 le persone palestinesi morte nelle strutture detentive israeliane dal 7 ottobre 2023. Di queste, 68 sono persone provenienti dalla Striscia di Gaza, 26 arrivano dalla Cisgiordania o hanno cittadinanza israeliana e di quattro mancano i dettagli perché sono morte di recente e non è stato ancora possibile saperne di più. Tutti questi decessi riguardano persone che si trovano in stato di prigionia “per motivi di sicurezza”, nella maggior parte civili che non hanno accuse formali a loro carico e non sono mai state sottoposte a un processo, come conferma un’indagine parallela del quotidiano britannico The Guardian, del magazine israeliano +972 Magazine e del giornale in lingua ebraica Local Call. Ma il numero di 98 detenuti palestinesi morti, per quanto decisamente superiore alle stime che erano circolate fino a ora, è in realtà probabilmente solo la punta dell’iceberg.
“Questo non è un quadro completo. Siamo certi che ci siano ancora persone morte in detenzione di cui non siamo a conoscenza”, ha denunciato Naji Abbas, direttore del dipartimento prigionieri e detenuti presso il PHRI. Centinaia di persone palestinesi detenute nelle carceri israeliane risultano infatti scomparse da parecchio tempo e questo fa presupporre che almeno una parte non sia più in vita visto che Israele è solito non dare più notizie quando un prigioniero muore.
L’impunità nelle carceri israeliane
Il rapporto del PHRI sottolinea che prima del 7 ottobre 2023 si registrava una media di due-tre morti palestinesi all’anno nelle carceri israeliane. Negli ultimi due anni i dati sono cresciuti in maniera esponenziale con i 98 morti e le altre centinaia di persone di cui non si hanno più notizie. “I dati evidenziano che i decessi si sono verificati in tutte le strutture di detenzione, non come episodi isolati, ma come parte di una politica più ampia”, denuncia il PHRI, che parla di “un modello sistematico di gravi violenze, tra cui traumi cranici, emorragie interne e fratture costali. Altri casi evidenziano gravi negligenze mediche, tra cui estrema malnutrizione e negazione di cure salvavita”.
Nel rapporto vengono raccolte decine di testimonianze sui decessi occorsi in altrettante decine di strutture detentive israeliane. C’è per esempio la storia di Adnan al-Bursh, primario di ortopedia presso l’ospedale al-Shifa della Striscia di Gaza che è morto nella prigione di Ofer dopo quattro mesi di detenzione. Un suo compagno di prigionia ha testimoniato di aver visto l’uomo portato ferito e a testa giù poche ore prima dalla sua morte. O quella di Mefleh Abu Manza, che ha passato diversi giorni senza cibo e acqua e che non ha ricevuto alcun tipo di cura in cella, fino a che è collassato ed è morto. O quella, ancora, di Walid Khaled Abdullah Ahmad, che quando è morto in cella era arrivato a un tale livello di malnutrizione da non avere più massa muscolare.
Come denuncia il report del PHRI, nessuna delle persone responsabili di questi decessi è mai stata processata in Israele e questo clima di impunità ha spianato la strada ad altre morti. Quello che si è instaurato è, in definitiva, “un modello continuo di insabbiamenti, mancanza di controllo e rifiuto istituzionale di responsabilità”. A inizio ottobre Israele ha rilasciato circa 2mila persone palestinesi rinchiuse nelle sue strutture detentive in modo perlopiù arbitrario. Almeno altre mille persone si trovano oggi nella stessa condizione, recluse per presunti “motivi di sicurezza”. E la loro vita è costantemente a rischio.
Siamo anche su WhatsApp.
Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.