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Spengler vedeva nell’ansia un sentimento creativo. Bisogna restare vigili, perché il confine tra ansia creativa e ossessione è sottile
Aveva ragione Spengler a vedere nell’ansia il più creativo dei sentimenti umani, capace di spingerci verso traguardi sempre nuovi e appaganti.
Sia chiaro, però, che si tratta di ansia controllata, di energie vitali incanalate in un’esistenza dinamica, ma non esasperata nei suoi ritmi quotidiani. Altrimenti l’ansia perderebbe le sue connotazioni di creatività, per diventare frenesia esistenziale, incapacità di fermarsi perché travolti da un fare snervante e quasi ossessivo.
Come insegnavano i greci – in particolare i Pitagorici e Platone – occorre una “giusta misura”, una strutturale capacità di dare forma, cioè ordine, armonia, alla nostra vita. Cercare di raggiungere, per esempio, i traguardi professionali che uno si pone, non significa, infatti, vivere sempre di corsa: quasi che celerità e celebrità siano dei sinonimi.
L’ansia diventa, allora, compagna preziosa della nostra esistenza, quando prima di un esame, di un incontro amoroso, di un importante appuntamento di lavoro, si attiva come meccanismo vitale per favorire il nostro adattamento ad una situazione che richiede energie, concentrazione, giusta carica emotiva o intellettiva.
Tuttavia, una volta affrontata una delle situazioni descritte sopra, dobbiamo fermarci per riacquistare non solo nuove energie, ma anche per dedicarci ad altre alternative che la vita offre.
Chi, per esempio, dedica tutte le sue forze ad un progetto di lavoro, finisce inevitabilmente per impoverirsi nella sua dimensione affettiva. Dovrebbe allora imporsi, anche a prezzo di un duro sforzo di volontà, degli spazi emotivi e rigeneratori, anche se il suo progetto è ancora incompiuto. Anzi, ne guadagnerebbe la sua stessa progettualità lavorativa, perché nella sospensione, nel distacco si rinnovano “gli occhi dell’intelletto”, capaci di nuovi sguardi, nuove strategie con cui affrontare la sua sfida professionale.
Bisogna essere particolarmente vigili, perché il confine tra ansia creativa e ossessione è molto sottile. Trascorrere la propria vita con un solo obiettivo – diverso è, invece, il discorso dell’artista, dello scienziato o dell’intellettuale, di cui parleremo in altro contesto -, ovvero, realizzare quel progetto, quell’amore, quell’aspirazione, anche quando mancano le condizioni oggettive, quando si è respinti senza appello, significa tradire la stessa ansia.
Essa, infatti, ci chiama a creare, ad esplorare tutte le possibilità dell’intelletto e del cuore, non a inaridirci, a consumarci nel percorrere ossessivamente un unico, polveroso sentiero.
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