La città dei trichechi

Sulle coste nord-occidentali dell’Alaska si sta verificando una migrazione di trichechi la cui portata è senza precedenti: ne sono stati contati, dalle autorità statunitensi, non meno di 35.000 ammassati su uno stretto lembo di terra, con pochissimo spazio per muoversi e vivere.   Il motivo, per i ricercatori della National oceanic and atmospheric agency americana

Sulle coste nord-occidentali dell’Alaska si sta verificando una migrazione di trichechi la cui portata è senza precedenti: ne sono stati contati, dalle autorità statunitensi, non meno di 35.000 ammassati su uno stretto lembo di terra, con pochissimo spazio per muoversi e vivere.

 

Il motivo, per i ricercatori della National oceanic and atmospheric agency americana (NOAA) e dell’Istituto di geofisica americano (USGS) che hanno osservato gli animali per via aerea, con l’ausilio di elicotteri, nei pressi di Point Lay lo scorso 27 settembre, sarebbe il riscaldamento globale.

 

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Foto: © Steven Kazlowski/Nature Picture Library

Tradizionalmente, i trichechi della zona svernano nello stretto di Bering. Le femmine utilizzano le piattaforme di ghiaccio marino per partorire i cuccioli e poi come base per procacciarsi il cibo necessario, ossia lumache, vongole e vermi situati sui fondali a bassa profondità.

 

Il progressivo scioglimento dei ghiacci a causa del riscaldamento globale ha portato i trichechi ad abbandonare le piattaforme marine vicine ai fondali bassi, ormai poco sicure, e a preferire la terraferma, sulle coste americane del mare di Chukchi, tra il Mare di Bering e l’Oceano Artico. Qui i pinnipedi sono costretti ad ammassarsi in uno spazio ristretto, che è stato denominato dagli scienziati “città dei trichechi”. Il ghiaccio più a nord, verso l’Oceano Artico, è infatti insevibile: i fondali sono troppo profondi (fino a 3.000 metri) ed è quindi difficoltoso cacciare.

 

Alla fine di quest’estate, il ghiaccio era un livello tra i più bassi dal 1979, da quando cioè sono iniziate le rilevazioni satellitari: 5,02 milioni di kmq contro una media di 6,1 milioni di kmq. La migrazione è stata notata per la prima volta nel 2007 e si va di anno in anno intensificando.

 

“Tutti questi animali, perlopiù femmine e cuccioli, sono normalmente distribuiti su una superficie piana”, ha detto Margaret Williams, direttore del programma Wwf per l’Artico. “Quando perdono il loro habitat di ghiaccio marino e vengono a riva, sulle spiagge di sabbia, si riuniscono in gran numero, diventando come un gigantesco allevamento di maiali. Se vengono disturbati da qualcosa, si possono verificare fughe precipitose”.

 

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 © www.animalpictures123.org

La preoccupazione degli scienziati è che la costrizione, per questi animali, a vivere in spazi così ristretti possa aumentarne esponenzialmente la mortalità, specialmente dei cuccioli. La scorsa settimana sono stati trovati 50 trichechi morti, probabilmente uccisi proprio durante una delle fughe descritte dai ricercatori.

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